Il ricercatore che compie studi di caso lavora quindi con sorgenti multiple di dati (anche di estensione molto ampia), deve tenere conto di aspetti longitudinali ed ecologici nella raccolta dei dati e deve assicurare la possibilità di un controllo intersoggettivo delle procedure di ricerca. Diventa quindi necessario costruire un archivio specifico (o database) condiviso con gli altri ricercatori che operano sugli stessi dati in cui devono trovare posto tutti i dati e i materiali raccolti e le annotazioni, descrizioni ed interpretazioni che di essi ha dato il ricercatore. Le informazioni (tutto ciò che i ricercatori ritengono rilevante per gettare luce sul problema in questione, e quindi documenti, resoconti di osservazione, interviste, questionari, note sul campo, fotografie o materiali audiovisivi, ecc.) devono essere commentate, organizzate in una forma quanto più possibile comprensibile e strutturate in modo che possano essere agevolmente recuperate da tutti i ricercatori interessati, sia per il controllo delle procedure di ricerca altrui sia per l’utilizzo del materiale nel proprio processo di ricerca. Il database così raccolto dovrebbe essere reso pubblicamente disponibile a fine ricerca per consentire ulteriori controlli delle procedure o l’utilizzo di tale base empirica per nuove ricerche. E’ questo il requisito dell’ispezionabilità della base empirica della ricerca, ed è uno dei parametri con cui si valuta la bontà della ricerca stessa, non solo negli studi di caso.