Capitolo 1. La nuova famiglia tra educazione e innovazione (Mariagrazia Cotto)

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Cotto Mariagrazia                                                                            Matr. 717116

             Cap. 1  La nuova famiglia fra educazione e innovazione

Senz’altro possiamo affermare che la famiglia , nel corso degli anni ha attraversato diversi cambiamenti e trasformazioni sia dal punto di vista esterno in relazione con la società , che dal punto di vista interno. Oggi, all’interno della società Occidentale si assiste però ad una maggiore attenzione in merito alla famiglia e alle dinamiche educative in essa generate tanto da diventare una delle tematiche sociali e politiche più attuali e discusse. Nonostante la crisi di valori della società attuale, la famiglia costituisce ancora la più importante agenzia formativa. Alla famiglia vengono richieste una serie di capacità e qualità educative come: essere occasione di incontro, luogo di realizzazione e di co-educazione tra i coniugi e sistema dinamico  in grado di assolvere diversi compiti di sviluppo. La famiglia si configura così come una realtà complessa , che non sempre riesce a svolgere tutte queste funzioni e a volte può risultare inefficace e anche fragile. Essa è costituita da un duplice carattere formativo, essere luogo del Noi come spazio di partecipazione e fonte di solidarietà,  ed essere orizzonte di differenziazione, mediazione e luogo di incontro con la diversità dell’altro. La famiglia svolge un importante funzione educativa soprattutto a livello di rapporti primari,di relazioni cariche di affettività e di emozionalità. Compito fondamentale della famiglia è quello che  F. Montuschi definisce di “generazione della speranza” ossia dare la speranza ai giovani di poter migliorare, di poter cambiare in meglio. L’ambiente famigliare costituisce la matrice privilegiata nella formazione umana , presentandosi così come la prima esperienza di scambio , reciprocità e relazione in continuo rapporto intersistemico con gli altri sistemi sociali. Non sempre però gli adulti, i genitori sono in grado di portare avanti questo compito, si sentono incapaci e inadatti. Ecco perché c’è bisogno perciò di una formazione agli adulti per aiutarli così a superare le difficoltà e imparare ad educarsi ed educare in un orizzonte temporale di attesa, di dono e di speranza. 

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          Cap. 3   I media : dal bambino fruitore  al bambino competente

In questo capitolo si cerca di capire quale sia il ruolo e la vera influenza dei Mass Media  sugli individui e in particolar modo sui bambini. A partire dagli anni Venti , secondo il modello della Bullett Theory  i mass media agivano come un “proiettile magico” capace di penetrare la mente dei suoi fruitori e di inserire convinzioni e valori in maniera meccanica. Questo modello trascurava però il fatto che ogni soggetto interpretava i messaggi  dei media in diversi modi . L’ipotesi che oggi rimane però più  condivisa  è quella riguardo al fatto che l’adulto o il bambino sono perfettamente capaci a livello cognitivo ed emotivo di saper interpretare in maniera attiva le varie informazioni e i messaggi che arrivano dai media sulla base delle loro pre-comprensioni. I media non necessariamente isolano , ma possono essere anche un volano per la vita sociale. Ci si chiede perciò se la televisione fa bene ai bambini. Attraverso una ricerca di sfondo di natura quantitativa e l’uso di questionari si è potuto confermare una diminuzione del consumo televisivo da parte dei minori rispetto al passato. Questa ricerca indica che i ragazzi manifestano un uso personalizzato dei media , sanno selezionare i programmi sulla base di criteri predeterminati e sanno fruire in maniera ampia delle proposte dei media. Questo dimostra che c’è una metamorfosi dell’infanzia e dell’adolescenza, oggi si parla infatti di net generation. Un'altra ricerca invece richiede a ciascun bambino del gruppo di osservazione di compilare una griglia di codifica nel valutare un certo programma e in seguito gruppi di bambini sono  poi intervistati da un ricercatore all’interno di un focus group. Questa ricerca ha messo in luce almeno tre elementi: la competenza televisiva dei bambini, la richiesta di qualità nella realizzazione dei programmi e infine il modello di ricezione televisiva. Un’ ultima prospettiva si ha invece da una ricerca empirica su un campione di 150 soggetti. Lo studio è stato condotto attraverso prove oggettive somministrate a seguito della visione di spezzoni di telegiornali. Le ipotesi formulate inizialmente indicano quali sono le difficoltà incontrate dai ragazzi . Punto in comune fra le tre ricerche può essere perciò il superamento dell’idea di passività del bambino di fronte al video, data dal fatto che i minori sono in grado di portare avanti un interpretazione critica dei messaggi trasmessi.

 

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                                           Cap. 7      la valutazione

Ormai di valutazione si parla dappertutto (dalla scuola all’azienda al servizio pubblico e alla politica). C’è una professione alla quale noi tutti partecipiamo che punta direttamente al centro della formazione : quella dell’educatore. Barbier ha proposto una definizione-quadro secondo cui l’attività valutativa corrisponderebbe a sottolineare la distanza fra due livelli di realtà costruiti da un soggetto valutatore. Ogni atto valutativo presenta due “rotture” : da un lato il valutatore si costituisce come soggetto esterno alle cose e ai loro rapporti per giudicarle e dall’altro egli separa e riconosce due piani distinti, quello del reale e quello dell’ideale. La valutazione è l’atto attraverso cui formuliamo un giudizio di valore riferito ad un oggetto determinato. Quando esprimiamo dei giudizi di valore bisogna fare riferimento ad alcuni temi : la coerenza (una “buona” valutazione deve essere anzitutto una valutazione), l’oggettività/soggettività ( il valutare non è mai innocente, nessuna valutazione è mai oggettiva), formativa (la valutazione è un elemento perturbatore, che influenza i comportamenti dei soggetti) e le relazioni (la valutazione è ben utilizzata quando si innesta in una relazionalità sana). La Docimologia è la scienza che ha come oggetto lo studio sistematico degli esami , in particolare dei sistemi di votazione e del comportamento degli esaminatori e degli esaminati. Bisogna pensare ad una pedagogia della valutazione , al fine di garantirci la possibilità di orientamenti verso direzioni originali e pedagogicamente dense. La cultura della valutazione , è pervasa dall’esigenza di render conto in vista di una presa di decisione o dell’equilibrazione di un sistema , tanto che l’assenza di certezza tende a squalificare lo stesso lavoro valutativo. Ogni persona che valuta , lo fa in vista di un’azione. Hadji individua tre declinazioni personali che l’espressione della valutazione può assumere: la prima persona ,la seconda persona (la più utilizzata) e la terza persona. La scelta fra le varie soluzioni di espressione del giudizio di valore è di primaria importanza vista la non neutralità e la contestualità in cui la valutazione si inserisce. Ciò che sembra mancare nella cultura degli insegnanti e dei formatori è l’abitudine a pensare allo strumento , a costruirlo e non a subirlo. È importante perciò avere una corretta definizione del ruolo che la valutazione avrà all’interno di un certo intervento pedagogico. La valutazione insomma non è una tecnica , ma necessita di strategie .

 

 

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                                      Cap. 10       L’integrazione

La parola integrazione rimanda al “rendere integro” il soggetto salvaguardandolo dalla sua frammentazione, permettere perciò al “diversamente abile” di maturare la sua “possibilità di essere” il suo progetto di vita. Il concetto integrazione si rifà all’ambiente scolastico, luogo non solo formativo di ogni alunno ma anche di impegno a garantire l’integrazione del soggetto. La “diversità” della persona disabile è in rapporto con il concetto di normalità. La normalità è composta però da diversità in divenire , è importante allora riconoscere e accogliere l’originalità di ognuno e considerare l’altro come risorsa e ricchezza. Un minore disabile è rispettato se la sua identità, con tutte le sue peculiarità, è condotta a svilupparsi in un processo continuo, in relazione a specifici contesti. A livello internazionale si rileva uno spostamento progressivo da un’ attenzione centrata sul deficit del soggetto a posizioni che considerano come sempre più influenti i contesti esterni ad esso, fino ad arrivare a puntare l’attenzione sulla relazione tra il soggetto e il contesto in cui è inserito. Il processo di integrazione degli alunni con handicap prende avvio dopo la legge 517/77 , dove si presentava come elementi significativi il riconoscimento della professionalità docente , un contesto scolastico con elementi di rinnovamento e la flessibilità della programmazione. Dopo trent’anni questa legge ha avuto numerosi aspetti positivi sia per l’educazione dei soggetti disabili sia per l’innovazione stessa della scuola. Il dibattito sulla disabilità utilizza inoltre il termine “bisogno educativo speciale”. Esso si riferisce a quei soggetti che per motivi diversi, non solo per deficit, hanno  un funzionamento educativo e apprenditivo che richiede attenzioni particolari. Lo spostamento di attenzione dai deficit ai bisogni educativi particolari, consente di pensare all’integrazione non in termini di intervento straordinario solo su certi soggetti ma su tutti quegli alunni che presentano un funzionamento problematico. Il clima di collaborazione tra gli alunni è una risorsa importante perché l’esperienza scolastica valorizzi le diversità e risponda ai bisogni educativi. Bisogna perciò creare un clima inclusivo nella classe , caratterizzato da una “speciale normalità”. Il bambino disabile non esiste solo in quanto alunno, ma chiede di essere riconosciuto anche nei contesti di vita quotidiana e nella vita sociale .

 

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Edurete.org Roberto Trinchero