Tendenze attuali: alcuni confronti (Simona Gili Faudin)
La passione per l’approccio
qualitativo non ha fatto in tempo ad affermarsi che la ricerca valutativa ha
preso altre strade. L’indagine in profondità appare un lusso che non ci si può
permettere. Di un progetto si vuole sapere se corrisponde a ciò che era previsto
o se produce risultati tangibili. Quello che conta la performance complessiva
di un sistema. La valutazione di programmi è sempre più spesso una valutazione
interna parte essenziale del program management. Di conseguenza le metodologie
qualitative più adatte ad una valutazione esterna risultano fuori gioco. La
valutazione si è diffusa e istituzionalizzata nella pratica quotidiana di
manager e amministratori in molti paesi. È diventata uno strumento a servizio
del management. I compiti principali diventano così l’analisi dei costi e la
rendicontazione. L’accento si sposta dalla valutazione al monitoraggio inteso
come sistema di controllo di aiuto al management e ci si allontana dal mondo
della ricerca sociale. La valutazione di programmi diventa una vera e propria
professione, non cambia il ruolo della ricerca valutativa ma cambiano le
domande e le preoccupazioni. I valutatori devono essere reattivi e mostrare
empatia rispetto ai bisogni degli sponsor e delle parti in causa. Secondo Love il valutatore deve
essere un consulente organizzativo che deve assistere il manager nei processi
decisionali, descrivere sistemi informativi ed essere esperto in analisi di
sistemi di procedure amministrative. Nasce la tendenza di avere
un’informazione in tempo reale sull’andamento di un programma in corso in tutte
le sue fasi. Il monitoring serve a tenere sotto controllo le attività
quotidiane, informa se vi sono scostamenti e mette in luce i fatti che possono
modificare il quadro. Il monitoring è essenziale per mantenere un buon rapporto
con gli sponsor e l’opinione pubblica. I tre aspetti che caratterizzano
il monitoraggio sono: la ricerca della conformità, l’interesse al delivery
sistem e un’opzione generale a favore del quantitativo. L’audit è un metodo di valutazione
interna che assume le caratteristiche del management control cioè del controllo
da parte della direzione sulla operatività di un progetto o dell’insieme delle
attività di cui è responsabile. Lo scopo è “assicurare che gli obiettivi
strategici dell’organizzazione siano raggiunti in modo efficace ed efficiente”.
Gli auditors sono funzionari o consulenti che assistono i manager valutando i
sistemi di controllo e riferendo su come funzionano. Una caratteristica
dell’audit è l’individuazione di problemi che richiedono una soluzione. Come
metodologia di intervento è simile alla ricerca azione perché coinvolge gli
attori interni nella diagnosi e nella ricerca di soluzioni e così facendo mette
in questione territori, ruoli, gerarchie che possono innescare cambiamenti
organizzativi. Il limite sta nella scarsa considerazione dello specifico
dell’attività formativa in quanto l’attenzione si concentra sui nessi
funzionali, sul sistema in cui la formazione si svolge. In conclusione anche in Italia la
metodologia dell’audit è stata recepita. Chi effettua l’audit si comporta in
tutto e per tutto come un consulente organizzativo. Nell’esperienza italiana,
abituati alla tradizione pedagogica della valutazione, focalizzata su
apprendimenti tra specificazione degli obiettivi e valutazione dei risultati
attesi, l’ottica globale dell’audit non poteva non essere apprezzata.