La qualità della formazione (Alice Zangirolami)
Per quanto l’analisi organizzativa conti in un’azione formativa, non è bastevole per un’efficace attività educativa: essa necessita di creatività e innovazione, poiché ogni situazione è un evento a sé, deve differenziarsi dagli altri.
Esistono tre logiche d’azione nella realizzazione di un’azione formativa: una logica deterministica, che vuole rigida organizzazione dell’azione, e nella quale non sono ammessi imprevisti. Una logica sistemica, che prevede la possibilità di modificazioni e cambiamenti in corso d’opera e che si fonda sulla comparsa di feed-back ed infine una logica di sistema aperto, in permanente evoluzione, che opera in continuo scambio con l’ambiente esterno.
La formazione è un processo in continua attività “strutturante”, l’ambiente esterno coincide qui con l’insieme dei discenti. L’evento formativo è autopoietico: pone l’autopoiesi dei partecipanti come regola fondamentale.
L’apertura verso l’esterno deve garantire però coerenza rispetto al piano originale: l’“evoluzione” dell’individuo deve essere la normale prassi di un intervento formativo, adoperando un approccio sia semplicistico, sia di tipo complesso, a seconda del variare della situazione, al fine di mantenere l’equilibrio tra i due approcci.
È quindi importante tracciare dei confini in formazione, “stabilizzati”, che garantiscano legame tra interno ed esterno, ma che delimitino il campo dell’attività, inscritto nello spazio della formazione. Il tutto per rispettare il “patto formativo” sancito all’inizio dell’evento educativo, ma garantendo un continuo aggiornamento della situazione educativa.
Dal punto di vista del partecipante, affinché l’evento formativo abbia reale significato, occorre si verifichi un apprendimento “significativo”, che tenga conto del vissuto del discente, soprattutto quello adulto, nel quale la motivazione alla formazione non può esserci senza prendere atto della propria esperienza.
Al fine di favorire un cambiamento possibile occorre non trascurare nell’adulto il rapporto con il corso della vita, nel quale l’identità personale non muta, nonostante il maturare di esperienze e conoscenze, per cui è opportuno riflettere sul fatto che la pretesa di un cambiamento a livello globale dell’individuo non deve essere lo scopo ultimo della formazione, visto e considerato che i bisogni e i compiti variano nel corso dell’esistenza, così come a trasformarsi è l’apporto di senso che il soggetto conferisce loro. Compito della formazione è perciò fornire gli strumenti e le risorse per l’evoluzione dell’individuo.
L’atto formativo è un processo di cambiamento, in cui il sé viene considerato come sistema, dove gli elementi sono relativamente connessi tra loro e l’ingerenza su uno di essi, può condizionare tutto il sistema.
Perché si possa parlare di qualità dell’azione formativa occorre preoccuparsi di come si apprende: dal punto di vista cognitivo è necessario che le nuove informazioni si possano collegare alle proposizioni già possedute, o come vuole la teoria cognitivista, per mezzo dei subsuming concepts, concetti capaci di sussumere nuovo materiale attraverso processi di analisi e sintesi, in ragione di un apprendimento non meramente meccanico, ma che dia origine a nuovi significati. Affinché ciò accada deve verificarsi un’evoluzione degli schemi mentali già a disposizione, cosa che è possibile nel momento in cui entra in gioco la “plasticità” mentale, permettendo al soggetto in formazione di accogliere il cambiamento dei propri schemi mentali.
La consapevolezza della propria capacità cognitiva avviene nel discente adulto con lo sviluppo della metacognizione: “la conoscenza concernente i propri processi e prodotti cognitivi”. È perciò richiesta una fase di self-questioning: auto-riflessione circa i propri obiettivi cognitivi e le azioni da intraprendere per ottenerli: si tratta di monitorare, anche in modo retroattivo, l’apprendimento, acquisendone consapevolezza.
Nel soggetto adulto, spesso il ritorno alla formazione può essere mal vissuto. Questo perché il tipico apprendimento accademico non corrisponde al metodo di risoluzione “naturale” dei compiti quotidiani. La formazione deve considerare entrambi gli aspetti: trarre il positivo della pratica abituale di soluzione dei compiti, tenendo conto dell’ambiente esterno e rendendo possibile la soluzione del problema per mezzo di schemi più logici, se l’aiuto del contesto non è soddisfacente.
La qualità dell’azione formativa risiede nella qualità dei processi cognitivi che attiva: il vero risultato dell’intervento formativo è l’attivazione nel discente di una determinata evoluzione cognitiva.