Capitolo 6. L'intelligenza (Roberta Napolitano)

 

L’ intelligenza è intesa come dimensione misurabile che indica il livello generale di funzionamento cognitivo. La dimensione dell’intelligenza è un astrazione nel senso che un livello generale di funzionamento  cognitivo non è dotato di realtà autonoma. Il concetto di intelligenza esclude tutti i processi che fanno parte di aree non cognitive. Si cerca di sottolineare l’influenza di fattori genetici usando temi che pressupongono solo esperienze utilizzabili.E’ impossibile escludere gli effetti differenziali dell’esposizione a diversi tipi di esperienza cognitiva,a diversi livelli di stimolazione cognitiva e a diverse variabili della personalità  e motivazionali. L’intelligenza si può considerare solo una capacità funzionale pluri-determinata il cui livello in un dato individuo riflette la potenza relativa dei vari fattori che esistono e interagiscono nel suo caso particolare.

La maggior parte dei test di intelligenza (esempio Binet   ) cercano di evitare l’apporto di tipi particolari di esperienza passata presentando al soggetto compiti nuovi. La capacità non si può misurare direttamente e deve essere dedotta dalle performance .La vera questione è stabilire se la capacità si possa dedurre sulla base della prestazione o se l’esecuzione dei test fornisce esempio di tale campione. La risposta è affermativa se se il test comprende un campione rappresentativo di funzioni cognitive,se gli item specifici dei test si riferiscono ad esperienze  ugualmente utilizzabili,se l’individuo è motivato a fornire prestazioni migliori possibile. La capacità cognitiva si riferisce ad un fenomeno multi - determinato . Gli educatori “democratici” criticano il test di intelligenza ritenendo ingiusto nei confronti del bimbo culturalmente deprivato sia perché da importanza alla capacità verbale, sia perché l’ambiente delle classi medi è più favorevole di quello delle classi inferiori allo sviluppo dell’intelligenza verbale. In realtà il test di intelligenza non è ingiusto perché esso propone solo di  misurare la capacità verbale e di prevedere i risultati scolastici. Ogni test di intelligenza può solo sperare di misurare la capacità funzionale o operativa ad un dato punto dello sviluppo più che la potenzialità genetica di per sé. La distribuzione dei punteggi del Q.I è una fascia continua di variabilità, è determinata dagli effetti di un gran numero di geni ciascuno dei quali esercita una piccola azione positiva o negativa sullo sviluppo di tale tratto. La distribuzioni dei risultati dei test di intelligenza cadono nella fascia tra 25-114. La maturazione dell’ intelligenza è più rapida nei primi mesi di vita e nella prima infanzia.Thorndike ha postulato una linea di crescita parabolica,secondo la quale circa la metà della maturità intellettuale è raggiunta all’età di 3 anni. Per Bloom all’età di 4 anni. I risultati di Terman e Merril mettono in evidenza che l’età mentale non aumenta dopo i 15 anni. Le stime migliori sono basate su test applicati ad un vasto campione di età di soggetti omogenei o su retest dello stesso campione a determinati livelli situano un punto terminale di crescita all’età di 18 anni,20 anni e oltre. Cattell ha isolato componenti dell’intelligenza fluide e cristallizzate: il fattore fluido consiste di funzioni di “prodotto” determinate dall’educazione e dall’esperienza e giunge e matura in età più avanzate, il fattore cristallizzato consiste di funzioni di processi non molto influenzate dall’esperienza di apprendimento o educazione e raggiunge la maturazione in età acerba. Esistono prove del fatto che bimbi di intelligenza vivace,tarda o nella media maturano intellettualmente e a ritmi diversi e differiscono nell’organizzazione e nella qualità delle abilità cognitive. I bimbi tardi raggiungono nei primi anni una % sproporzionatamente alta dei loro status intellettuali e tendono a maturare a piccoli passi con scatti e pause. I bimbi nella norma presentano un ritmo accelerato di maturazione nell’ultima infanzia che rallenta nella media e tarda adolescenza. È importante la maturazione intellettuale del soggetto che se non è costante identifica la presenza di un ritardo mentale.Molto importante è il profilo che illustra la situazione di un soggetto relativa d un ampia gamma di capacità intellettuali di base. I test di Trevistone sulle capacità mentali primarie sostengono che esprimendo l’intelligenza in termini di minor tempo possibile di fattori puri e indipendenti fornisce un analisi qualitativa delle capacità cognitiva più definitiva, più convenente di quelle che si potrebbe ottenere dall’esame dei protocolli della scala più tradizionale(Binet). L’aumento di differenziazione della capacità intellettuale nel corso dell’adolescenza è un fenomeno che varia anche in rapporto a molti fattori. Segel dimostra che la differenziazione dei tratti dell’intelligenza è maggiore per gli adolescenti vivaci che per quelli lenti. La capacità intellettuale si differiscono anche in base all’estrazione sociale e ai sessi. È importante verificare se i bimbi tendono a mantenere lo stesso status relativo del loro gruppo di coetanei,quando crescono. Quando Il Q.I si avvicina alla stabilità tende a rimanere costante e i gradi di non costanza esistenti tendono a distribuirsi normalmente. Il valore di previsione del Q.I è influenzato dall’età che ha il bimbo quando è sottoposto per la prima volta al test e dalla lunghezza dell’intervallo di tempo intercorrente il test e il retest. Quando più è grande il bimbo quando viene sottoposto al primo test quando più breve è l’intervallo tra il test,tanto più precisa sarà la previsione nel test iniziale. I punteggi diventano più stabili con l’avanzare dell’età. Il test di intelligenza prescolare presentano una correlazione con i punteggi ottenuti all’età di 7 anni. E’ solo a partire dall’età scolare che i punteggi dei test di intelligenza si correlano con lo status intellettuale definitivo. Quando il ragazzo arriva all’adolescenza i punteggi dei test di intelligenza generale acquistano un giusto grado di stabilità. La correlazione tra test di intelligenza somministrati all’inizio dell’adolescenza e quelli somministrati dopo si aggira sullo 0.80. La costanza del Q.I  si può attribuire in gran parte ai fattori genetici. I contributi dell’ereditarietà  dell’ambiente alla costanza del Q.I  sono proporzionale al loro peso relativo nella determinazione dello sviluppo cognitivo. Un altro fattore è il fenomeno dell’irreversibilità dello sviluppo ovvero il limite posto dallo status di sviluppo in atto alle potenzialità di maturazione futura. Un primo successo nello sviluppo delle  potenzialità intellettuali di un individuo tende a mantenere costante il suo futuro ritmo di maturazione. Le fluttuazione del Q.I sono determinate da fattori ambientali, generici e di misurazione. Il fattore relativo alla misurazione per spiegare l’instabilità del Q.I sono le modificazione, per le diverse età apportate alla composizione dei test di intelligenza educativa alla sovrapposizione per età vicine degli indici dei test. Un bimbo dotato di un buon patrimonio genetico di intelligenza astratta tende a fornire punteggi assai più vicini alla media nei primi test che in quelli successivi poiché i fattori genetici determinano anche le fluttuazioni normali nel ritmo di sviluppo cognitivo di tutta una vita, possono dar luogo ad una variabilità per il singolo nel ritmo di crescita. Nella prima adolescenza le ragazze presentano una leggera superiorità rispetto ai ragazzi nell’intelligenza generale che è in relazione alla loro più precoce maturazione sessuale. Ogni valutazione della relativa influenza dell’eredità e dell’ambiente nella determinazione dello sviluppo dell’intelligenza varia da cultura a cultura  e anche all’interno di una stessa cultura. Un aspetto importante è il modo in cui vengono mediati i rispettivi effetti dell’eredità e dell’ambiente. L’eredità impone limiti assoluti al livello di realizzazione cognitiva dell’individuo,influenza il ritmo e la modalità della sua maturazione intellettuale e agisce sulla differenziazione della sua capacità intellettuale. Anche l’ambiente agisce sui limiti e sulle modalità di sviluppo dell’intelligenza. Esso determina la misura in cui il patrimonio genetico esistente si può trasformare in aperta capacità funzionale e contribuisce a determinare quali componenti particolari verranno accentuate selettivamente quando questa capacità subirà una differenzazione col passare degli anni. I più importanti fattori di limitazione sono: la perdita irreversibile di capacità raggiungibile che segue un prolungato fallimento di realizzazione delle potenzialità genetiche,diminuita plasticità nei bimbi più grandi,ruolo cruciale delle influenze genetiche nel porre limiti assoluti o relativi al mutamento possibile. Per la modificazione misurata nel Q.I esistono 2 conclusioni:a)una grave e prolungata deprivazione soprattutto nell’ultima infanzia e negli anni prescolari, sembra poter danneggiare la maturazione intellettuale b)l’arricchimento dell’ambiente esistente può produrre un miglioramento sostanziale delle condizioni intellettuali solo nei bimbi piccoli con un pesante deprivazione alle spalle. La prolungata   scolarizzazione aumenta la differenziazione della capacità intellettuale generale nei settori verbali che spiegano gli atti punteggi nei test di intelligenza. In sub test  che coinvolgono la capacità di ragionamento e l’intelligenza astratta, il progresso continua fino alla fine nel periodo universitario. La scolarità influenza in modo differenziato la maturazione delle componenti più complesse dell’intelligenza verbale. Conrad, Freeman e Jones sostengono che allo sviluppo di assicurare il pieno sviluppo dell’intelligenza sia per preparare l’individuo alle sue più alte realizzazioni professionali sia per assolvere le responsabilità civiche,sia per realizzare il massimo sviluppo della personalità è essenziale continuare l’istruzione  oltre i 20 anni. All’inizio le correlazioni tra genitori e figli sono inesistenti ma aumentano col passare degli anni:quando aumenta un certo grado di sovrapposizione tra le capacità misurate dai test di intelligenza nei successivi livelli di età. Dall’età scolare le correlazioni tra genitori e figli sono dell’ordine  delle 0.80. Se l’ambiente fosse un fattore significativo ci dovremmo aspettare che: a) poiché nella nostra società le madri sostengono il peso maggiore dell’allevamento dei figli,il Q.I dei figli dovrebbe essere più altamente correlato col Q.I della madre che con quello del padre b) poiché i fratelli condividono un ambiente di sviluppo più uniforme tra loro che con i loro genitori,la somiglianza tra fratelli dovrebbe essere maggiore che quella tra genitori e figli. Questa posizione degli ambientalisti viene messa in crisi. Una prova più cruciale del problema  ereditarietà- ambiente è data dal confronto tra genitori e figli adottivi e genitori e figli di sangue,riguardo alle affinità del Q.I. I figli adottivi hanno in comune con i loro genitori adottivi solo l’ambiente, mentre i figli veri condividono sia i fattori ambientali che quelli ereditari con i loro genitori. Nella famiglia adottiva la correlazione tra genitori e figli sono più basse  che nella famiglia naturale. L’ affinità tra fratelli di sangue cresciuti nella stessa casa è maggiore di quella tra fratelli adottivi. La  somiglianza relativi all’età e al sesso non aumenta l’affinità di Q.I tra fratelli,le somiglianze tra fratelli adottivi non sono maggiori di quelle tra genitori e figli adottivi malgrado la somiglianza di ambiente ,la separazione tra fratelli non abbassa le correlazioni tra loro,quando è eliminata la variabilità dei diversi ambienti familiari come l orfanotrofio non si riduce né l’affinità tra coppie di fratelli, né il grado di variabilità nel Q.I . L’assenza iniziale di rapporto indica che i test di intelligenza non possono pretendere di  misurare le stesse capacita cognitive nella prima infanzia e negli anni seguenti. La maggiore corrispondenza tra Q.I e variabili socioeconomiche,quando la sovrapposizione nei test aumenta può riflettere o l’impatto comulativo delle influenze ambientali o una manifestazione crescente di potenzialità ereditarie. A partire dal periodo prescolastico una fascia di 20 punti separa i bimbi dei gruppi socioeconomici più alti e più bassi. Non esistono prove di un rapporto intrinseco tra Q.I e capacità procreativa. La presenza di molti bimbi nella famiglia può ridurre la quantità di stimolazione cognitiva disponibile per ogni bimbo, il Q.I  e dimensione della famiglia sono collegati in virtù di un comune rapporto con lo status sociale. Le persone delle classi medio - alte tendono ad avere più alti i Q.I e a formare famiglie piccole. Il lavoro previsionale dei punteggi attitudinali relativi allo studio variano molto a seconda del sesso e del tipo di comunità. Il livello di intelligenza influenza gli aspetti qualitativi del successo scolastico. Poiché i test di livello tengono conto sia della motivazione dei compiti di apprendimento passati,sia delle attitudini allo studio,hanno un valore previsionale sul futuro rendimento scolastico superiore a quella dei test di intelligenza. Il rapporto tra attitudine allo studio e successo scolastico è limitato perché le misure di nessuna delle 2 variabili sono valide. È importante l’azione di altri fattori come la motivazione,gli interessi,l’adattamento che determina la misura in cui le attitudini scolastici esistenti si realizzano nel successo scolastico. I falliti rispetto ai realizzati tendono ad essere caratterizzate da un comportamento più chiuso e rinunciatario e da una minore interazione sociale orientata al compito con un compagno. La sindrome di mancata realizzazione inizia nella 3°classe nel caso dei ragazzi ma non prima della nona classe nel caso delle ragazze. Gli studenti non realizzati all’università hanno più bassi e meno definitivi gli obiettivi in termini di realtà degli studenti brillanti con un normale realizzazione. Secondo me l’intelligenza è un dono che non è presente in tutti i soggetti,è innata ma anche l’ambiente in cui un soggetto si trova ha un ruolo importante.

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Edurete.org Roberto Trinchero