3
6.1. Levinas – responsabilità – etica
Levinas,
come Buber, intende affermare il principio della responsabilità personale
dell’etica, non intesa come insieme di regole ma per la sua responsabilità verso
l’altro.
Il
filosofo
(I15)
(I17)
(S1) considera nell’esperienza della prossimità la centralità per la
comprensione dell’umano, accorda all’altro quella priorità più frequentemente
riconosciuta all’io. La prossimità è intesa come soppressione della distanza. È
il volto dell’altro che chiede di assumere significati, ma solo dopo aver
riconosciuto quel volto come responsabilità. Possiamo dire che situi il
principio etico nell’amore.
La
filosofia di Levinas oppone il principio dell’alterità al principio di totalità
tipico della società occidentale, che non può essere colto dalla ragione perché
tenderebbe a negare le differenze. L’alterità si manifesta originariamente solo
nel rapporto etico, cioè nel rapporto in cui l’alterità dell’altro uomo è
riconosciuta e rispettata. L’etica è l’unica via attraverso la quale dare senso
alla individualità. L’uomo si fa soggetto per l’altro uomo, la sua identità
consiste nella responsabilità di fronte a lui.
Possiamo, partendo dalle riflessioni di questo filosofo, esaminare quale etica
debba essere presente in una relazione educativa. Se si è propensi a guardare,
con Levinas, la soggettività come punto di arrivo in quanto si costituisce a
partire dall’alterità che si esplicita nel volto dell’Altro, si è coinvolti e si
trasforma un semplice incontro in un momento particolare. Riconoscere l’altro ci
rende responsabili nei suoi confronti.
Riusciamo a valutare ora l’importanza del dialogo e dell’incontro fra individui
per la costruzione del proprio io.
Il pensiero di Lévinas si può rendere in termini empiricamente osservabili e
attuabili nel concreto dell’agire educativo: nel pensiero pedagogico essere
responsabile nei confronti dell’altro costituisce uno dei presupposti sulla base
dei quali fondare una relazione educativa. Non vuol dire che tutto dipenda
dall’educatore, ma da lui dipende coinvolgere l’educando, instradarlo,
esortandolo a superare, con il suo personale supporto, le difficoltà che
autonomamente non sarebbe in grado di vincere.
Anche l’educatore vede realizzata nell’educando, grazie all’incontro, la
possibilità di ampliare la propria visuale soggettiva.
6.2. Maritain – globalità della persona
Maritain
(I18) fonda il suo piano pedagogico sul principio dell’educazione liberale
che fornisce all’allievo non conoscenze settoriali e fini a se stesse ma
assicura, primariamente, gli strumenti per decifrare anche i significati,
liberando la capacità di autoriflessione del soggetto.
Il
pedagogista considera l’uomo nella sua integralità, corpo e anima, conoscenza ed
azione, la sua l’attenzione è centrata sull’intima profondità della persona,
preoccupato dell’interiorizzarsi dell’influenza educativa.
In
“Educazione al bivio” del 1943 denuncia quelli che sono giudicati errori
dell’educazione contemporanea tra i quali emergono pragmatismo ed
intellettualismo; al contrario Maritain spiega che il condizionamento sociale
non può essere motivo dell’educazione ma che è fatto essenziale, prima di ogni
altra cosa, di ogni individuo “farne un uomo”, integralità di sapere e volere.
Si lega
alla tradizione classico cristiana il cui primo scopo educativo è far conoscere
la verità. Riflette sulla necessità di assicurare e alimentare l’interna unità
dell’uomo, che non può ricevere passivamente l’insegnamento ma deve
comprenderlo e trasformarlo attraverso l’attiva interpretazione personale.
6.3. Buber – principio dialogico
Nel
saggio “Io e Tu” del 1923 Buber
(I19)
(E1)
(E2)
(S2) afferma il fatto fondamentale dell’esistenza che è
“l’uomo-con–l’uomo”, è infatti questa relazione che fa dell’uomo un uomo.
L’Io
soggetto deve riconoscere nell’altro se stesso – l’Uomo – è aprire una breccia
verso l’altro perché l’incontro possa essere motivo di trasformazione.
È una
critica al soggettivismo, non si può riconoscere la propria esistenza senza
l’altro.
La
relazione Io-Tu ha una struttura colloquiale, in un continuo scambio di ruoli.
Educazione è accogliere il mondo dell’interiorità dell’uomo in un’esperienza di
reciprocità. L’educatore fa esperienza dell’altro e, attraverso l’accettazione
della responsabilità che gli compete, accede alla pienezza interiore degli
allievi.
Finalità
dell’educazione è, per l’autore, il conseguimento di quel “grande carattere” che
consiste nel promuovere autonomia e capacità di risposta alle diversificate
richieste della vita.
Per
Buber, filosofo del dialogo, l’ “esistenza autentica” si costruisce attraverso
un percorso edificato sulla relazione educativa.
L’Io esiste e ha senso di esistere, se si volge al Tu, altrimenti rischia di
perdere il valore e la dignità dell’esistenza; chi è lasciato solo a se stesso
non sa e non può valorizzarsi.
Nell’insegnamento, nell’accostamento di una persona ad un’altra, nel fidarsi
reciproco, nell’incontro, nel dialogo, c’è valorizzazione, occasione di unione
fra gli uomini e pieno riconoscimento dell’alterità.
Il
dialogo è, per Buber, il fulcro su cui si fonda l’incontro, e, in pedagogia, è
la base di tutte le dinamiche della relazione educativa.
L’Io-Tu è la relazione autentica, in cui l’Io si costituisce come “esistenza
autentica”, prende coscienza di sé, si “educa” e costruisce il proprio dialogo
con l’Altro nella reciprocità.
Buber
mette in luce la possibilità di fare affidamento anche all’autoeducazione,
percorso funzionale alla consapevolezza della propria natura, legato
all’intenzionalità e responsabilità.
La relazione educativa dialogale innalza l’uomo dandogli la possibilità di
rispondere all’ “appello” che proviene dall’Altro, mettendo in pratica il
proprio potenziale di responsabilità.
Si può affermare, con Buber, che l’educazione si attui nella relazione, e che
sia fatto riguardante l’intera comunità, che non si chiude nell’esclusività del
rapporto a due, ma coinvolge tutti, arrivando alla possibilità di porre la basi
per l’esistenza di una società autentica.
6.4. Rogers – autorità esercitata a
servizio dell’altro
Rogers
(I45)
(I46) pensa all’uomo come un fascio di potenzialità positive ed intrinseche
che l‘educazione deve soltanto contribuire a sviluppare. Statunitense, esperto
di psicoterapia, si occupa anche di scuola ed educazione.
Chi si
cura di un altro – genitore, insegnante, educatore, terapista…- deve rafforzare
gli aspetti positivi che costituiscono l’individuo, nell’ottica della relazione
d’aiuto. L’educatore/docente ha la responsabilità educativa di cercare di
favorire nel discente sviluppo, maturità e competenza ad affrontare la vita,
nell’ accettazione incondizionata della sua individualità, senza giudicarlo né
orientarlo direttivamente. Si tratta di relazione empatica, cioè di reciproca
condivisione. L’educatore pone nella fiducia nel potenziale dell’altro la base
per ogni relazione costruttiva ed educativa. Rogers ha una visione positiva
della persona umana definita dalla possibilità di realizzazione personale,
attribuisce il primato al rapporto di reciprocità, tendendo ad eliminare ogni
potere di costrizione e di sopraffazione. Si educa attraverso l’ascolto, il
dialogo e la ricerca comune di senso.
Il
pensiero di Rogers, la sua teoria della non direttività, sono da considerarsi
spunto di riflessione non solo per l’azione del formatore/insegnante, ma per
l’educatore in generale, il quale si propone come compito cardine la scoperta e
l’espressione della creatività e delle potenzialità dell’educando.
6.5. Guardini – incontro
Lo
studioso tedesco
(D1)
(I20) si interroga sull’identità dell’uomo contemporaneo, il suo interesse è
riaprire all’uomo contemporaneo le vie – che lui lega all’annuncio cristiano –
per creare le condizioni perché si possa attingere alla dimensione della
“totalità”, al di là di ogni soggettivismo. Totalità intesa come l’uomo stesso e
la realtà tutta.
L’uomo
deve riconoscere la sua povertà e i suoi limiti, aprendosi e donandosi
nell’incontro. È infatti nell’incontro che si ha accesso alla realtà e ci si
mette alla prova con accadimenti e circostanze.
Questo
incontro si può svolgere in diversi modi e l’esperienza può diventare occasione
per valorizzare libertà e dignità della persona.
Solamente nell’ “altro che diventa un tu per me” si ha la pienezza
dell’esperienza umana.
L’
identità diviene capace di cogliere, attraverso l’incontro, il senso profondo
dell’esperienza umana.
6.6. Ricoeur - etica della disponibilità
Filosofo
francese
(I21)
(F1), ancora alla primitiva disposizione al bene dell’uomo, il suo modo di
essere naturalmente votato a corrispondere ad un altro.
In “Se
stesso come un altro” afferma il valore della persona chiamata a realizzarsi
non come un “io” ma come un “sé”, cioè nella forma analoga a quella di qualunque
altra persona. L’attenzione e la cura che abbiamo dell’altro derivano dalla cura
che abbiamo per noi stessi.
La
nostra identità è manifesta soltanto nell’esposizione agli altri, nel sociale
infatti possiamo palesarci e restare fedeli a noi stessi.
L’Altro
è visto come un bene, un’opportunità, una risorsa; se non fosse possibile questa
simmetria con l’Altro la pena sarebbe la perdita di identità.