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9.1. Atteggiamento empatico
L’empatia è il metodo che permette di porre in
modo corretto la relazione. Il processo educativo si identifica in tutte le sue
fasi in un processo empatico
(I16). È l’esperienza che esaudisce i bisogni di ognuno di essere accolti,
conosciuti ed amati, è riconoscimento dell’altro come soggetto unico ed
irripetibile, comprendendo il suo modo d’essere non solo per quello che è ma per
quello che può essere.
L’atteggiamento empatico è dote dell’educatore
che concepisce l’educazione come pratica di comunicazione autentica.
Questo atteggiamento ha un ritorno considerando
che il fanciullo, vedendosi conosciuto ed amato, apprende questa modalità etica
di comunicazione e la riproporrà nelle esperienze che avrà nel corso della
propria esistenza.
L’iniziativa empatica dell’educatore attiva nel
discente una risposta libera e consapevole di sé, tendente a suscitare in lui
un’empatia reciproca.
Possiamo affermare che l’empatia sia una
competenza relazionale e dialogica necessaria per chi opera con soggetti in
formazione. La mancanza di empatia può causare blocchi emotivi, disturbi di
strutturazione della personalità, danni abitualmente sottovalutati proprio da
chi, educatore, dovrebbe tenerli sempre ben presenti, per orientare al meglio il
proprio agire.
9.2. L'atteggiamento entropatico
L’adulto, educatore o insegnante, deve porsi in
un atteggiamento non pregiudicato, riuscire a relativizzare le proprie
convinzioni, il proprio modo di pensare ed assumere uno stile educativo fondato
sull’ enteropatia, che non è accettazione incondizionata della visione del
ragazzo ma sospensione momentanea dei propri schemi interpretativi.
La capacità empatica ed entropatica
dell’insegnante è fondamentale nel processo educativo, la capacità di
accettazione, di comprensione e la sintonia. Ogni individuo utilizza i propri
schemi personali ed inconsci per valutare e giudicare gli altri,
schematizzazioni che si sono formate negli anni, con tutte le esperienze,
positive o negative che si sono vissute.
Il bambino o l’adolescente, con la sua
inquietudine, può suscitare nell’insegnante “risonanze emotive” che possono
riattivare nell’educatore fantasie, simbolizzazioni, conflitti irrisolti,
meccanismi che possono ostacolare la relazione, inducendo ciò che in psicologia
si definisce tendenza autoritaria ipercompensatoria, spesso di sentimenti
di inferiorità; l’ansia, l’insicurezza, le contraddizioni possono essere legate
a processi identificatori inconsci – o rifiuto degli stessi.
Essere consapevole della possibilità
dell’instaurarsi di questi meccanismi può aiutare l’insegnante a combatterli,
cercando di assumere atteggiamenti quanto più possibile di disponibilità ed
affetto.
Considerando che qualunque tipo di
apprendimento coinvolge due aspetti interagenti in ogni individuo, uno cognitivo
ed uno affettivo e che l’intervento pedagogico deve comprenderli tutti e due per
essere davvero efficace
(I60)
(I61).
L’educatore deve essere tramite concreto alla
costruzione dell’identità dell’altro, funzionalmente anche alla prevenzione del
disagio adolescenziale. Per fare questo è necessario trovare un luogo
d’incontro fra docente e discente e lo si può fare unicamente sospendendo il
giudizio. L’efficacia dell’intervento educativo è subordinata a queste capacità
come determinanti della qualità dell’interazione.
9.3. L'importanza della fiducia
Chi ha vissuto esperienze negative può vivere
con difficoltà le relazioni interpersonali, in un clima di sfiducia e di
diffidenza. Sono individui che tendono ad attendersi sempre il peggio e sentono
che, in qualunque circostanza, gli altri prima o poi finiranno per deluderli,
per ingannarli o per abbandonarli. Molti più ragazzi di quanti si crede vivono
con questa forma di disagio, anche se non sempre è evidenziata dal
comportamento.
Questo tipo di persone tendono a mettere in atto una serie di strategie
difensive per evitare che l'altro si comporti nel modo temuto. Le strategie
psicologiche operate, più o meno inconsciamente per evitare possibili delusioni,
sono di diverso tipo e muovono dal controllo dell'altro, alla continua richiesta
di rassicurazioni affettive, al comportamento aggressivo della persona che
aggredisce per non essere attaccata. Chiaramente sono comportamenti inadeguati
che fanno percepire all'altra persona – l’educatore- che non è stimata e che non
si ha fiducia in lei e per questo, se non si prende coscienza di questo fenomeno
psicologico, si tende a reagire di conseguenza. Al di là quindi della condotta
che il fanciullo in-formazione ha verso l’adulto è necessario riuscire a
trasmettere la fiducia di poter riuscire. Se l’educatore ha un’immagine negativa
dell’educando, per la vita che questi ha vissuto, o per gli atti che ha
commesso, non sarà possibile procedere, perché la relazione pedagogica valida si
fonda inequivocabilmente sull’accettazione incondizionata del discente e sulla
favorevole disposizione verso di lui. In caso contrario l’educando stesso
percepirebbe il rifiuto e ciò annullerebbe e danneggerebbe non solo
l’apprendimento ma anche la futura vita di relazione del ragazzo.
È indispensabile perciò
costruire un rapporto basato sulla fiducia reciproca, non è sufficiente che
l’educando abbia fiducia nell’educatore perché verrebbe meno nel momento in cui
percepisse la mancanza di fiducia da parte dell’educatore, vanificando
l’incontro formativo e danneggiando pesantemente il concetto di sé e l’autostima
del ragazzo.