Complicanze epatiche
Per quanto riguarda il fegato, il danno epatico cronico nel paziente talassemico è il risultato di un processo multifattoriale in
cui hanno un ruolo principale sia l’accumulo di
ferro
[E1]
sia le infezioni croniche di virus trasmessi con le trasfusioni di sangue
(HCV, HBV), ma a cui possono anche partecipare le alterazioni immunologiche e la suscettibilità genetica dei singoli soggetti,
la carenza di vitamine e di sostanze antiossidanti. L’infezione da HCV è la più diffusa ed è più comune nei pazienti che hanno
un’età superiore ai 10 anni a cui sono state effettuate più trasfusioni. La disponibilità di
test specifici nel sangue
[E1]
dei donatori ha praticamente eliminato il rischio di infezione e attualmente
l’incidenza di rischio
[E1]
è di una su 7000 unità di
sangue
[E1]
[F1].
La diagnosi del danno epatico è importante per valutare l’accumulo di ferro necessario per la terapia chelante e per quantificare
le complicanze epatiche per le
scelte terapeutiche
e la valutazione dell'efficacia delle stesse.
Per valutare il danno da sovraccarico di ferro e il danno causato dalle
infezioni virali croniche
si eseguono esami di laboratorio [E1]
per rilevare il danno epatico cronico (esempio transaminasi) ed altri esami utili per una migliore definizione del danno ed esami
strumentali, come ecografie addominali. Importanti invece per determinare l’accumulo di ferro è l’esame tramite SQUID
(valutazione della concentrazione del ferro intraepatico attraverso un dual-channel superconducting quantum-interface susceptometer),
l’esecuzione di risonanze magnetiche nucleari, tac ed infine la biopsia epatica, ma non sempre eseguibile in quanto
esame invasivo con controindicazioni.
Per quanto riguarda la terapia da effettuare per ridurre il danno epatico, numerosi studi controllati e randomizzati hanno
dimostrato l'efficacia del trattamento con
interferone (IFN)
nelle epatiti croniche HCV-correlate.
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