L'effetto Pigmalione
3
1.1. Il mito
Nella mitologia greca, Ovidio narra di
Pigmalione
(I27), scultore, che dopo aver creato e plasmato una statua in avorio
rappresentante il suo ideale di femminilità e di bellezza, se ne innamora.
Venere, la dea della bellezza commossa da questo suo stato di perdizione
amorosa, esaudisce il desiderio e le preghiere di Pigmalione, dando vita alla
statua, trasformandola in Galatea.
1.2. La Commedia
George Bernard Shaw
(I28) scrive nel 1912 una commedia didattica sull'importanza della fonetica,
intitolandola Pigmalione proprio perché riprende dall'antico mito il concetto di
plasmare.
Nel suo racconto il pigmalione è un professore
di fonetica (Higgins) che scommette con il suo amico (colonnello Pickering), che
sarà in grado di trasformare una graziosa ma sguaiata fioraia (Eliza) in una
raffinata gentildonna.
Accanto al concetto di plasmare, Bernard Shaw
ne affianca un altro che valuta strettamente collegato: il concetto di
aspettativa, considera cioè ciò che le persone si aspettano di vedere.
In uno dei più significativi episodi della
commedia si può notare quanto sia importante il ruolo dell'aspettativa, in
un’occasione mondana, Eliza viene infatti scambiata davvero per una gran dama.
La differenza tra una gentildonna e una fioraia non consiste nel modo in cui si
comporta, ma nel modo in cui è trattata.
Queste parole dovrebbero far riflettere molti
educatori e insegnanti quando, facendosi un'idea pregiudiziale dei propri
allievi, non sono disposti a cambiarla, nemmeno quando questi si impegnano per
dimostrare di essere diversi, continuando a trattarli allo stesso modo.
1.3. Pigmalione in classe
Dobbiamo prendere atto che la previsione di un
certo comportamento può contribuire a determinare il comportamento degli altri.
Aspettative condivise permettono di prevedere
come una persona si comporterà in una certa situazione. Spesso infatti la gente
agisce come ci si aspetta. E’ ciò che si definisce autorealizzazione delle
previsioni interpersonali.
Se ci aspettiamo una persona simpatica il modo
in cui la trattiamo può contribuire a renderla piacevole, se ci aspettiamo una
antipatica il nostro modo di accostarci può contribuire a renderla sgradevole.
L’aspettativa di un comportamento (di un altro)
può diventare predizione. Robert Rosenthal, un biologo, nel 1966 iniziò diversi
esperimenti con lo scopo, non solo di dimostrare gli effetti di
autorealizzazione della predizione, quanto di valutare le condizioni che
aumentano, diminuiscono o modificano tali effetti
(E4).
Nel 1968 esce negli Stati Uniti un libro dal
titolo “Pygmalion in the Classroom.
Teacher Expectation and Pupils'
Intellectual Development”, (tradotto in italiano “Pigmalione in classe.
Aspettative dell'insegnante e sviluppo
intellettuale degli allievi”), in cui Rosenthal e una psicologa, Leonore
Jacobson, impostano in un contesto di aula scolastica una ricerca sul fenomeno
delle aspettative degli insegnanti nei confronti dei loro alunni.
I due studiosi intendono valutare l'effetto
delle aspettative del docente conducendo degli esperimenti nei quali erano
portati a credere, all'inizio dell'anno scolastico, che da alcuni dei loro
allievi ci si poteva aspettare un forte miglioramento durante l'anno. Si vuole
esaminare la tesi che all’interno di una classe scolastica i bambini che hanno
un profitto più alto sono quelli da cui l’insegnante si aspetta un maggiore
sviluppo intellettuale.
Nell’esperimento alla Oak School ai maestri
venne fatto credere che queste predizioni fossero basate su test cognitivi
somministrati agli allievi al termine del precedente anno scolastico. In realtà,
gli studenti che erano stati definiti come «allievi da cui ci si poteva
aspettare un forte miglioramento» erano stati scelti sulla base della semplice
casualità.
A distanza di alcuni mesi dall’inizio
dell'esperimento gli insegnanti indicarono che, globalmente, questi bambini -
scelti a caso - avevano fatto più progressi degli altri, parevano certi che il
loro sviluppo cognitivo fosse progredito in misura maggiore rispetto agli altri
alunni. La differenza tra i bambini del gruppo sperimentale e il gruppo di
controllo esisteva però soltanto nella mente dell’insegnante.
Il concetto principale della ricerca è quello
di «profezia che si auto-adempie» e cioè: la predizione fatta da una persona sul
comportamento di un'altra persona finisce, in un modo o nell'altro, per
realizzarsi
(I3).
Dobbiamo considerare che la predizione può
realizzarsi soltanto nella percezione di chi la fa. L'aspettativa può essere
comunicata all'altra persona anche in forme sottili e involontarie, influendo
comunque sul comportamento di questa.
E’ necessario tenere presente che Rosenthal e
Jacobson hanno realizzato la loro indagine negli anni ’60 del 1900, in
California, nel Distretto di San Francisco, dove molti bambini vivevano una
situazione di svantaggio nei confronti dell'istruzione.
Neri, messicani, portoricani, in generale
coloro che vivono in condizioni di povertà, registrano un basso livello di
profitto in un sistema scolastico in cui gli insegnanti provengono per lo più
dalle classi medie.
I due studiosi riflettono su come la causa
dello scarso rendimento scolastico dei bambini svantaggiati venga di solito
semplicemente identificata nel fatto che questi bambini appartengono a un gruppo
“in condizione d'inferiorità”. Si ignora così che un’altra possibile causa
potrebbe essere il perché è esattamente quello che ci si aspetta da lui.
I suoi risultati potrebbero essere dovuti non a
caratteristiche culturali, economiche o etniche, ma alla risposta
dell'insegnante a queste caratteristiche, al suo atteggiamento di fronte a
queste tipicità.
Affiora spontaneo il quesito: questi bambini
potrebbero avere risultati migliori se i loro insegnanti si aspettassero di più
da loro?
I due ricercatori ritenevano che la spiegazione
andasse cercata in qualche aspetto sottile dell'interazione insegnante-allievi
(I29). Il tono di voce dell'insegnante, l’espressione del suo viso, il suo
modo di fare e la posizione del corpo potrebbero essere i mezzi attraverso i
quali - presumibilmente in modo del tutto inconsapevole - l'insegnante comunica
agli allievi le sue aspettative. Questa comunicazione può aiutare l'allievo a
cambiare la sua concezione di sè, le sue aspettative circa il proprio
comportamento, le sue motivazioni e le sue capacità cognitive. Qualunque sia il
modo in cui le previsioni dell’insegnante influiscono sugli alunni, i risultati
della ricerca di Rosenthal suggeriscono che le aspettative incidano in misura
determinante sulle prestazioni intellettuali dei ragazzi.
Poiché gruppi svantaggiati esistono ovunque nel
mondo il loro auspicio era poter costruire una teoria sufficientemente solida da
farla diventare oggetto di studio e di approfondimento, ad esempio, nei
curricoli di formazione degli insegnanti, considerando che su quei meccanismi
sottili si gioca la riuscita o il fallimento scolastico degli alunni, e non
soltanto in chi appartiene a ceti subalterni o minoranze.
Le aspettative possono essere determinate da
vari fattori, che incidono nell’insegnante che tende a farsi un’idea dei propri
allievi e del loro futuro comportamento, in realtà, senza conoscerli. Se
provengono da un ceto medio-alto o se sono seguiti dal servizio pubblico le
aspettative del corpo insegnante saranno diverse. La reputazione dell’alunno è
costituita da diversi tipi di informazioni, votazioni precedenti e test.
1.4. Considerazioni sull’esperimento di
Rosenthal e Jacobson
Possiamo quindi credere che l’effetto
Pigmalione esista e che possa consapevolmente essere utilizzato in diversi
ambiti, particolarmente in quello educativo, anche all’interno della scuola, al
fine di migliorare l'istruzione e la qualità della didattica, salvaguardando,
contemporaneamente, aspetti importanti della personalità dei fanciulli, quali
l’autostima e la considerazione di sé
(I1)
(I2).
Ritenendo l’ atteggiamento mentale
dell’insegnante alla base di ogni approccio didattico, potrebbe essere utile al
docente porsi in ottica entropatica, pensare di avere di fronte una classe con
individui pieni di potenzialità da far emergere, a cui poter comunicare in modo
conscio, anche non verbale, la convinzione della loro riuscita. Ogni genitore sa
che le acquisizioni più importanti e più stabili dei bambini non derivano da ciò
che gli adulti dicono, ma da ciò che fanno, dal loro comportamento, dal loro
modo di affrontare la vita e di rapportarsi con l'ambiente che li circonda.
L'esempio dato da un genitore o da una figura parentale forte si imprime in
maniera indelebile e spesso inconscia nel figlio, determinandone comportamenti e
atteggiamenti futuri.
Le spiegazioni e le conferme che ci vengono
dalla psicologia sociale si possono unificare nella considerazione che le
nostre aspettative possono influenzare radicalmente le nostre relazioni con gli
altri. Nel caso dell’esperimento di Rosenthal e Jacobson, le insegnanti,
credendo nelle potenzialità dei ragazzini, si comportavano con loro in modo più
incoraggiante e stimolante di quanto non avrebbero fatto normalmente. I bambini,
conseguentemente, reagivano favorevolmente all'atteggiamento incoraggiante e
alle aspettative positive delle maestre, impegnandosi di più nello studio e
mostrando un maggior interesse verso la scuola. L'atteggiamento aperto e
favorevole delle insegnanti aveva contribuito a sviluppare nei bambini doti e
capacità che erano rimaste sopite fino a quel momento. La predizione di una
persona circa la prestazione intellettuale di un’altra può finire con l’essere
una determinante di tale prestazione.
È determinante comprendere come le aspettative
favorevoli possano portare ad un miglioramento nelle prestazioni intellettuali
degli alunni, quanto le aspettative sfavorevoli possano portare ad un
peggioramento.
Riuscire a stabilire un tipo di interazione
come quella che gli istitutori della Oak School hanno improntato
involontariamente verso i bambini ritenuti speciali, potrebbe portare ad elevare
al massimo le capacità di apprendimento di ogni alunno nella consapevolezza che
il ruolo dell’insegnante potrebbe essere quello di Pigmalione nella classe.
Anche se Rosenthal considera questa ipotesi,
più realmente sarebbe auspicabile che una tale preparazione del corpo docente
venisse applicata in considerazione degli alunni con ostacoli all’apprendimento,
difficoltà di relazione e caratteriali, al fine di riuscire ad offrire a tutti
gli studenti la stessa possibilità di miglioramento legata alle potenzialità,
espresse o latenti, di ognuno.
1.5. L’importanza delle aspettative
Anche Merton (sociologo)
(I26)
(E3) chiarisce l’importanza di questo tipo di aspettative nei rapporti
interrazziali, o con i gruppi di minoranza.
Per primo nel 1948 elabora il concetto di
autorealizzazione delle predizioni legato all’analisi dei fenomeni
sociali/economici come pregiudizio razziale o religioso. Altri studiosi
analizzano e confermano queste dinamiche.
Con Rose si arriva a temere la doppia
aspettativa: il nero si aspetta che il nero fallisca e ciò lo trattiene dal
tentare. Allport applica il concetto di autorealizzazione nella predizione alla
tensione internazionale ed alla guerra. Le nazioni che si aspettano di fare una
guerra probabilmente la faranno. L’aspettativa si comunica al potenziale nemico
che reagisce preparandosi al conflitto, confermando le aspettative della prima
nazione.
W. White già studia nel 1943 un gruppo di
ragazzi ed il gioco del bowling, le prestazioni in positivo e negativo parevano
determinate dall’aspettativa del gruppo. Il tifo pareva servire da incentivo.
Jostraw considera le prestazioni possibili di
un atleta: l’idea di poter fallire una prova gli impedisce di rendere il massimo
diminuendo persino l’entità dello sforzo.
Diversi studi E.R. Guthrie, Goldestein, Drayer
evidenziano il rilievo sociale delle aspettative, anche nei disastri le vittime
sembrano reagire come i soccorritori si aspettano da loro. Nell’esercito
trattare un soldato come caso psichiatrico lo limita dal tornare a fare
normalmente il suo dovere. Hallerith e Bovelas forniscono esempi nel campo del
lavoro.
Hanno valutato come capi reparto che dovevano
giudicare alcune operaie durante un periodo di prova fossero maggiormente
favorevoli a quelle indotti a credere superiori in base ad un punteggio ottenuto
nei test. La produzione delle operaie era più alta quando i capi reparto si
erano aspettati un rendimento maggiore.
Allport e Festinger sono d’accordo sul fatto
che l’uomo desidera poter prevedere perchè ciò assicura un maggiore controllo,
ognuno desidera per il suo mondo un minimo di stabilità, ordine, cioè
prevedibilità.
Albert Moll, confermato da Martin Orne, parla
di fenomeni chimici in cui la predizione è stata la causa della propria
realizzazione, fenomeni come insonnia, nausea, impotenza, balbuzie, compaiono
spesso quando più li si aspetta. Si concentra sull’ipnosi nella convinzione che
i soggetti si comportino come credono l’ipnotizzatore si aspetti da loro. In una
lezione di filosofia nel 1959 si tiene una dimostrazione sull’ipnosi in due
classi diverse: in una si dice provochi catalessi, rigidità della mano
dominante, nell’altra si presenta semplicemente l’esperimento. Il fenomeno non
apparve in coloro che non l’aspettavano ma nella maggioranza di coloro che
l’attendevano. In questo caso si è trattato di aspettativa del soggetto come
determinante del proprio comportamento.
Manninger rileva almeno un esempio in cui una
malattia mentale dichiarata incurabile perché i medici avevano perso la fiducia
ma quando il malato, dopo ulteriori analisi, fu considerato curabile, “provò di
esserlo”.
L’equipe scientifica del Quarterly Journal of
Studies on Alchhol nel 1959 ha dimostrato che, in generale, un qualunque
mutamento di terapia provoca un calo nel tasso di mortalità. Pèquignant, medico
francese, rileva la natura dell’autorealizzazione che hanno molte prognosi
mediche e afferma che questo fenomeno è verificato in diversi esperimenti. Una
diagnosi pessimistica acquista nel medico, nei famigliari, nel soggetto, un
potenziale di conferma che la rende determinante.
Al Ric. Human Interaction Research Institute,
quando l’equipe medica si aspettava che un ragazzo ritardato di assumesse
qualche responsabilità personale, egli era in grado di farlo.
Goffman, Stanton, e Schwartz confermano che le
aspettative dei medici possono influenzare loro percezione del miglioramento del
paziente ed è molto probabile che tali predizioni determinino un miglioramento
reale.
1.6. Le aspettative degli insegnanti nel
bambino svantaggiato
Rosenthal considera che quando una maestra
osserva i bambini il primo giorno di scuola cerca di intuire chi avrà un buon
profitto, ritenendo che i migliori risultati li avranno gli appartenenti al ceto
medio, chi invece fa parte del ceto inferiore sarà pre-giudicato
insoddisfacente, nonostante la certezza che un bimbo sporco possa essere
intelligentissimo ed un bimbo del ceto medio essere tardo
(I34) .
Per definizione i bambini svantaggiati
provengono da gruppi socioeconomici inferiori, basso reddito e bassa cultura
scolastica per cui una maggiore proporzione di loro non riesce bene a scuola ed
il Q.I. è inferiore. Si mette sotto accusa famiglia, casa, quartiere, reddito,
preparazione famigliare all’insuccesso scolastico, carenza di preparazione
culturale, forma ristretta del linguaggio.
Il fatto di aspettarsi meno dai bambini delle
classi socialmente inferiori fa aumentare, nel tempo, il dislivello tra
fanciulli di ceto diverso perché c’è un atteggiamento differente, si fissano
standard non conformi
(I35).
La tesi di Riessman è che il bambino
svantaggiato sia sottovalutato. Possiamo dire che l’aspettativa di scarso
profitto da parte del corpo insegnante agisca come una predizione che si
autorealizza.
Kenneth Clark insiste nel fatto che bisogna
credere che possano imparare
(I36).
Se si hanno dubbi sull’educabilità di alcuni
soggetti, si hanno solitamente su bambini pedagogicamente, culturalmente,
economicamente svantaggiati, che paiono capaci di imparare meno rispetto a
quelli in condizione di maggior favore. Le previsioni in merito alla prestazione
di un alunno possono essere determinate da fattori come l’apparente ricchezza,
il colore della pelle, lo status dei genitori, ciò che l’insegnante sa
dell’ambiente in cui vive il fanciullo, risultati di test di intelligenza o
profitto. Diversi studiosi, tra cui Richin, Hilbon, Myers, esprimono il timore
che l’alunno svantaggiato possa ricevere ulteriore danno dal fatto che
l’insegnante valuti le sue prestazioni secondo standard troppo bassi, ed è
provato che per i bambini delle aree socialmente depresse gli insegnanti fissino
standard inferiori al rendimento.
Accettando il concetto che un insegnante si
faccia un'idea ben precisa del suo allievo, e per estensione della sua classe,
plasmandoli in base a questo pre-giudizio, è facile comprendere l'importanza di
profezie ed aspettative di segno positivo sulla riuscita degli studenti
all'interno del processo di apprendimento.
1.7. Il processo di comunicazione
dell’aspettativa
Secondo Rosenthal quattro sono le modalità
attraverso le quali l'insegnante comunica le proprie aspettative agli allievi
così come tutte le persone che si attendono buoni risultati dai loro figli,
studenti, ecc. sembrano operare:
a) creano un'atmosfera socio-emotiva più calda
intorno ai loro "studenti speciali";
b) forniscono ai propri studenti un maggior
feedback in rapporto al loro rendimento;
c) insegnano di più, sia quantitativamente che
qualitativamente a tali studenti;
d) danno agli studenti maggiori opportunità di
rispondere e di fare domande.
Infatti 242 studi hanno verificato l'effetto
Pigmalione sia in laboratorio che fuori, in classe, in fabbrica, in ufficio,
ecc. La percentuale dei risultati significativi è circa la stessa per gli
esperimenti condotti "sul campo" e per quelli di laboratorio: il 37% per i primi
e il 34% per i secondi.
Gli insegnanti che hanno aspettative positive
nei confronti dei loro studenti riescono a creare un clima socio-emotivo più
caldo intorno a loro, danno maggiore retroazione (feedback) circa la qualità
delle loro prestazioni, sembrano accordare più informazioni (input) e aspettarsi
maggiori risultati, oltre al concedere loro più opportunità di domande e
risposte (output). Secondo le osservazioni di Rosenthal, gli insegnanti che sono
convinti di avere di fronte un buon allievo gli sorridono con maggiore
frequenza, compiono movimenti di approvazione con la testa, si chinano su di lui
e lo guardano più a lungo negli occhi, esprimendosi anche con un linguaggio del
corpo positivo. Sono più portati a lodare lo studente, a correggerne gli errori
senza assumere un atteggiamento critico, e lo stimolano maggiormente a dare
risposte adeguate dando compiti più impegnativi. In sostanza, un docente che
crede di avere a che fare con studenti dotati insegna di più e meglio. (Rosenthal,
1976).
Pare si debba escludere il meccanismo di
condizionamento (legato a rinforzi) come fattore necessario nella comunicazione
delle predizioni.
Si rileva quindi come il processo di
comunicazione delle aspettative sia di natura estremamente sottile e su come
tali comunicazioni possono aiutare il bambino ad imparare, cambiando il
concetto di sé, le sue aspettative riguardo il proprio comportamento e le sue
motivazioni, come pure il suo stile cognitivo e le sue attitudini
(I4).
1.8. Labeling
La teoria del "labeling" si occupa delle
definizioni negative con cui vengono indicati gli individui che sono ritenuti
fuori dalla norma.
Gli insegnanti che individuano un ragazzo come
colui che infrange le regole, che ha commesso un atto deviante, etichettano così
un suo modo di essere e chiudono in un certo circolo interpretativo ogni sua
azione. Questa definizione può portare l’alunno a sentirsi discriminato e
condurlo ad ulteriori forme di devianza
(I88), finendo per cercare compagni che si trovino in analoga situazione,
etichettati come lui. Da questa interazione potrebbe addirittura svilupparsi una
sottocultura deviante, che può arrivare a definirsi come fatto positivo per chi
ne fa parte
(S5).
Possiamo considerare la teoria connessa a
quella della profezia che si autoavvera. Entrambe esaminano le conseguenze della
classificazione e della valutazione degli studenti in base ai "significati" dei
quali si servono gli insegnanti e gli educatori in generale.
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