Il ferro e la terapia chelante
Il
ferro
[E1]
è elemento indispensabile per la vita. E’ contenuto nell’emoglobina
[I1]
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[E2]
[F1], in enzimi per la sintesi del
DNA
[E1]
[F1]
ed in altre molecole.
Tuttavia un
sovraccarico di ferro [E1]
[E2]
nell’organismo porta a un possibile sviluppo di un danno d’organo
e a un incremento della
mortalità.
Nella
talassemia major
[E1]
[F1]
e con entità variabile nella forma intermedia, l’anemia cronica è responsabile di un aumentato assorbimento
gastrointestinale di ferro con conseguente accumulo a livello di diversi organi. Inoltre nella talassemia major le continue
trasfusioni comportano un ulteriore apporto di ferro nell’organismo. In questi casi il corpo non è più in grado di eliminare il
ferro in eccesso depositato soprattutto a livello del cuore, fegato e ghiandole endocrine, dove i danni provocati sono maggiori.
A questo punto risulta fondamentale intervenire con una
terapia chelante [E1]
[E2]
[F1], cioè somministrare farmaci (ferrochelanti) che “catturino” ed eliminino il ferro in eccesso dall’organismo.
Negli ultimi anni nei paesi dove è possibile effettuare la
terapia trasfusionale
[E1]
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e quella chelante le condizioni dei pazienti talassemici sono notevolmente migliorate.
Per misurare il livello di ferro nell’organismo ci sono diversi metodi: uno invasivo come la
biopsia epatica, risonanze magnetiche
nucleari e più recentemente un esame non invasivo (biopsia magnetica) effettuato tramite una strumentazione chiamata
Squid
[I1]che quantifica il ferro nel
fegato [F1]. Esistono però solo tre Squid al mondo,
uno di questi si trova in Italia, a Torino.
La terapia chelante tradizionale viene somministrata con un farmaco,
la desferrioxamina, o desferal o DFO [E1], per via endovena
o sotto cutanea mediante infusione prolungata con una pompa portatile, di solito per 10/12 ore ogni giorno. Il più importante effetto
benefico della terapia consiste nella limitazione delle complicanze cardiache indotta dall’accumulo di ferro con conseguente
miglioramento della sopravvivenza. Come tutti i farmaci anche il Desferal ha i suoi effetti collaterali, quali tossicità al prodotto,
riduzione della crescita, allergia cutanea locale, riduzione capacità uditiva.
Il trattamento con desferrioxamina risulta particolarmente gravoso per i pazienti data la continuità della cura, ogni giorni per tutta
la vita, inoltre la pompa per l’infusione è limitativa per le attività normali, gli aghi causano dolore anche a lungo, inoltre non
è da sottovalutare il
peso psicologico
[I1]
[E1]
per l’impatto che ha la cura sulla vita pesonale e quotidiana, sia per il paziente che per i
familiari.
Negli ultimissimi anni sono stati sperimentati alcuni ferrochelanti orali: il più importante è il
deferiprone o L1
attualmente in
commercio, che sotto forma di pastiglie, viene assunto giornalmente dai pazienti. Purtroppo è ancora un farmaco recente, ma i dati
ottenuti dagli studi sono incoraggianti: è efficace e aiuta ad
eliminare il ferro depositato nel cuore
[F1]. Gli
effetti collaterali del deferiprone
sono diversi, dolori articolari, nausea, tossicità epatica, neutropenia i più diffusi.
I chelanti orali certamente migliorano la qualità di vita dei pazienti in quanto la cura rispetto il Desferal è più leggera e consente
una maggiore compliance alla terapia.
12/20
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