PROTEINE PRESENTI NEL SANGUE
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FUNZIONE (ESPLICATA TRAMITE LA PRESENZA DI PROTEINE CARATTERISTICHE) E
COMPOSIZIONE GENERALE
Il
sangue, che costituisce la dodicesima parte del peso corporeo (circa 85 ml per
kg), svolge molteplici funzioni tra le quali ricordiamo:
- Scambio dei gas della
respirazione ( O2 e CO2) tra polmoni e tessuti e
viceversa.
- Trasporto e distribuzione
alle cellule dell’intero organismo di sostanze esogene (alimenti, farmaci…) ed
endogene.
- Trasporto di prodotti di
rifiuto che provengono dal catabolismo, come bilirubina ecc., agli organi
escretori( rene, pelle, intestino e fegato) per la loro eliminazione.
- Trasporto di ormoni e di
altri mediatori chimici dalle sedi di sintesi alle cellule bersaglio
- Protezione contro i
microrganismi ed altri agenti estranei.
COMPOSIZIONE GENERALE
Il
sangue è formato da una parte fluida (plasma) e da elementi corpuscolari
(eritrociti o globuli rossi, leucociti o globuli bianchi e piastrine), il plasma
costituisce il 55-60% del volume di del sangue intero.
Il
sangue circolante contiene da 4000 a 11000 leucociti (globuli binachi) per
microlitro. Da un punto di vista morfologico e funzionale si distinguono tre
diverse popolazioni di globuli bianchi:
i
granulociti[E1], i linfociti ed i monociti.
GRANULOCITI
Nell’adulto rappresentano la metà o più dei leucociti circolanti; essi
contengono granuli facilmente visibili, di diversa composizione chimica ed
enzimatica. Esistono te diversi tipi di granulociti, i neutrofili, gli
eosinofili ed i basoili. Le caratteristiche di colorabilità dei granuli
definiscono il tipo cellulare: granuli neutri alla colorazione caratterizzano i
neutrofili, granuli rossastri gli eosinofili e granuli blu definiscono i
basofili.
Neutrofili. I necrofili sono dotati di movimento attivo e sono in grado di
raggiungere, in gran numero ed in breve tempo, i siti in cui è avvenuta una
lesione tissutale, il processo che attira i neutrofili verso il sito di lesione
e di infiammazione prende il nome di chemiotassi. Sostanze ad attività
chemiotattica per i neitrofili sono prodotti batterici, prodotti di degradazione
cellulare e molte proteine plasmatiche. I neutrofili costituiscono la prima
barriera difensiva dell’organismo, sia in caso di danno tissutale, sia quando
materiale estraneo tenta di penetrare nell’organismo. La loro funzione è
strettamente collegata a quella degli altri sistemi difensivi dell’organismo,
compresa la produzione degli anticorpi (immunoglobuline) e l’attivazione del
sistema del complemento. L’interazione di questi sistemi con i neutrofili
potenzia la loro capacità di fagocitare e degradare particelle di ogni sorta. I
leucociti sono in grado di riversare enzimi lisosomiali all’interno dei fagosomi
distruggendo il materiale ingerito, ma possono anche liberare il contenuto
lisosomiale nell’ambiente circostante. Le funzioni principali dei neutrofili
sono quella di fagocitare e rimuovere detriti, materiale articolato e batteri e
quella di uccidere i microrganismi.
Un
enzima deputato alla lisi dei batteri è il Lisozima, il quale risulta costituito
da una catena polipeptidica di 129 amminoacidi, nella sua struttura
tridimensionale si individuano 6 segmenti elicoidali ed ancora si individua una
profonda spaccarìtura, la quale risulta destinata ad alloggiare il substrato.
Sono presenti anche dei ponti disolfuro, ossia dei legami covalenti tra le
catene polipeptidiche di cui è costituita la proteina, tale legame covalente si
forma dall’ interazione tra due molecole di cisteina, e se queste molecole di
cisteina si trovano su una stassa catena polipeptidica avremo i legami disolfuro
(S—S) intracatena, se sono localizzate su diverse catene avremo il legami S—S
intercatene. Ricordiamo che i compiti dei ponti disolfuro sono quelli di
stabilizzare la struttura terziaria della catena (ponti intracatena) oppure
quelli di legare tra loro con legami covalenti stabili catene polipeptidiche
diverse stabilizzando così la struttura quaternaria. Il ponte S—S si forma dopo
che la proteina ha assunto la sua struttura tridimensionale e quindi
contribuisce notevolmente, proprio perché legame covalente e non legame debole,
al mantenimento della struttura spaziale proteica. Per questo motivo si incontra
con maggiore frequenza in proteine che svolgono le loro funzioni nello spazio
extracellulare dei tessuti e che quindi necessitano di maggiore stabilità come
appunto io lisozima. Un’ altra questione da affrontare riguardo al lisozima ed
in generale riguardo agli enzimi è la relazione tra struttura e funzione
catalitica, infatti il numero dei residui amminoacididi costituenti la catena
polipeptidica è piuttosto elevato, mentre il sito attivo dell’enzima è
costituito da pochissimi residui: si ritiene che generalmente il locus del sito
attivo rappresenti meno del 5% dell’intera superficie dell’enzima. Ne deriva
pertanto il problema del perché sia necessaria una molecola così grande
(l’enzima) per agire su una molecola piccola (il substrato) che si unisce
soltanto ad una ristrettissima porzione di essa. E’ evidente l’importanza della
struttura tridimensionale dell’enzima che gli permette una disposizione spaziale
la più idonea per l’incontro con il substrato onde possa verificarsi il pieno
espletamento della funzione catalitica. Resta però sempre il problema se
l’intera molecola proteica è necessaria alla funzione o se sono sufficienti
soltanto alcuni frammenti e quanto e come la molecola proteica si modifica
durante l’attività catalitica.
Studi hanno dimostrato che la molecola del lisozima è notevolmente alterata
nella sua disposizione spaziale quando si lega al substrato. Il lisozima, che
come abbiamo detto causa la lisi dei batteri distruggendone la parete
protettiva, si lega al suo substrato e tale legame provoca una modificazione
della disposizione spaziale dell’ intera molecola proteica e, dall’analisi della
struttura del complesso batterio-lisozima, si è potuto dedurre che i punti di
contatto e quindi i punti attivi dell’intera proteina sono soltanto 2
amminoacidi.
Eosinofili. Gli eosinofili sono granulociti che presentano un citoplasma ricco
di granuli che si colorano di rosso scuro con il colorante acido cosina. Il
granulocita eosinofilo contiene numerosi enzimi che inattivano i mediatori
dell’infiammazione acuta e, similmente ai neutrofili, contiene istaminasi. Il
ruolo biologico degli eosinofili sembra quindi essere quellod i modulare le
attività cellulari e chimiche dell’infiammazione mediata da fattori
immunologicamente attivi.
Basofili. I granuli presenti nei basofili si colorano di blu scuro con i
coloranti basici ed apaiono brillanti dopo colorazione metacromatica. I granuli
contengono mucopolisaccaridi acidi, acido ialuronico e grandi quantità di
istamina. Cellule molto simili ai basofili del sangue si trovano in abbondanza
nella cute, nella mucosa delle vie respiratorie e nel tessuto connettivale.
Queste cellule denominate mastociti, contengono granuli il cui contenuto
(istamina ed altre sostanze) è responsabile di reazioni allergiche tissutali.
Mastociti e basofili possiedono sulle loro membrane recettori per le
immunoglobuline E (IgE); questi recettori legano le IgE e la successiva
interazione tra allergene specifico e IgE legata al recettore induce la
liberazione di mediatori vasoattivi, che innescano una serie di risposte. La
liberazione massiva del contenuto dei granuli può determinare morte improvvisa (shosk
anafilattico) Molti dei mediatori causano contrazione della muscolatura liscia e
aumento della permeabilità vasale. I basofili liberano anche fattori
chemiotattici ed altri mediatori chimici dell’ infiammazione.
LINFOCITI. I linfociti rappresentano la seconda popolazione per numero, dei
leucociti circolanti. Queste cellule sono componenti essenziali del sistema di
difesa immunitario: la loro funzione principale è quella di interagire con gli
antigeni e organizzare la risposta immune. Quest’ultima può essere 1) umorale,
con formazione di anticorpi; 2) cellula-mediata con elaborazione di linfochine
3) cititissica, con produzione di linfociti killer citotossici. La maggior parte
dei linfociti si trova nei linfonodi, nella milza e nelle mucose delle vie
respiratorie e del canale digerente. Si distinguono due sottopopolazioni
principali , i linfociti T e i linfociti B, ognuna caratterizzata da funzioni
immunologiche particolari. I linfociti T sono responsabili della risposta
cellula-mediata e della modulazione della risposta immune. I linfociti B sono
responsabili della immunità umorale e della produzione di anticorpi
Immunoglobuline. Le immunoglobuline sono prodotte dalle plasmacellule esse
risiedono nel midollo osseo tra i precursori delle cellule sanguigne, ogni
singola plasmacellula produce un unico tipo di anticorpo, che riconosce il suo
antigene specifico. La proliferazione dei precursori delle plasmacellule dà
origine ad una linea cellulare (chiamata clone), che continua a sintetizzare lo
stesso anticorpo, specifico per quel sito antigenico. Le immunoglobuline
rappresentano dal 12 al 23% delle proteine totali del plasma, nell’ analisi
elettroforetica del sangue dal quale si ottengono varie frazioni denominate
a, b,
g, risulta che la maggior parte delle
immunoglobuline, presenti nel sangue, si ritrova nella frazione
g, e precisamente nella frazione
g-globulinica. Almeno 25-30 classi e
sottoclassi sono state individuate nelle g-globuline
umane. Analizzando la struttura delle immunoglobuline si può osservare che
queste proteine sono costituite da due catene leggere (L) e da due catene
pesanti (H) unite tra di loro da ponti disolfuro (S—S). Le catene sono a due a
due uguali quindi i monomeri (le unità costitutive) sono L2H2.
Due
tipi di catene leggere sono state identificate, le catene
k e l,
presenti in tutte le classi di immunoglobuline. Un solo tipo di catene pesanti,
denominate rispettivamente g
a m
d e,
è presente in ciascuna delle classi IgG, IgA, IgM, IgD, IgE.
Le
IgG, che soono gli anticorpi più abbondanti del siero, si suddividono in quattro
sottoclassi che differiscono per il numero (da 2 a 5) e la disposizione dei
ponti disolfuro tra le catene pesanti.
Le
IgA sono le immunoglobuline presenti in maggiore quantità nelle secrezioni come
saliva, lacrime, secrezioni intestinali, sono formate da una coppia di unità
monometriche e da una glicoproteina, la quale avrebbe il compito di facilitare
il trasporto dell’ IgA attraverso la membrana e di proteggerla dalla proteolisi.
Le
IgM sono formate da 5 subunità unite da ponti disolfuro.
Enzimi proteolitici determinano una parziale idrolisi della molecola, si formano
3 frammenti di cui due appaiono identici e sono noti come Fab (frammento che
lega l’antigene), mentre il terzo, Fc (frammento cristallino) è del tutto
diverso. Poiché ciascun frammento Fab si combina specificatamente con
l’antigene, ogni L2H2 deve contenere due siti specifici di
riconoscimento e di legame con l’antigene. Il complesso Fab-antigene non forma
precipitato. Dal frammento Fc dipendono le proprietà comuni a tutte le
immunoglobuline di una data classe come la fissazione del complemento (IgG e IgA),
il trasporto attraverso la placenta (IgG) la fissazione dei mastociti (IgE) ecc..Altri
enzimi idrolizzano le immunoglobuline però in moda tale che le 2 Fab rimangono
legate tra di loro, questa struttura nota come Fab2, a differenza del
Fab forma precipitato quando si combina con antigeni molecolari. Questo è dovuto
alla particolare struttura sia dell’anticorpo che contiene due siti, sia
dell’antigene che in genere, se è una macromolecola, contiene più zone di
riconoscimento. Si forma una rete di antigeni e anticorpi che tende a
precipitare. Il frammento Fc, che ha una forte tendenza a cristallizzare,
intensifica la precipitazione.
L’insieme di questi dati di quelli ottenuti con la microscopia elettronica e con
la diffrazione a raggi X mostrano che la molecola delle immunoglobuline possiede
una struttura a Y in cui le due braccia sono i frammenti Fab e il piede l’Fc.I 3
frammenti hanno una struttura globulare molto compatta, sono uniti tra loro da
una zona priva di struttura e molto flessibile che funziona come una cerniera
consentendo ai frammenti Fab di avvicinarsi e di allontanarsi tra loro per
meglio adattarsi alla costituzione della rete.
Le
fasi iniziali della risposta immunitaria tipica sono caratterizzati da un
aumento dei livelli di IgM specificatamente dirette contro l’antigene
sensibilizzante (immunogeno). In seguito vengono prodotti anticorpi della classe
IgG. Ripetute stimolazioni con l’antigene causano un aumento della produzione di
IgG, con un tempo di latenza che è sempre minore dopo ogni successiva
stimolazione antigenica. Questa capacità del sistema immunitario di ricordare
precedenti contatti con l’antigene e di rispondere più efficacemente è detta
risposta anamnestica.
COMPLEMENTO. Allorché un anticorpo si lega alla superficie di un
microrganismo penetrato nell’organismo può attivarsi il sistema del complemento,
un insieme di proteine plasmatiche che si attivano a cascata. L’attivazione del
complemento è un processo in grado di portare alla distruzione delle cellule
batteriche. Il processo ha inizio con un cambiamento conformazionale che si
verifica sempre nella regioe Fc dell’anticorpo, quando questo si lega
all’antigene.
Se
l’antigene è rappresentato da molecole singole, liberamente circolanti, si
formano complessi immuni in grado di fissare il complemento. In questo caso la
funzione del complemento è quella di stimolare le cellule fagocitarie ad
attaccare, fagocitare e rimuovere l’antigene dalla circolazione. Se invece
l’antigene è un componente della parete cellulare del batterio, il complemento
potrà fissarsi all’anticorpo legato all’antigene di superficie e attivandosi,
potrà provocare lesioni così gravi da causare alla fine la morte del batterio
stesso.
MONOCITI. I monoliti rappresentano il 5-8% dei leucociti circolanti.
Rispetto alla quota totale dei monoliti solo un piccolo numero di essi si trova
in circolo in ogni momento. Il monocita rimane in circolo per breve tempo entra
infatti nei tessuti per diventare un macrofago la cui funzione risulta appunti
quella di fagocitare i batteri o corpi estranei penetrati nell’organismo,
infatti essi sono particolarmente attivi nel fagocitare ed uccidere i
microrganismi e nel formare complesse interazioni con immunogeni e con
costituenti proteici e cellulari del sistema immunitario. I monoliti possono
dare inizio alla risposta immunitaria e regolarne l’ampiezza; sono inoltre
responsabili del riconoscimento e della processazione dell’antigene. Poiché
processano l’antigene e lo presentano sia ai linfociti T che ai linfociti B, i
monoliti danno il via ad entrambe le risposte immunitarie, loa umorale e la
cellula-mediata.
GLOBULI ROSSI. I globuli rossi sono presenti nel sangue in una
concentrazione che è circa 5 milioni per microlitro, essiri chiedono 5-6 giorni
per il loro completo sviluppo nel midollo osseo, ma il loro ucleo scompare già
dopo 2-3 giorni, i globuli rossi o eritrociti rimangono il circolo per circa 120
giorni prima di invecchiare ed essere distrutti. La funzione principale degli
eritrociti è quella di trasportare ossigeno ai tessuti e per fare questo il
globulo deve essere sufficientemente deformabile per superare i piccoli
capillari del microcircolo. Inoltre l’eritrocita deve contenere adeguate
quantità del pigmento che lega l’ossigeno, L’eme, che si trova ordinatamente
impacchettato in un involucro proteico chiamato globina. La delicata struttura
del globulo rosso, quindi, è finalizzata al trasporto dell’ossigeno ed al
mantenimento dell’emoglobina in uno stato funzionale. L’emoglobina (Hb)
costituisce la massima parte delle proteine degli eritrociti ai quali conferisce
il caratteristico colore rosso. Ha la funzione di trasportare l’O2
dal polmone ai tessuti; partecipa direttamente e indirettamente al trasporto del
CO2 dai tessuti al polmone. Inoltre contribuisce con i fosfati, i
bicarbonato e le altre proteine a mantenere costante il pH del sangue.
E’
un tetrametro formato da 4 catene polipeptidiche, due a due uguali, ed ogni
catena è associata ad un gruppo prostatico, l’eme, che contiene un atomo di
ferro bivalente (Fe++). L’emoglobina nel polmone, dove la pressione
parziale dell’ossigeno è alta, è in grado di legare a ciascuna subunità una
molecola di ossigeno. L’ossigeno viene liberato neo tessuti e impiegato nella
respirazione cellulare.
Solo una parte del CO2 (25% circa) è trasportato direttamente dall’
Hb combinato con gruppi amminici a formare carbamino derivati.
L’
eme è formato da uno scheletro costituito da 4 anelli pirrolici uniti da 4 ponti
metinici (—C=). A causa della risonanza la posizione dei singoli e dei doppi
legami nel nucleo tetrapirrolico dell’eme non può essere definita, i numerosi
doppi legami fanno si che la struttura sia piana. Il nucleo tetrapirrolico privo
di sostituenti sugli atomi di carbonio periferici si chiama porfirina. I 4 azoti
rivolti all’interno del nucleo tetrapirrolico planare, costituiscono un sito
capace di alloggiare ioni metallici come Fe 2+ e Fe 3+ .
Due azoti pirrolici dissociano H+ acquistando una carica negativa. I
metalli si associano al nucleo tetrapirrolico formando legami coordinativi. Sia
il ferro ferroso (Fe 2+) ce il ferro ferrico (Fe 3+
)formano 6 legami di coordinazione: 4 giaccioni su un poano mentre gli altri 2
sono ortogonali al piano.
La
globina. Nell’emoglobima vi sono due subunità
a e due b per cui viene
rappresentata con la seguente formula a2b2
pur differendo per il numero totale di amminoacidi (141 nella catena
a¸146 nella catena
b) e per la sequenza amminoacidica le
subunità a e
b hanno tutte struttura
tridimanesionale simile con 8 tratti elicoidali intervallati da tratti senza
struttura.
Rapporto eme-globina. La catena polipeptidica si ripiega nello spazio in modo da
formare una tasca idrofobia in cui si inserisce l’eme che viene così a trovarsi
a contatto con circa 60 atomi della globina. Dei 6 legami coordinativi del Fe
2+ i 4 planari sono impegnati con gli azoti dell’anello
tetrapirrolico. Un quinto legame , perpendicolare ai precedenti, viene formato
con un azoto dell’anello imidazolico dll’istidina , mentre il sesto legame è in
grado di legare delle molecole neutre come O2 e CO. Infatti nell’eme
le due cariche positive del Fe 2+ sono neutralizzate dalle due
cariche negative degli azoti pirrolici. Altri legami idrofobici si costituiscono
tra l’eme e catene laterali apolari di residui amminoacidici presenti nelle
cavità.
Il
sangue sottratto al suo ambiente naturale, la rete vasale, coagula in pochi
minuti.
Gli
elementi corpuscolari rimangono imbrigliati nel coagulo costituito dalla fibrina
e si separa un liquido giallo paglierino, il siero.
La
fuoriuscita del sangue dal letto vascolare provoca l’attivazione di un complesso
di enzimi proteolitici disposti a cascata: il risultato è la trasformazione del
fibrinogeno a fibrina che forma il coagulo.
Il
fibrinogeno è una glicoproteina di grosse dimensioni formata da 3 coppie di
catene polipeptidiche denominate Aa, Bb,
g, per cui la formula che lo
rappresenta è (Aa, Bb,
g)2 le catene sono unite tra
loro da ponti disolfuro (S—S).L’enzima trombina idrolizza specificatamente
alcuni legami nelle catene Aa e Bb
con formazione di fibrina monomero (a,
b, g)2
e fibrinopeptidi A e B
(Aa, Bb,
g)2 ------------------> (a,
b, g)2
+2A + 2B
trombina
La fibrina ha una forte
tendenza a polimerizzare
(a,
b, g)2
------------------> (a,
b, g)2n
reazione spontanea
Si forma così un coagulo che è
facilmente digerito da altre proteine come la plasmina. I legami che uniscono i
vari monomeri di fibrina in questo tipo di coagulo, sono legami deboli che si
instaurano sia tra le teste e le code delle molecole di fibrina sia tra le loro
facce laterali, è la rimozione dei fibrinopeptidi A e B a favorire la
polimerizzazione.
In presenza di un enzima, il
fattore XIII, attivato o fattore stabilizzante il coagulo si formano vari legami
peptidici tra le molecole di fibrina portando ad un coagulo insolubile e molto
resistente.
Il fattore XIII, nel sangue è
presente in forma inattiva, ma viene attivato dalla trombina in presenza di Ca++
.
Nella formazione del coagulo
vengono imbrigliate le cellule ematiche e le piastrine che hanno un ruolo
importante in quanto liberano fattori proteici che accelerano l’emocoagulazione.
Tra l’aòtro le piastrine contengono actomiosina che contraendosi provoca la
retrazione del coagulo.
Pur essendo molto resistente
alla proteolisi dopo pochi giorni il coagulo viene liso dalla plasmina un enzima
attivo che si forma dal plasminogeno.
La trombina è un enzima
costituito da due catene polipeptidiche unite da ponti disolfuro. La trombina
normalmente è inattiva ma può venire attivata da una serie di enzimi che
agiscono a cascata ossia una volta attivato il primo gli altri si attivano di
conseguenza, risulta evidente che il primo fattore scatenante la cascata
coagulativa è un danno ai vasi sanguigni.
E’ interessante notare che i
fattori della coagulazione sono distribuiti in compartimenti anatomicamente
diversi: il plasma le pistrine e i tessuti. Questo naturalmente aiuta a
mantenere sotto controllo un meccanismo che essendo costituito da una cascata di
reazioni irreversibili ha carattere esplosivo. Vi sono tuttavia altri motivi che
impediscono in condizioni fisiologiche la coagulazione intravasale del sangue.
Innanzitutto la sua rapida circolazione diluisce i fattori che dovessero venir
man mano attivati, inoltre i fattori attivati a differenza dei precursori, sono
rapidamente rimossi dalle cellule del fegato quando, trasportati dalla corrente
circolatoria, giungono al fegato.La presenza nel sangue di inibitori naturali
dei fattori dell’ emocoagulazione attivati è un altro elemento che impedisce l’emocoagulazione
intravasale.