PROTEINE
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PROTEINE: STRUTTURA PRIMARIA E SINTESI
Struttura primaria. Le proteine sono polipeptidi a
sequenza definita: ogni proteina possiede un ordine fisso di residui
amminoacidici e questa sequenza è definita come struttura primaria della
proteina; è questo il livello strutturale fondamentale sul quale si basano i
livelli superiori di organizzazione. Nella rappresentazione simbolica
l’amminoacido con il gruppo N-terminale è all’estrema sinistra, quello con il
C-terminale è a destra.
Esempio: struttura primaria dell’ormone
a-melanotropina
Ser–Tyr–Ser–Met–Glu–Hys–Phe–Arg–Trp–Gly–Lys–Pro–Val
Sintesi. La sequenza ordinata (struttura primaria) è
garantita, nella sintesi in vivo, dalle sequenze di DNA che costituiscono
i geni: queste vengono trascritte in molecole di RNA messaggero che a loro volta
sono tradotte in proteine. Per indicare il singolo amminoacido che deve essere
utilizzato per iniziare, proseguire o terminare la sequenza ordinata che formerà
la proteina, si sfruttano triplette ordinate di nucleotidi, dette codoni,
presenti sulla molecola di RNA messaggero. Quasi tutti gli organismi usano gli
stessi codoni per tradurre i propri genomi in proteine: questa corrispondenza
tra triplette di RNA e ciascun residuo amminoacidico costituisce il cosiddetto
codice genetico.
E’ possibile anche la sintesi in vitro delle
proteine: nel 1955 Vincent du Vigneaud ricevette il Premio Nobel per la sintesi
dell’ormone ossitocina (sequenza ordinata di 9 amminoacidi), nel 1963 fu
annunciata la sintesi totale dell’insulina (51 amminoacidi), nel 1969 fu
sintetizzato in sei settimane l’enzima ribonucleasi (124 amminoacidi).
PROTEINE: STRUTTURA SECONDARIA E PROTEINE FIBROSE
Struttura secondaria. Verso la metà del XX secolo,
dopo lunghe ricerche su come la sequenza ordinata di amminoacidi si può disporre
nello spazio a tre dimensioni, Pauling individuò come strutture preferenziali
quelle ad a-elica e
a foglietto b.
Analisi a raggi X e calcoli teorici infatti non permettevano di ritenere che
tali sequenze tridimensionali di amminoacidi fossero lineari e planari: a causa
degli ingombri sterici delle catene laterali e della facilità di formazione di
legame idrogeno tra l’idrogeno amminico e l’ossigeno carbonilico la struttura
tridimensionale di una proteina deve mostrarsi con continui ripiegamenti. Tale
struttura si definisce struttura secondaria delle proteine. In accordo
agli studi di Pauling oggi si sa che le strutture secondarie più comuni sono l’
a-elica (che origina una sorta di spirale-tubo), , e il foglietto
b, formato da due o
più catene adiacenti ripiegate a zig zag.
Questa struttura
secondaria delle proteine si ritrova maggiormente in proteine che svolgono
funzioni strutturali come le:
Proteine fibrose. Le proteine fibrose sono
caratterizzate da una forma filamentosa, allungata. Rivestono principalmente
ruoli strutturali nelle cellule e nei tessuti animali: comprendono le più
importanti proteine della pelle, e quelle di fibre animali come peli, lana e
seta. Le proprietà meccaniche di queste proteine sono garantite a particolari
sequenze di residui amminoacidici che favoriscono un particolare tipo di
struttura secondaria piuttosto che un altro. Come esempi di proteine fibrose si
possono ricordare le a-cheratine,
ampiamente presenti in capelli e unghie, che hanno struttura ad
a-elica, e le
b-cheratine (piume
di uccelli e scaglie di rettili) a foglietto
b.
PROTEINE: PROTEINE GLOBULARI E STRUTTURA TERZIARIA
Proteine globulari. Le proteine fibrose sono solo
una piccola frazione di tutte le specie proteiche di cui un organismo è dotato:
la maggior parte del lavoro chimico di una cellula, le sintesi, il trasporto e
il metabolismo, avviene infatti con l’aiuto di una vastissima gamma di
proteine globulari, proteine le cui catene polipeptidiche sono ripiegate in
strutture compatte, molto diverse dalle forme estese delle proteine fibrose.
Struttura terziaria. Le tecniche di diffrazione a
raggi X hanno permesso di scoprire moltissimo circa i dettagli strutturali delle
proteine globulari, fino a riconoscere il decorso della catena polipeptidica
all’interno della molecola. Si è scoperto così che essa è spesso localmente
avvolta in uno dei tipi di struttura secondaria, e che tali regioni sono a loro
volta ripiegate l’una sull’altra, in modo da rendere la struttura globulare e
compatta. I ripiegamenti definiscono la struttura terziaria della
proteina. All’interno di un ripiegamento molte proteine globulari contengono il
gruppo prostetico: esso consiste in piccole molecole che possono essere legate
covalentemente o meno alla proteina, conferendole specifiche funzioni.
Alla base del ripiegamento terziario sono state individuate
alcune regole:
- tutte le proteine globulari hanno una parte interna ed
una esterna ben definite: in particolare i residui amminoacidici idrofobici
sono sempre impaccati all’interno, quelli idrofilici sono esposti invece alla
superficie;
- la catena polipeptidica può cambiare direzione in
svariati modi nel passaggio da un segmento (foglietto
b o
a-elica) a quello
successivo;
- non tutte le porzioni delle proteine globulari possono
essere classificate come
a-elica, foglietto
b o ripiegatura: numerose anse ed avvolgimenti contorti possono essere
denominati come “regioni irregolarmente strutturate”.
PROTEINE: STRUTTURA QUATERNARIA E COMPLESSI PROTEICI
L’organizzazione funzionale delle proteine può raggiungere
ancora un livello superiore: molte proteine esistono infatti nella cellula come
aggregati specifici di due o più catene polipeptidiche ripiegate, o subunità.
Tale aggregazione si identifica come la struttura quaternaria delle
proteine.
L’organizzazione quaternaria può essere di due tipi:
associazione tra catene polipeptidiche identiche o quasi (interazioni omotipiche)
e associazione tra subunità di struttura molto diversa (interazioni eterotipiche).
In entrambi i casi si ha la formazione di proteine mulitmeriche. Le
interazioni tra le subunità sono forze non covalenti tra superfici proteiche
complementari: ponti salini, legami idrogeno, forze di van der Waals,
interazioni idrofobiche e talvolta ponti disolfuro.