La dissoluzione dell’opera e il concetto di “funzione letteraria”
Nel metodo strutturale l’attenzione risulta dunque focalizzata non sull’opera in sé e per sé (considerata solamente come una delle possibili realizzazioni di una struttura profonda), ma sulle proprietà del discorso letterario che la costituisce. E così vengono a moltiplicarsi i riferimenti a quella «nuova retorica» definita anche come una «translinguistica» [Genette: 141], a una «nuova retorica della variazione» che rende possibile la rottura con il paradigma dello «sviluppo» [Barthes: 43]. L’emergere di un tale approccio, come abbiamo visto, si deve non poco all’influsso di maestri quali Lévi-Strauss e Jakobson, cui bisogna aggiungere il morfologo Propp, che ha senza dubbio a questo riguardo ispirato Barthes e Genette, ma anche gli studi successivi di Algirdas Greimas
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Da questo punto di vista, l’opera andrà considerata come un campo in cui vengono a relazionarsi in maniera sistemica grandi unità del discorso il cui senso emerge per opposizione e differenza rispetto ad altre (in maniera affine a ciò che emerge nelle analisi del mito realizzate da Lévi-Strauss). Todorov delinea un quadro piuttosto chiaro di quale trasformazione di sguardo sia qui implicata:
È così che questa scienza non si occupa più della letteratura reale, bensì della letteratura possibile, o in altre parole: di questa proprietà astratta che costituisce la singolarità del fatto letterario, la letterarietà. Scopo di questo studio non è più di articolare una parafrasi, un riassunto ragionato dell’opera concreta, ma di proporre una teoria della struttura e del funzionamento del discorso letterario [...]. L’opera si troverà così proiettata su qualcosaltro da sé, [...] ma questo qualcosaltro non sarà più una struttura eterogenea, bensì la struttura del discorso letterario stesso. [AAVV.: 108-109]
Nei termini di Genette, «ciò significa che non esiste, strettamente parlando, un oggetto letterario, ma soltanto una funzione letteraria che può investire o abbandonare di volta in volta qualunque oggetto di scrittura» [Genette: 134], e a questa affermazione sembra replicare Barthes quando definisce la scienza della letteratura come una scienza che non deve occuparsi dei contenuti, ma delle condizioni del contenuto: «ciò che l’interesserà saranno le variazioni di senso generate, e se così si può dire, generabili dalle opere: essa non interpreterà i simboli, ma solo la loro polivalenza» [Barthes: 49]. Il modello di questa scienza, ovviamente, non potrà essere che la linguistica, infatti «posto di fronte all’impossibilità di padroneggiare tutte le frasi di una lingua, il linguista accetta di stabilire un modello ipotetico di descrizione, a partire dal quale egli possa spiegare come vengono generate le infinite frasi di una lingua», [ivi] a cui sono assimilabili le opere letterarie. Queste ultime, infatti sono studiabili come «immense “frasi”» cui sottostà una definita logica significante: non si dovrà pertanto classificare l’insieme dei sensi possibili «come un ordine immobile, ma come le tracce di una immensa disposizione “operante” [...]». [ivi] Tale disposizione non è descrivibile attraverso un riferimento al piano del significato, ma attraverso un rinvio a quello del puro significante: «non ci si riferirà più ai sensi pieni dell’opera, ma viceversa al senso vuoto che li sostiene tutti». [ivi] Dal canto proprio, Genette descrive con termini differenti e minor immaginosità una configurazione sostanzialmente identica: «Questa “decezione” del senso che si cristallizza e si costituisce in oggetto di consumazione estetica è il movimento (o meglio il punto fermo) costitutivo di ogni letteratura. L’oggetto letterario non esiste che per merito suo e in compenso ne dipende in modo esclusivo» [Genette: 134].
Se Humboldt e Chomsky postulano una facoltà di linguaggio, Barthes e in generale tutta la critica strutturalista cercano di delineare quella che appare come una «facoltà di letteratura» fatta di «regole sedimentate molto al di là dell’autore, anziché di ispirazioni o di volontà personali», un’energia di parola «che non ha niente a che vedere con il “genio”».
ESERCIZI
- Secondo Genette:
- Esiste solo l’oggetto letterario, non la sua funzione
- Non esiste che un solo oggetto letterario, con la sua funzione
- Non esiste un oggetto letterario, ma solo una funzione letteraria
- Non esiste una funzione letteraria, ma solo un oggetto letterario
- La scienza della letteratura si deve occupare:
- Dei contenuti
- Delle facoltà creative dell’uomo geniale
- Delle condizioni del contenuto
- Del piano del significato
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