La pietas 
contadina è un aspetto fondamentale dell’ideale elegiaco tibulliano. Il poeta la 
esalta, e afferma di seguire scrupolosamente l’osservanza degli antichi rituali. 
Ad ogni divinità sarà offerto quanto gli spetta in proporzione alla ricchezza 
della proprietà: un tempo veniva sacrificato un vitello, ora basterà un’agnella.
  
Nam veneror, seu 
stipes habet desertus in agris
seu vetus in trivio 
florida
serta lapis,
et quodcumque mihi pomum novus educat annus,
libatum agricolae ponitur ante deo.
Flava Ceres, tibi sit nostro de rure corona                                  
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spicea, quae templi pendeat ante fores,
pomosisque ruber custos ponatur in hortis,
terreat ut saeva falce Priapus aves.
Vos quoque, felicis quondam, nunc 
pauperis agri
custodes, fertis munera vestra, Lares.                                          20
Tunc vitula innumeros lustrabat caesa iuvencos,
nunc agna exigui est hostia parva soli.
Agna cadet vobis, quam circum rustica pubes
clamet 'io messes et bona vina date'.
 
Io infatti, sia che un tronco abbandonato nei campi
o un’antica pietra nel trivio rechi corone di fiori, li 
onoro 
e ogni frutto che per me il nuovo anno produce 
viene offerto come una primizia al Dio del contadino.
O bionda Cerere, ci sia per te una corona di spighe
della nostra campagna, che penda dinanzi alla porta del tuo 
tempio, 
e Priapo, il rubicondo custode, sia posto nei giardini 
pieni di frutti, 
affinché con la temibile falce atterrisca gli uccelli.
Anche voi, o Lari, custodi di un campo un tempo
ricco, ora modesto, ricevete i doni che vi spettano.
Allora, il sacrificio di una vitella purificava 
innumerevoli giovenchi, 
ora un’agnella è vittima modesta di un piccolo podere.
Un’agnella cadrà in vostro onore e intorno ad essa
la gioventù campagnola esclami: ‘Evviva! concedete messi e 
buoni vini’ 
  
Questi versi 
(11 – 24) offrono un primo importante quadro della religione agreste cantata da 
Tibullo. In realtà, abbiamo già incontrato Marte (v. 4), generalmente 
indicato come Dio della guerra e in realtà legato al mondo agreste, non tanto 
come divinità della fertilità (come ritenevano certe superate teorie 
storico-religiose), quanto in veste di custode armato dei campi. Abbiamo anche 
già ritrovato Spes (v. 9), divinità agricola (più che personificazione 
della Speranza) festeggiata il 1° agosto nelle campagne laziali.
Ora il poeta 
fa riferimento  ad antichissimi culti di origine agricola, legati a divinità 
tutelari di cippi di legno o di pietra che segnavano i confini di proprietà e i 
crocicchi, dove spesso sorgevano tempietti dei Lares Compitales. Il cippo 
di pietra rimanda invece a Terminus, Dio dei confini dei campi la cui 
festa - durante la quale venivano poste corone di fiori e focacce sulle pietre 
di confine - cadeva il 23 febbraio (Terminalia) e che in epoca tarda fu 
associato a Giove stesso. Il culto di Termine non era limitato solo a questo giorno, come dimostrano i versi di Tibullo. Cerere, era invece rappresentata bionda come le messi (anche se l'epiteto  flava sembra essere un conio d'età augustea), 
e a lei il poeta offre una corona di spighe (En1) 
(En2) 
(Fr1) 
(Fr2) 
(Esp1) 
(Esp2) 
(Esp3). 
Questa Dea italica antichissima, festeggiata in primavera con offerte di corone 
di spighe, fu solo in un’epoca tarda assimilata alla greca Demetra, assumendo 
anche il corredo mitologico di quest’ultima.
Il poeta 
invoca poi Priàpo, Dio della fecondità, custode degli orti e dei giardini. 
Tibullo fa qui riferimento alla statua dipinta di rosso che lo rappresentava, 
scolpita in legno e dipinta di rosso, raffigurante il Dio con un falcetto a 
guardia del raccolto.
Infine, 
ritroviamo i Lari, divinità protettrici della casa e del podere, che custodivano 
un determinato luogo e tutelavano dalle minacce esterne (I1)(En1)(En2)(Fr1)(Fr2)Fr3)(Esp1). 
Essi differivano dai Penati, che erano invece le divinità tutelari di una 
famiglia (o dello Stato stesso) e non erano legate a un luogo.
  
Da questi 
versi emergono inoltre molti indizi interessanti riguardanti la religione 
romana: l’offerta di corone di fiori poste su un cippo di legno o su un’antica 
pietra, la libatio (offerta) dinanzi al Dio del contadino, l’offerta di 
corone di grano dinanzi al tempio di Cerere.  E ancora, l’offerta ai Lari, la 
lustratio (purificazione) (Esp1) 
del gregge, la festa contadina evocata dai vv. 23-24 (Fr1).
  
Nam =
la congiunzione suggerisce uno stretto rapporto 
con quanto detto in precedenza: la scrupolosa osservanza degli obblighi 
religiosi è condizione esenziale per avere la protezione divina e quindi un buon 
raccolto.
  
seu 
stipes … lapis = si noti come le allitterazioni 
e gli iperbati danno maggiore solennità alle immagini tibulliane
  
libatum 
= è participio congiunto a pomum
  
tibi 
= dativo di possesso
  
sit 
= congiuntivo esortativo come il successivo ponatur
  
nostro de 
rure = ablativo di provenienza
  
pomosis … 
in hortis = si noti come l’iperbato rende 
l’immagine di Priapo nei giardini
  
Vos 
quoque … Lares = Si noti come l’efficace 
iperbato racchiude tra essi l’invocazione a essi diretta e il chiasmo felicis 
quindam / nunc pauperis 
  
exigui … 
soli = l’iperbato sottolinea la modestia del 
podere attuale
  
io 
= esclamazione di trionfo e di buon augurio
  
  
Hic ego pastoremque meum lustrare quotannis    35
et placidam soleo spargere lacte Palem.
Adsitis, divi, neu vos e paupere mensa
dona nec e puris spernite fictilibus.
 
Qui io sono solito purificare ogni anno i miei pastori
e cospargere di latte la pacifica Pale. 
Siatemi propizi, o Dei, e non vi dispiaccia ricevere
i doni provenienti da una povera mensa o da semplici vasi 
di terracotta. 
  
Tibullo 
presenta un altro rituale: quello della purificazione dei pastori durante le 
cerimonie che si tenevano nel corso delle Palilia 
(I1). Pale era 
un’altra importante divinità agreste, e la sua festa era festeggiata ogni anno 
il 21 aprile (data che poi coinciderà con il Natale di Roma). Durante questa 
festa si svolgevano suggestivi riti di purificazione che culminavano 
nell’accensione di fuochi  che i pastori e il bestiame dovevano attraversare tre 
volte.
Tibullo 
richiama la cerimonia dell’aspersione con il latte della statua di Pale e 
inoltre fa riferimento al rito quotidiano che ogni Romano celebrava offendo una 
parte della propria mensa nei pressi del Lararium (Fr1)(Fr2).
  
Hic 
= avverbio di stato in luogo
  
pastorem 
meum = singolare collettivo
  
Placidam 
.. Palem  =  si noti come l’iperbato rende 
solenne l’espressione 
  
Adsitis 
= congiuntivo esortativo che rende l’idea della richiesta della presenza divina 
fatta dal poeta
  
e paupere mensa,  e 
puris … fictilibus 
= ablativi di provenienza. Queste espressioni sottolineano il concetto che agli 
Dei è gradita la semplicità del vasellame di terracotta. 
 
 
ESERCIZI
·       
Elencare i termini, i verbi e le espressioni legate alla sfera religiosa, 
quindi provare ad organizzarli in una mappa concettuale
·       
Individuare le figure divine incontrate e fornirne una breve descrizione, 
provando quindi a creare, partendo da queste, delle semplici frasi in latino