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La tradizione manoscritta ci ha
conservato una raccolta di poesie (tutte, tranne una, in distici elegiaci)
suddivise in tre libri e attribuite a un poeta di nome Tibullo. Questa silloge
è stata definita dagli studiosi Corpus
Tibullianum; essa include nel III libro componimenti certamente spurii,
insieme ad altri di paternità incerta. (Lat1)
(Lat2) (En1)
(Fr1) (Fr2)
(Esp1)
Il I libro include dieci ampie
elegie, di argomento prevalentemente amoroso: la metà di esse (I, II, III, V,
VI) hanno infatti richiami alla donna amata da Tibullo, che il poeta canta sotto
lo pseudonimo di Delia, mentre tre si riferiscono al giovinetto Màrato,
anch’egli amato dal poeta; ad esse si affiancano un’elegia composta per il
compleanno di Messalla e una in cui si celebra la vita agreste e si deplora la
guerra.
Nelle elegie per Delia si
ritrovano molti motivi ricorrenti nella poesia d’amore precedente (soprattutto
l’epigramma greco) e contemporanea (le elegie properziane). Tuttavia il poeta
fonde con tali temi motivi a lui molto cari, quali l’esaltazione della vita
dei campi e l’elogio della pace.
Il II libro comprende sei carmi.
Nel primo ritorna l’esaltazione della vita agreste con la
descrizione della festa rurale degli Ambarvalia (I1)
(Esp2),
mentre il compleanno dell’amico Cornuto e l’ingresso del figlio di Messalla,
Messalino, in un collegio sacerdotale costituiscono l’occasione della II e
della V elegia. La metà delle elegie è invece dedicata alla donna che
sostituisce Delia nel cuore del poeta, Nèmesi.
Gli stessi componimenti di
incerta attribuzione del III libro sono incentrati ancora una volta sul tema
amoroso.