Poetica strutturale
Le analisi di Jakobson relative alla funzione poetica
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rimangono, anche dopo l’esaurimento dell’impeto strutturalista, un punto fermo dell’approccio linguistico e semiologico rivolto agli studi letterari. In particolare, nei Saggi di linguistica generale, l’attenzione di Jakobson si concentra sui meccanismi di produzione del messaggio estetico, osservando che «l’accento posto sul messaggio per se stesso costituisce la funzione poetica del linguaggio» [Jakobson: 189]. A questa prima annotazione dobbiamo aggiungerne una seconda: «il predominio della funzione poetica rispetto a quella referenziale non annulla il riferimento, ma lo rende ambiguo» [Jakobson: 209]. Autoreferenzialità e ambiguità costituiscono dunque le caratteristiche fondamentali del linguaggio quando ne viene attivata la funzionalità estetica, e tali caratteristiche risultano strettamente connesse.
La focalizzazione sul messaggio implica infatti la messa fuori fuoco (ma non, dunque, un semplice annullamento) del meccanismo di referenzialità esterna, per cui di fronte a una poesia non ci poniamo come di fronte a un enunciato informativo. Ossia, non oltrepassiamo direttamente il messaggio in direzione della realtà da esso significata, come, ad esempio, nel caso di un enunciato del tipo: “il bicchiere è sul tavolo”. Piuttosto, ci concentriamo sulle sue caratteristiche formali, sul modo in cui l’enunciato viene espresso. La forma poetica infatti ci indirizza proprio in questa direzione, generando in noi una sorta di esitazione circa il significato ultimo del messaggio. Assonanze, rime, allitterazioni, tutti i meccanismi di ripetizione [Jakobson: 205], figure retoriche, un uso particolare del lessico, la costruzione della frase ecc., conducono il lettore a «percepire il linguaggio in se stesso, e non come un semplice sostituto delle cose o delle idee» [Todorov: 383]. Di qui, l’ambiguità di un messaggio che, pur conservando la possibilità di una referenzialità esterna, risulta opaco e di difficile decodificazione, poiché si apre a una molteplicità di significati potenzialmente indefinita.
Un ulteriore contributo di Jakobson è rappresentato dall’individuazione di una polarità essenziale propria dei processi di costruzione linguistica. Partendo dalla constatazione di come nell’afasia
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(una patologia legata all’incapacità o difficoltà di articolare discorso) le devianze oscillino tra un’alterazione relativa alla contiguità e una relativa alla somiglianza dei termini che ci rendono possibile la costruzione di una frase, Jakobson procede a una comparazione tra queste due direzioni patologiche e i due dispositivi retorici che hanno conquistato un ruolo predominante nella tradizione letteraria: metonimia e metafora. I distinti processi alla base di queste figure (scambio per contiguità e scambio per analogia o somiglianza) sono d’importanza fondamentale in ogni processo simbolico messo in atto dall’uomo e si possono riscontrare sia a livello della comunicazione verbale che extraverbale. Ma ancor più rilevante è che questi non risultino circoscritti unicamente al piano dell’espressione singola, bensì estendano il loro influsso a livello di unità più vaste e comprensive. Abbiamo in effetti a che vedere con un vero e proprio trasferimento delle caratteristiche specifiche di queste due figure a totalità discorsive determinate, ovvero con una «proiezione delle categorie verbali» all’interno di strutture più estese e articolate, di «unità transfrastiche» [Torodov: 386]. Osservando tale proiezione è dunque possibile ricostruire le dinamiche genetiche interne proprie agli apparati testuali e materiali che caratterizzano movimenti letterari, artistici, nonché, addirittura, interi generi.
Così, nel romanticismo e nel simbolismo è il processo metaforico -ciò che Freud, nella sua analisi dei meccanismi onirici, ha descritto in termini di identificazione e simbolismo- a tenere le redini dello sviluppo e dell’organizzazione testuale. Le correnti più realistiche, scrive Jakobson, scaturiscono invece da un’organizzazione prevalentemente metonimica –da una dinamica di sostituzioni e slittamenti coincidente sostanzialmente con quella operante nello spostamento e nella condensazione freudiani-. Tale duplicità è riscontrabile, come abbiamo detto, anche all’interno di strutture non verbali, in pittura (il cubismo è metonimico, il surrealismo metaforico) o nel cinema (il montaggio di Griffith è metonimico, quello di Chaplin metaforico) per esempio. Ma anche là dove di consueto la linguistica depone i suoi strumenti per cedere il passo all’estetica, ossia nella definizione dei generi in cui si suddivide (e si costituisce) l’intera tradizione letteraria. Così, i risultati ottenuti consentono a Jakobson di estendere ulteriormente questo principio e di decretare: «la metafora per la poesia e la metonimia per la prosa costituiscono la linea di minima resistenza» [Jakobson: 45]. Ovvero, il discorso poetico rivela una tendenza congenita a costituirsi come discorso metaforico (non è dunque un caso che romanticismo e simbolismo abbiano concentrato nello sforzo poetico pressoché tutte le loro energie), mentre il discorso in prosa tende in maniera altrettanto spontanea ad organizzarsi metonimicamente. Si tratta in effetti di osservare da un lato come il linguaggio poetico venga costruendosi tramite metaforizzazioni, ossia trasferimenti di significato che coinvolgono termini ed espressioni legati da un certo grado di somiglianza ma appartenenti a campi semantici distanti (ad esempio, in Soldati di Ungaretti
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, attraverso l’immagine della caduta delle foglie in autunno viene a emergere quella dell’uccisione -della caduta- dei soldati in battaglia). Il linguaggio di stampo più narrativo, viceversa, segue la linea delle relazioni di contiguità, il testo viene costituendosi attraverso digressioni metonimiche che, spiega Jakobson, conducono dalla trama all’atmosfera, e dai personaggi alla collocazione spaziale e temporale.
L’opera di Jakobson ci consegna dunque un patrimonio eccezionalmente ampio di intuizioni, categorizzazioni, riflessioni sul linguaggio e sul rapporto che questo intrattiene con l’uomo e il suo mondo. Lo strutturalismo ha tratto dai suoi studi non soltanto ispirazioni, ma ha saputo servirsi creativamente dell’elaborato impianto metodologico in essi proposto. Rimane da notare, tuttavia, come, nonostante il manifesto interesse per uno sguardo “strutturale” sui discorsi e le attività creative dell’uomo, Jakobson si sia mostrato orientato a cogliere questi movimenti più all’interno di una dinamica generale dei segni, ovvero di quella che si avvia a diventare una “semiotica generale”. Una dinamica aperta, che trova la propria ragion d’essere nella considerazione dell’inscindibilità del rapporto tra struttura e evento discorsivo, tra sincronica e diacronica, senza cadere nella trappola di un’ammaliante ma forse troppo rapida ipostatizzazione di un apparato metodologico.
ESERCIZI
- Quali sono le caratteristiche fondamentali del linguaggio?
- Quali meccanismi retorici hanno un'enorme importanza nella tradizione letteraria? Perchè?
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