La metafora dell'atomo
La grammatica valenziale si è sviluppata ad opera di Lucien
Tesnière [I1]
[I2] [E], [ES]
- Éléments de
syntaxe structurale (1959) - che ha avuto il merito di
aprire un ramo del tutto originale della linguistica con elevate
possibilità di applicazione nella prassi didattica.
Utilizzando il linguaggio mutuato dalla chimica, la grammatica
valenziale - grammatica delle dipendenze - è tutta sviluppata attorno alla
parola per eccellenza, il verbo.
Il verbo è come l'atomo: alcuni atomi hanno bisogno di saturare le loro
valenze per acquisire la struttura di molecola, che è il più piccolo insieme di
atomi aggregati da legami chimici capace di conservare le proprietà
dell'elemento.
I verbi, al pari degli atomi, vengono distinti in base alla loro capacità di
saturazione; la valenza è il legame che il verbo instaura con altri elementi
della frase per poter completare il proprio significato.
Ad esempio, il verbo correre è un verbo ad una sola valenza: ha bisogno di un
solo elemento, il soggetto, per acquisire una struttura molecolare.
I verbi che indicano condizioni meteorologiche sono avalenti, o zerovalenti,
poiché non hanno un soggetto, sono verbi impersonali.
Insomma, secondo questa concezione, i verbi vengono semplicemente
classificati in cinque categorie, giacché sembra che la mente umana non riesca a
sostenere un numero maggiore di quattro valenze; a seconda della loro necessità
di aggregazione con altri elementi - chiamati argomenti - abbiamo verbi avalenti,
monovalenti, bivalenti, trivalenti, tetravalenti.
La metafora teatrale
Ancora, Tesnière, con altro genere di metafora, chiamava
il verbo "attore": come il protagonista di un dramma, il verbo calca la scena
certo di attrarre l'attenzione del pubblico. Nell'esecuzione dell'azione
teatrale, l'attore ha bisogno di "attanti", di personaggi che lo sostengono
nella rappresentazione. A seconda dell' "azione" che l' "attore" deve
rappresentare, sarà chiamato sul palco un certo numero di "attanti".
Quando si ragiona sulla struttura della proposizione si parte dal verbo, dal
suo significato.
Così, il verbo "ridere" chiama sulla scena un solo attante, il soggetto; il
verbo "guardare", due attanti, il soggetto e il complemento oggetto, il verbo
"dare" tre - io do una cosa a qualcuno - il verbo "tradurre" quattro - io
traduco una lettera dall'inglese all'italiano.
Tra gli aspetti didatticamente utili abbiamo sperimentato che con simile
approccio:
-
si sottolinea con vigore e con grande forza icastica la
centralità del
verbo nella frase
-
l'espressione testuale viene recepita dagli studenti come
l'intersezione
del livello morfologico, di quello sintattico e di quello semantico
-
gli studenti colgono rapidamente la differenza tra complementi diretti e
complementi indiretti e ragionano appropriatamente sulla sintassi della frase,
invece che applicare ad essa discutibili categorie logiche
-
si utilizza il metodo induttivo e si attiva un processo di
apprendimento
significativo.
Domande-chiave per la verifica
-
Quali sono le due metafore del modello
valenziale?
-
Qual è l'elemento centrale dell'analisi
della frase?
-
Quali vantaggi comporta sul piano
didattico il modello di Tesnière?