I rapporti lingua e
società
La sociolinguistica [I1] [I2] [I3] [ES] [F1] [F2]
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è una disciplina che si occupa dei fenomeni linguistici dal
punto di vista della dimensione sociale, studia cioè la lingua non come sistema
astratto o codice immutabile, ma si concentra sulle concrete realizzazioni
linguistiche derivanti dall’uso.
Nel
Dizionario di linguistica diretto da Gian Luigi Beccaria (1), Tullio
Tellmon spiega che, nel 1970, lo studioso Fishman attribuì alla sociolinguistica
il compito di riadattare le ““quattro W doppie” del giornalismo: who speaks
what language to whom and when (chi parla, quale lingua, a chi e quando)”
(2) e poco dopo Gaetano Berruto “propose di aggiungere, per completare
l’individuazione degli scopi di ” questa disciplina, “le domande “come”,
“perchè” e “dove”.”(3)
Ogni
lingua storico – naturale, pur mantenendo un nucleo comune che non cambia, si
modifica in relazione:
-
al
tempo: variazione diacronica
-
allo
spazio: variazione diatopica
-
alla
situazione: variazione diafasica
-
alla
stratificazione sociale: variazione diastratica
-
al mezzo
o canale: variazione diamesica.
La variazione
diacronica riguarda i cambiamenti avvenuti all’interno di una lingua con il
trascorrere del tempo, infatti questa espressione deriva dal greco
dia+chronos, che significa “attraverso il tempo”.
Vengono
chiamate diatopiche quelle variazioni nell’elaborazione degli enunciati
linguistici che dipendono dalla zona geografica di provenienza del parlante. Si
tratta della categoria più tipica della differenziazione linguistica.
Facendo
riferimento alla lingua italiana si possono considerare come esempi i diversi
italiani regionali che risultano marcati, rispetto all’italiano standard,
soprattutto nella pronuncia, ma anche nell’ambito della morfosintassi.
Le
variazioni linguistiche possono essere anche legate alle funzioni attribuite ad
un enunciato (varietà funzionali) e alla situazione (varietà situazionali o
contestuali) in cui si svolge l’interazione linguistica; si parla in questi casi
di variazione diafasica. In relazione all’interlocutore e al contesto
(cioè alla situazione comunicativa), ad esempio, una persona, con un buon
livello di competenza linguistica, userà registri differenti (diversi gradi di
elaborazione formale e un determinato lessico) per esprimere uno stesso
contenuto.
Le
variazioni del codice linguistico possono, però, essere condizionate non solo
dal contesto d’uso, ma anche dall’argomento del messaggio, ad esempio attraverso
l’utilizzo di sottocodici e i gerghi.
Si parla
di sottocodice in riferimento a linguaggi particolari che vengono usati da
alcune discipline specialistiche o in settori specifici dell’attività dell’uomo.
I sottocodici non esulano dalle regole generali della lingua, ma si servono di
elementi in più, solitamente in ambito lessicale, che non vengono normalmente
usati nell’interazione linguistica quotidiana.
I gerghi
non si limitano ad ampliare il lessico di una lingua, ma sono“vere e proprie
manipolazioni e storture del nesso significante - significato”(4)
Il variare
della lingua in relazione alla diversità e alla stratificazione socio –
culturale dei parlanti viene definito variazione diastratica.
Tullio
Telmon, confrontando diafasia e diastratia nel dizionario citato in precedenza,
fa notare che “mentre le varietà sociali o diastratiche appartengono al livello
macrosociolinguistico, quelli diafasiche riguardano le singole interazioni tra
individui e sono perciò oggetto di analisi microsociolinguistica” (5)
La
variazione diamesica si riferisce a quegli aspetti, rilevabili in differenti
realizzazioni linguistiche, che risultano legati al mezzo impiegato (scritto,
parlato, trasmesso). Ad esempio, nell’italiano parlato, è possibile riscontrare
talvolta l’alterazione dell’ordine dato – nuovo della struttura informativa di
una frase al fine di ottenere effetti comunicativi particolari.
Per
comprendere meglio quanto affermato può essere utile riflettere sulle diversità
tra il livello della scrittura e il livello dell’oralità. L’esperienza
quotidiana permette di affermare che gli atti comunicativi ufficiali, ad
esempio, sono di norma scritti. Lo scritto, infatti, è solitamente
caratterizzato da una struttura formale più complessa e articolata se
confrontata a quella tipica del parlato. Questa differenza può essere legata
alla possibilità, offerta dal testo scritto, di rivedere più volte ed
eventualmente modificare quanto elaborato dopo la sua stesura, ciò non può
avvenire nell’enunciazione orale. Questa caratteristica rende inoltre lo scritto
un mezzo adatto alla formulazione e trasmissione di contenuti complessi, poiché
il lettore può, ad esempio, rileggere quante volte desidera i nuclei tematici
che risultano più difficili.
D’altra
parte nella comunicazione orale, un parlante può servirsi nell’elaborare un
enunciato linguistico di apporti inferenziali ed interpretativi che
l’interlocutore potrà desumere dal contesto in cui avviene lo scambio
comunicativo (si veda a questo proposito la parte relativa alla pragmatica).
Inoltre la comunicazione orale può usare elementi extralinguistici quali il tono
della voce e la gestualità, che non risultano accessibili a chi si serve del
mezzo scritto.
Lo
studioso Gaetano Berruto, in riferimento alla lingua italiana, ha indicato
(1987) tra le varietà prevalentemente scritte l’italiano formale aulico, quello
burocratico e quello letterario, mentre ha collocato tra le varietà
prevalentemente orali l’italiano regionale, l’informale trascurato, il parlato
colloquiale.
Una
suddivisione di questo tipo può essere modificata dalla recente introduzione di
nuovi mezzi di comunicazione quali posta elettronica, sms, chat-line che usano
il mezzo della scrittura (elettronica) ma mostrano, nello stesso tempo, alcuni
aspetti tipici dell’oralità. Questa nuova categoria viene chiamata da Elisabetta
Mauroni (vedere sitografia) il “trasmesso”.
In
riferimento a quanto scritto in precedenza, all’interno di una più ampia
competenza linguistico – comunicativa, può essere definita competenza
sociolinguistica di un parlante il saper usare una lingua e i diversi
registri linguistici a livello diastratico e diamesico, essere cioè capaci di
selezionare la varietà di lingua più adatta alle diverse situazioni
comunicative.
Domande-chiave di
valutazione
-
Quali sono le varietà
linguistiche?
-
Può esistere una
lingua socialmente non marcata?
-
La competenza
sociolinguistica può costituire la competenza comunicativa per eccellenza?
Per un
ulteriore approfondimento
(1)
Dizionario di linguistica,
diretto da Gian Luigi Beccarla,
Giulio Einaudi editore, Torino, 1996
(2)
Op. cit., pag. 676.
(3)
Op. cit., pag. 676.
(4)
Cecilia Adorno, Paola Ribotta, Insegnare e imparare la grammatica,
paravia scriptorium, pag.139
(5)Dizionario di linguistica, op. cit.,
pag. 217.