Celle al silicio
La cella fotovoltaica tradizionale [E2] [E3]
[F2]
e' composta da un semiconduttore: gli elettroni del lato p del semiconduttore, posti al sole vengono eccitati ed il Sole fornisce l'energia per spingere l'elettrone dalle bassa banda di valenza (nella quale e' legato agli atomi) alla piu' elevata banda di conduzione, dove e' libero di muoversi lungo il materiale.
Fluendo dal lato p a quello n, gli elettroni perdono energia muovendosi lungo il circuito esterno alla cella che li riimmette nel lato p, dove possono ricombinarsi con le lacune della banda di valenza che avevano lasciato: in questo modo la luce solare crea una corrente elettrica.
In ogni semiconduttore, solo i fotoni con energia uguale o superiore alla bandgap contribuiscono alla corrente. Nel caso del silicio, la maggior parte dello spettro visibile, dal rosso al violetto, ha energia sufficiente perche' cio' avvenga.
Sfortunatamente, i fotoni piu' energetici hanno molta piu' energia di quanta necessaria e la maggior parte di questa viene dispersa come calore. Inoltre, per avere una buona probabilita' di catturare un fotone nel lato p, questo deve essere piuttosto spesso ma cio' aumenta anche le possibilita' per un elettrone di incontrare una lacuna nel materiale, prima di raggiungere la giunzione p-n. Questi effetti producono un limite superiore all'efficienza delle celle al silicio, attorno al 12-15 % per quelle commerciali e 25% per i modelli migliori testati in laboratorio.
Finora il problema principale e' stato il costo di tali celle: e' necessario uno strato spesso di silicio per avere una cattura apprezzabile di fotoni, ma il silicio e' una materia prima costosa, soprattutto in rapporto alle larghe superfici da destinare al solare.
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