EPIGRAMMA I, 79, IL FACCENDONE: LA GIORNATA DEL CITTADINO ROMANO
Il protagonista del componimento che segue (79° del 1° libro) è il faccendone Attalo, che non riesce assolutamente a vivere con tranquillità, ma trova sempre il modo di impegnarsi in qualche occupazione. Leggendo il componimento, ci si rende conto che la ripetizione insistente del nome Attalo (quattro volte, una per ogni verso) dà l’idea dell’ansia da cui doveva essere caratterizzato quest’individuo, costantemente e irriducibilmente indaffarato: a costui Marziale consiglia, nella chiusa "ad effetto", di "farsi fuori" (nel senso di uccidersi), se non può "fare cause", "fare affari", "fare il mulattiere" (l’epigramma è tutto giocato sui vari significati che il verbo agere, "fare", assume a seconda del termine a cui si unisce). Abbiamo dunque qui un efficace esempio di fulmen in clausula, che spesso caratterizza i componimenti del poeta, ovvero la battuta conclusiva inattesa, sferzante come un fulmine a ciel sereno.
Semper agis causas et res agis, Attale, semper: /
est, non est quod agas, Attale, semper agis. /
Si res et causae desunt, agis, Attale, mulas. /
Attale, ne quod agas desit, agas animam.
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Discuti sempre cause e sbrighi sempre affari,
Attalo: ci sia o non ci sia qualcosa da fare,
Attalo, fai sempre qualcosa. Se mancano affari e cause, Attalo, fai il mulattiere. Attalo, perché non ti manchi qualcosa da fare, fatti fuori.
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Agis causas et res agis, "discuti cause in tribunale e sbrighi affari": la trattazione di affari e cause era un’attività mattutina. Il cittadino romano si svegliava all'alba [I1] [E1] [Es1]
e consumava una frugale colazione. Si recava poi dal barbiere, mentre la donna (di ceto elevato) restava a casa per sottoporsi ad una complessa operazione di trucco e acconciatura secondo la moda. Dopo il barbiere, l'uomo svolgeva i suoi doveri di cliente, andando a rendere omaggio al protettore per ricevere, in cambio, un aiuto materiale in denaro o un cestino contenente vettovaglie: così, i più umili moltiplicavano le visite di ossequio per accumulare donativi, ma anche i più ricchi non erano esentati dall'andare a salutare coloro che erano più potenti di loro. Dopo le visite di rito, coloro che vivevano del proprio lavoro, come commercianti, artigiani, operai, vi si dedicavano per circa sette ore in estate e sei in inverno. Ma vi erano anche numerosissimi disoccupati, che vivevano di sovvenzioni pubbliche. Gli individui appartenenti alle classi più elevate, invece, si dedicavano alle sedute in Senato, alle cause in tribunale (in qualità di avvocati, giudici o parti lese), alle occasioni culturali, come le già citate letture pubbliche, cui partecipavano come uditori o autori.
Dopo il pasto frettoloso di mezzogiorno, ci si dedicava al passeggio, alle ricreazioni lecite e illecite (giochi d'azzardo), agli acquisti alimentari. Anche le donne uscivano a passeggio, in visita alle amiche o per assistere a spettacoli. Un appuntamento fisso era rappresentato dalle terme, frequentate da individui di ogni età, sesso e condizione sociale: esse comprendevano vari tipi di bagni, ma anche palestre, saloni di massaggio, riposo e conversazione, e inoltre giardini, biblioteche, musei; oltre alla finalità igienico-sanitaria, offrivano dunque anche irrinunciabili occasioni di incontro e socializzazione. Dopo la chiusura delle terme, i Romani consumavano l'unico varo e proprio pasto della giornata, la cena.
Nei giorni di festa la maggior parte della giornata era dedicata agli spettacoli: le corse di cavalli e di carri, le rappresentazioni teatrali, i combattimenti di gladiatori tra loro o contro le belve feroci.
Esercizi
- Gli epigrammi di Marziale sono caratterizzati da uno schema bipartito. Individua le due parti da cui è costituito questo epigramma: come si definisce la seconda parte?
- Come si svolgeva la giornata di un antico cittadino romano? Era più o meno impegnativa rispetto a quella di un adulto del paese in cui vivi? Motiva la tua risposta.
9/15
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