Le malattie multifattoriali
Molti caratteri normali, come l'altezza, il colore dei capelli e degli occhi,
l'intelligenza, il valore della pressione arteriosa e molti altri, pur essendo
influenzati in maniera importante dall'eredità, non sono tuttavia riconducibili
ai classici schemi della trasmissione mendeliana. Questi caratteri hanno in
genere due caratteristiche in comune: quella di essere di tipo continuo,
cioè raggruppabili in curve di frequenza di tipo unimodale, e quella di essere
influenzati, spesso in misura decisiva, da fattori ambientali. Si ammette
pertanto che la loro base ereditaria sia costituita non da singoli geni, ma da
un complesso di geni non allelici, distribuiti largamente nel genoma e aventi
influenze strutturali diverse, i quali tutti, interagendo con l'ambiente, sia
durante lo sviluppo intrauterino che dopo la nascita, contribuiscono a
determinare il fenotipo. Questo modello di eredità prende il nome di eredità
multifattoriale o poligenica.
In patologia umana l'equivalente di questa situazione è rappresentato da un
gruppo di malattie, alcune molto frequenti come il diabete mellito non insulino-dipendente, la gotta, l'ipertensione arteriosa, l'ipercolesterolemia,
l'aterosclerosi, l'ipersensibilità atopica, la schizofrenia e varie altre
malattie psichiatriche. Di tutte queste malattie l'ereditarietà è dimostrata sia
dalla più frequente ricorrenza in certe famiglie, che dalla concordanza maggiore
o minore in coppie di gemelli monozigotici, senza che tuttavia sia possibile
precisare un modello di segregazione mendeliana. Per molte di queste patologie
viene spesso usato il termine di "familiari", uno dei tanti termini che, proprio
per la loro indeterminatezza, tanta fortuna hanno avuto in passato nelle scienze
mediche. Si noti che molte di queste malattie condividono con i caratteri
normali che abbiamo prima esemplificato le due proprietà, di essere più o meno
fortemente influenzate nella loro espressione da fattori ambientali, e di
presentarsi come caratteri di tipo continuo, esprimibili con curve per lo più di
tipo unimodale.
Il modello poligenico per queste malattie sta del resto emergendo in maniera
sempre più chiara dai progressi nella mappatura del genoma umano: in una recente
rassegna sono enumerati una cinquantina di geni, mappati su molti cromosomi,
quali responsabili della ereditarietà del diabete non insulino-dipendente.
Il modello teorico che meglio consente di definire i rapporti tra i numerosi,
spesso numerosissimi, geni implicati in queste malattie, ed i fattori ambientali
che concorrono a determinare il fenotipo patologico e la gravità della sua
espressione, è quello della eredità multifattoriale a soglia. Ammettendo che per
la manifestazione del fenotipo patologico sia necessario un certo numero di geni
"sfavorevoli" perché fattori ambientali, del pari "sfavorevoli", possano
aggiungere il loro effetto, con l'aumento del numero di questi geni presenti in
un determinato individuo aumenta il rischio di malattia fino a che, superato un
certo numero, cioè una "soglia", la malattia si manifesta. In questo caso sarà
proprio la valenza dei fattori ambientali a determinare l'espressione, cioè la
gravità della malattia. I consanguinei di primo grado dei malati, che mediamente
hanno con questi il 50% dei geni in comune, avranno pertanto un numero di geni
sfavorevoli intermedio tra quello dei malati e quello della popolazione
generale; lo spostamento della loro curva unimodale verso la zona dei malati,
calcolabile matematicamente, porta ad una percentuale teorica di rischio, che
corrisponde abbastanza bene con quella osservata per molte malattie di questo
gruppo.
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