ELISABETH BARRETT BROWNING (1806-1861)
Elizabeth Barrett [E19] [F8] [I4] [D5] era figlia di un facoltoso possidente della Giamaica, nacque a Durham, Inghilterra e morì a Firenze. Cominciò presto a mettere per iscritto i suoi pensieri e nel 1826 apparve il suo volume “An Essay on Mind and Other Poems” (“Saggio sulla mente ed altre poesie”), pubblicato anonimo; come prodotto di una giovane di vent'anni, quest'opera è notevole, ma, anni dopo la sua autrice ne fu così insoddisfatta che la omise dalle edizioni complete delle sue poesie.
Nel 1833 tradusse il “Prometheus Bound” (“Il Prometeo legato”) di Eschilo. Nel “Seraphini and other Poems” (1838 - “I Serafini ed altre poesie”) il pezzo principale è un dramma lirico che simboleggia i sentimenti e le emozioni che si pensa possano sorgere in un essere angelico dallo spettacolo della crocifissione. Sia in questo che nel suo successivo lavoro “The Drama of Exile” (1840 - “Il dramma dell'esilio”) Elizabeth Barrett scelse come tema la caduta e la redenzione dell'uomo, già trattato da John Milton, sul quale Elizabeth Barrett, pur mostrando grandezza, non raggiunse mai il genio di Milton.
Sempre debole di salute fu portata quasi alla tomba per la rottura di un vaso sanguigno. Un altro grave episodio sconvolse la vita della scrittrice, la morte per annegamento di un fratello.
Elizabeth Barrett visse per parecchi anni quasi completamente segregata come malata inguaribile, studiando i classici e componendo versi ed il suo genio poetico crebbe di anno in anno in profondità, intensità ed originalità. Ad una corrispondenza con Robert Browing [I5], nata da una mutua ammirazione [E18], seguì l'amore e il matrimonio, all'insaputa del padre di lei. Il matrimonio ridonò in parte la salute alla poetessa che con marito partì per l'Italia e si stabilì a Firenze, a Casa Guidi, per il resto della sua vita.
La fama e la voga della Browning furono grandi fra i suoi contemporanei ed il suo nome è caro agli italiani. Ella studiò molto i classici greci, nelle versioni originali in greco antico, li amò molto, ma ne trasse poco giovamento per i propri versi, difettosi nella tecnica, prolissi e spesso goffi concettualmente.
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