Pasteur e la pastorizzazione di Renato Gialluca (renatogialluca@yahoo.it), Micol Annovazzi (micol.annovazzi@gmail.com), Germana Panattaro (panattaro@libero.it)

studi di Pasteur sulla fermentazione del vino

Pasteur e gli studi sulla fermentazione del vino Pasteur [ IT 002 IT 003 ] e gli studi sulla fermentazione del vino

Quando insegnava all’Università di Lille, Pasteur si domandò quale fosse il ruolo dell’aria sui vini, in seguito alla richiesta, da parte di un industriale, padre di uno dei suoi allievi, di studiare i processi fermentativi che stavano danneggiando la sua produzione.
L’interesse di P. per i problemi relativi alla fermentazione del vino e della birra, venne richiesto anche dall’ Imperatore Napoleone III tramite un suo aiutante da campo, in quanto l’economia francese si basava sull’agricoltura ed era piuttosto sensibile all’andamento della produzione del vino e della birra, infatti le cattive annate, che da un certo periodo si stavano ripetendo, avevano ripercussioni piuttosto pesanti sull’andamento dell’economia francese [ FR 008 FR 009 FR 010].
Per studiare meglio il processo di vinificazione ed essere completamente indipendente, Pasteur acquistò una vigna.  Seguì, senza vincoli, tutte le fasi della vinificazione [ IT 015 IT016], al fine di individuare quali fossero i passaggi critici in cui potevano verificarsi i problemi a cui egli cercava di porre rimedio.
P. iniziò la sua ricerca basandosi sul lavoro di un italiano, Adamo Fabbroni, che nel 1787 pubblicò “Ragionamento sull’arte di far vino”. Fabbroni, sfruttando il microscopio inventato da Van Leeuwenhoek, aveva osservato che i lieviti sono vivi e sono in grado di indurre la fermentazione nei corpi nei quali essi venivano mescolati. Questa osservazione portò P. ad iniziare il suo lavoro ricercando sin da subito fattori di tipo microbico indirizzando le sue ricerche in questa direzione.
P. individuò i microbi [ IT 004] coinvolti nella fermentazione e li chiamò  “fermenti”.  Si rese conto di come, sia per la produzione di alcool, sia per la fermentazione lattica, fosse necessario un ambiente anaerobio, pertanto il fermento coinvolto doveva essere un microbo in grado di vivere e riprodursi in assenza di ossigeno. Inoltre capì che diversi processi fermentativi, erano coinvolti microrganismi diversi, in grado di svolgere trasformazioni specifiche, per cui si rendeva quindi necessario favorire lo sviluppo del tipo di microrganismo in grado di dare la trasformazione desiderata.[ FR 016]
P. studiò varie problematiche ed individuò diverse procedure di intervento, oggigiorno alcune di esse sono state abbandonate, ma in molti casi le procedure odierne sono state ottenute dalla modifica delle sue. In particolare per ciò che riguarda il processo di trattamento termico per la conservazione degli alimenti, P. lo ottimizzò a partire dagli studi di Nicolas Appert, un cuoco francese che aveva messo a punto tale metodo, su ordine di Napoleone nel 1810, per conservare derrate alimentari destinate alle truppe francesi.
P. si concentrò su questo metodo proprio per il trattamento dei vini e stabilì i punti fondamentali del metodo: scaldare il vino in assenza di aria per pochi minuti tra i 60 e i 100 °C.
P., a differenza di Appert, comprese il vero ruolo del trattamento termico e in che modo esso riusciva a prevenire l’alterazione degli alimenti, infatti si rese conto che con il calore era possibile contrastare lo sviluppo dei microrganismi, chiamò tale metodo “pastorizzazione”.


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