Copernico - De hypothesibus motuum coelestium commentariolus
Copernico - De hypothesibus motuum coelestium commentariolus
L’astronomo polacco Niklas Kopperlingk EN1 FR1 ES1 (1473-1543) latinizzò il suo nome in Copernicus. Quel nome è diventato, nell’era moderna, il simbolo stesso di una grande svolta del pensiero, L’atto di nascita di una nuova età e di una rivoluzione intellettuale. Niccolò Copernico, come è stato più volte sottolineato, non assunse, né nella sua vita né nelle sue opere, alcun atteggiamento pioneristico o rivoluzionario. Ritenne, da buon umanista, che la possibilità stessa di un nuovo metodo di calcolo dei moti delle sfere (capace di porre fine all’incertezza degli astronomi) andasse prima di tutto ricercata nei testi filosofici antichi. Fu estremamente cauto e esitante. Ebbe preoccupazioni notevoli circa il “disprezzo” che la sua strana e inusitata dottrina sul moto della Terra poteva suscitare nel mondo degli ecclesiastici e dei professori universitari. Scrisse la sua opera maggiore, il De revolutionibus orbium coelestium (1543), in continuo parallelismo con l’Almagesto di Tolomeo seguendo libro per libro e sezione per sezione.
Copernico era nato a Torun (in tedesco Thorn) sulla Vistola, in una città che era passata nel 1466 sotto la sovranità dei re di Polonia.
Negli anni fra il 1507 e il 1512 (ma su queste date gli specialisti hanno opinioni contrastanti), Copernico aveva steso un De hypothesibus motuum coelestium commentariolus. In esso venivano presentate le sette petitiones che dovevano dare luogo a una nuova astronomia:
1. Non esiste un solo centro di tutti gli orbi celesti o sfere (ci sono, a differenza che in Tolomeo, due entri di rotazione: la Terra che è il centro di rotazione della Luna, il Sole che è il centro di rotazione degli altri pianeti);
2. Il centro della Terra non coincide con il centro dell’universo, ma solo con il centro della gravità e della sfera della Luna (questa petitio riapriva il problema della gravità);
3. Tutte le sfere ruotano attorno al Sole (che è dunque eccentrico rispetto al centro dell’universo);
4. Il rapporto fra la distanza Terra-Sole e l’altezza del firmamento è minore del rapporto fra il raggio terrestre e la distanza Terra-Sole. Quest’ultima è peraltro impercettibile in rapporto all’altezza del firmamento (se l’universo ha così grandi dimensioni, non avverrà che il moto della Terra dia luogo ad un moto apparente delle stelle fisse);
5. Tutti i moti che appaiono nel firmamento non derivano da moti del firmamento, ma dal moto della Terra. Il firmamento rimane immobile, mentre la Terra con gli elementi a lei più vicini (l’atmosfera e le acque della sua superficie) compie una completa rotazione sui suoi poli fissi in un moto diurno;
6. Ciò che ci appare come movimenti del Sole non deriva dal suo moto, ma dal moto della Terra e della nostra sfera con la quale ruotiamo attorno al Sole come ogni altro pianeta. La Terra ha, pertanto, più di un movimento;
7. L’apparente moto retrogrado e diretto dei pianeti non deriva dal loro moto, ma da quello della Terra. Il moto della sola Terra è sufficiente a spiegare tutte le disuguaglianze che appaiono nel cielo (i moti retrogradi dei pianeti diventano moti apparenti, dipendenti dal moto della Terra).
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