LEOPARDI:il pensiero di Leopardi e lo Zibaldone
L’opera leopardiana si fonda su un sistema di idee continuamente meditate e sviluppate, il cui processo si può seguire nelle pagine dello Zibaldone [I16] [F13], una sorta di diario intellettuale a cui Leopardi affida appunti, riflessioni filosofiche, letterarie e linguistiche. Esso costituisce una preziosa testimonianza, grazie alla quale possiamo ripercorrere e ricostruire l’evoluzione del pensiero e della poetica di Leopardi [I17].
Al centro della meditazione di Leopardi si colloca un motivo pessimistico, che nasce da una tensione inappagata verso un piacere infinito che l’uomo non riesce mai a raggiungere, lasciando in lui un senso di insoddisfazione perpetua, un vuoto incolmabile nell’anima [I18] [D10] [E10] [F14]. L’uomo è dunque per Leopardi necessariamente infelice. Ma la natura, che in questa prima fase è concepita come benigna e attenta al bene delle sue creature, ha fornito un rimedio all’uomo: l’immaginazione e le illusioni, grazie alle quali ha velato agli occhi dell’uomo le sue effettive condizioni. Per questo gli uomini primitivi, che erano più vicini alla natura e quindi più capaci di illudersi e di immaginare, erano felici. In seguito l’uomo, attraverso il progresso e l’opera della ragione, si è allontanato dalla via tracciata dalla natura benigna e questo ha causato la sua infelicità. Questa fase del pensiero leopardiano è stata designata con la formula “pessimismo storico”, nel senso che la condizione negativa del presente viene vista come effetto di un processo storico, di una decadenza e di un allontanamento progressivo da una condizione originaria di felicità e pienezza vitale. Al pessimismo “storico” subentra poi un pessimismo “cosmico”, nel senso che l’infelicità non è più legata ad una condizione storica e relativa dell’uomo, ma ad una condizione assoluta, diventa un dato eterno e immutabile. In questo senso il pensiero di Leopardi presenta affinità con la filosofia di Arthur Schopenhauer, secondo il quale il pessimismo deriva dalla constatazione che l’esistenza è dolore, e il dolore investe non soltanto l’uomo ma tutto il mondo [D11] [E11] [F15]. Leopardi si rende conto che la natura più che al bene dei singoli individui mira alla conservazione della specie, e per questo può anche sacrificare il bene del singolo e generare sofferenza.
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