Giambattista Basile e la struttura del Pentamerone
Lo “Cunto de li Cunti overo lo trattenemiento de
peccerille” [E1]
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di Gian Alesio Abbattutis, G.B. Basile
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, vede la luce nel 1634, più precisamente, essendo la raccolta di fiabe divisa in
cinque giornate, nell’arco dello stesso anno vengono pubblicate le prime
tre giornate, tra il 1634 ed il ’35 appare la quarta e nel 1636 la quinta.
Sin dalla questa prima edizione è già presente, nelle dediche che si
trovano allegate ad alcune giornate, il titolo di Pentamerone anche
se non sappiamo se questo titolo sia stato scelto dallo stesso Basile o
dall’editore; certo è che la raccolta viene più spesso indicata con
questo titolo, forse perché più breve e richiamante titoli celebri. Nel
1674 l’opera prende sul frontespizio, per la prima volta, il titolo di
Pentamerone, edizione a cura dell’abate pugliese Pompeo
Sarnelli.
Si è così consolidata la circolazione di un testo chiave
della favolistica europea, che vede numerose pubblicazioni anche nel XVIII
secolo per poi essere dimenticato fino alla riscoperta di Benedetto
Croce
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che, traducendolo in italiano, cercò di farne apprezzare il
contenuto artistico. Il titolo della raccolta di fiabe è dovuto alla sua
struttura, l’avvio della narrazione è dato già nell’introduzione dove
viene narrata la fiaba della principessa Zoza e del principe Taddeo; la loro
storia, fungendo da cornice, dà inizio al racconto di altre quarantanove
fiabe per poi concludersi con la cinquantesima che segna la fine anche della
fiaba introduttiva. Ci troviamo di fronte ad un sofisticato racconto multiplo
con cui il meraviglioso fiabesco si presenta secondo un percorso ad anello.
La fiaba introduttiva, dunque, è cornice da cui si
dipanano i racconti. La principessa Zoza, protagonista del racconto,
nonostante abbia lacrimato per tre giorni in un ‘anfora per risvegliare un
principe vittima di una maledizione, si vede sfuggire il proprio obiettivo a
causa di una schiava che approfitta del sonno improvviso della principessa
per rubarle l’anfora, terminando la lacrimazione e sposando il principe.
Zoza tuttavia, aiutata da tre fate, suscita nella schiava
il desiderio di ascoltare “Cunti” (fiabe): ecco che si dà
inizio al viaggio nel mondo delle fiabe la cui narrazione è affidata a dieci
novellatrici che, in cinque giorni, racconteranno a turno, per arrivare al
lieto fine della storia di Zoza. Ciascuna delle cinque giornate si apre con
la descrizione di vari giochi con i quali la compagnia delle novellatrici si
intrattiene nelle prime ore del mattino, ogni “Cunto” è
preceduto da un’introduzione morale e si chiude con un proverbio, alla fine
delle singole giornate (esclusa la quinta), due persone della corte recitano
un’egloga (un poema). Le egogle si presentano come satire morali
in dialogo, nelle quali si discute su temi cari al Basile.
Una tale disposizione sembra rimandare direttamente al
più celebre Decameron
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del Boccaccio
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, è da escludere però
una tale congruenza di intenti tra i due testi, così come ci si
allontanerebbe dalla verità evidenziando una ricerca di effetti parodistici
del “Cunto” rispetto al Decameron. Infatti, seguendo i
racconti con attenzione, si può scorgere come la cornice e le novelle siano
state concepite come se l’autore tenesse presenti sia la perfezione del
modello del Boccaccio, per ciò che concerne la struttura esterna
dell’opera, sia la irrequieta visione del mondo della contemporanea
civiltà barocca per ciò che riguarda i motivi, i sentimenti, il linguaggio
che animano i personaggi del Pentamerone.
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