Durante gli anni trenta si assiste in diversi stati dell’Europa come Germania, Italia e URSS la nascita di dittature, le quali approfondirono bene il forte potenziale del cinema come mezzo di propaganda. Il controllo del cinema si diffuse in maniera differente nelle differenti dittature.
In Russia, a partire dal 1919 si nazionalizzarono tutte le cinematografie dei vari Stati che componevano l’ URSS, imponendo una gestione centralizzata che si sarebbe ulteriormente irrigidita durante gli anni ’30. In Germania, invece, il controllo statale prese un’altra forma. Infatti, non si statalizzarono le case cinematografiche ma, pur restando privatizzate, si arrivò a un forte controllo su di esse. Ulteriormente diverso fu il caso dell’Italia dove la dittatura di Mussolini controllava la cinematografia solo con sostegni all’industria e una lieve censura, lasciando molto più ampio spazio all’attività e alle decisioni dei privati.
Nell’URSS, nel 1930 nasce la Sojuzkino, società statale che aveva in mano la gestione totale dei film sovietici, con l’intento guadagnare mercato interno e diminuire le forti importazioni di film e tecnologia. Oltre a ciò, ci fu un forte controllo e censura sui film: il capo della Sojuzkino, Boris Sumjatskij, prendeva le decisioni in stretto rapporto con Stalin. In questo periodo (1930-1945) si scelse di produrre film divertenti e di facile comprensione, cosicché i grandi registi del montaggio degli anni ’20 come Vertov, Ejzenštein e Pudovkin trovarono forti difficoltà e una forte censura, dovendo quasi abbandonare la professione. Nel 1935 fu lo stesso Sumjatskij, a introdurre e seguire la nascita del realismo socialista. Questa corrente era caratterizzata da una forte propaganda dei principi e dei dogmi del Partito. Si passò, quindi, da un cinema d’intrattenimento a un cinema con tematiche sociali: la rivoluzione d’ Ottobre era un tema largamente utilizzato; ma anche film biografici di celebri figure significative della storia sovietica, come di persone comuni che si erano distinte in piccole azioni eroiche. Se Hollywood era vista come alla sola ricerca del profitto, il cinema in URSS doveva perseguire i principi di politica, morale, estetica; cercando di formare i gusti e le idee delle masse.
In Germania nel 1933 Hitler prende il potere dando vita a una dittatura basata su un nazionalismo estremo e sulla convinzione della naturale superiorità dei tedeschi sul resto del mondo. Hitler, inoltre convinse il popolo che i maggiori artefici della sconfitta nella prima guerra mondiale furono gli ebrei, incominciando una battaglia antisemita che si concluse con lo sterminio della razza ebraica. Si costrinsero così tutti gli ebrei che lavoravano nel cinema all’allontanamento o all’esilio , e la stessa sorte toccò a molti registi che si trovarono in contraddizione con la nuova politica hitleriana. Simile alla politica stalinista, anche in Germania si attuò una statalizzazione del cinema, non creando una sola grande industria nazionale del cinema come in URSS, ma comprando segretamente la maggioranza delle azioni delle tre principali case di produzione.
I film in questo periodo erano per la maggior parte d’intrattenimento con un contenuto politico ridotto o nullo, anche se non mancano film di forte obiettivo propagandistico. I temi trattati erano le biografie di grandi personaggi della storia tedesca; film che vedevano come personaggi principali persone ebree, come in Suss l’ebreo (1940) di Veit Harlan, disegnate come criminali, malvagi, strozzini o violentatori; film che giustificavano l’intervento in guerra.
In Italia l’uso propagandistico del cinema sotto la dittatura, è legato con la nascita dell’Unione Cinematografica Educativa (Luce) nel 1924, istituzione di chiara impronta fascista, che si dedicava alla produzione di documentari e cinegiornali. A questo si aggiungeva una sempre più forte censura di quei film stranieri con una ideologia o un’etica fortemente contrari ai principi fascisti, anche se mai si arrivò ai livelli delle altre due dittature. Infatti, a differenza di quanto avvenne in Germania e in URSS , in Italia non si cercò una nazionalizzazione delle case cinematografiche, poiché qui il potere era meno stabile e lo Stato doveva solo incoraggiare senza controllare molto. Il cinema rimase d’intrattenimento per quasi tutta l’epoca fascista, cambiando solo in prossimità dell’entrata in guerra, dove bisognava giustificare l’interventismo.
Questo periodo storico è forse uno dei più importanti per comprendere come il cinema sia stato uno dei più importanti mezzi propagandistici, di come, attraverso i film e le singole storie dei protagonisti, si possa passare e condizionare la morale e le idee dello spettatore.
Film:
“Ivan il terribile” [En1]
[Fr1][Es1]
(1944) di Sergej Michailovic Ejzenštein
“Suss l’ebreo” [Fr1](1940) di Veit Harlan
“Olympia” [En1][Fr1](1938) di Leni Riefenstahl
“Scipione l’africano” [Fr1](1937) di Carmine Gallone
“Luciano Serra Pilota” (1938) di Goffredo Alessandrini