Il termine ”globalizzazione” [IT1][IT2][IT3][EN1][EN2][EN3][EN4][FR1][FR2][FR3][FR4]viene spesso riferito ad ambiti temporali di diversa estensione. Alcuni amano affermare che la globalizzazione c’è sempre stata, almeno dai tempi dell’Impero romano o da quelli delle grandi scoperte geografiche e dei traffici con le Americhe e con l’Oriente; altri la fanno risalire all’epoca dell’incremento del commercio internazionale a seguito del primo sviluppo industriale alla fine del Settecento, altri ancora ne spostano l’inizio alla fine dell’Ottocento, oppure dopo la seconda guerra mondiale, sempre in coincidenza con dei picchi di incremento dei traffici internazionali. Ma è evidente che in tutti questi usi il termine è privo di una particolare connotazione, essendo soltanto un sinonimo del concetto di internazionalizzazione dell’economia. La globalizzazione di cui invece oggi si parla è un insieme di fatti specifici relativi alle attività produttive, commerciali e finanziarie, che hanno assunto una specifica valenza complessiva negli ultimi vent’anni; essa dipende interamente da tre principali fattori, tutti legati all’evoluzione della scienza e della tecnica:
1) l’invenzione del microprocessore[EN1], di gran lunga il fattore più importante.
Il microprocessore è una memoria elettronica, nelle cui microcelle sono memorizzate (in codice binario: 0/1, sì/no, aperto/chiuso) le informazioni necessarie per regolare il passaggio della corrente elettrica nelle diverse parti di una qualsiasi macchina (orologi elettronici, sistemi di controllo e comando di un videoregistratore, di una lavastoviglie, di un’automobile, ecc.), regolandone il funzionamento automatico. I microprocessori (detti anche microelaboratori) hanno perciò un vastissimo campo di applicazioni, e soprattutto costituiscono le unità centrali dei computer. Vi è un continuo progresso nella costruzione dei microprocessori, che in spazi via via più ridotti concentrano sempre maggiori capacità di memoria, permettendo ai computer, e alle altre apparecchiature elettroniche che li utilizzano, di compiere elaborazioni sempre più veloci e complesse di masse crescenti di dati, fornendo sempre migliori soluzioni ai problemi di ogni tipo.
2) l’enorme riduzione - tendenzialmente verso lo zero - del costo di ogni tipo di comunicazione (trasmissione di suoni, testi e immagini, soprattutto utilizzando la rete Internet) attraverso cavi telefonici, cavi a fibre ottiche, segnali elettronici trasmessi via etere mediante ripetitori o satelliti.
3) i ridottissimi costi del trasporto di merci via acqua in ogni punto del globo.
Inoltre, per lo sviluppo della globalizzazione, era necessaria la presenza di altri due fattori, dipendenti non dall’evoluzione della tecnica ma dalle scelte di politica economica[I1][EN1] dei governi:
• i paesi economicamente avanzati hanno sempre più aderito al modello della libera circolazione dei capitali[EN1][EN2][EN3][EN4][FR1][FR2], abbandonando le tradizionali politiche che ponevano ostacoli alla loro emigrazione all’estero;
• contemporaneamente i paesi occidentali hanno intrapreso un’efficace politica antinflazionistica[IT1][EN1], per eliminare la corsa dei prezzi degli anni ’70. Questa politica ha consentito di ridurre drasticamente i tassi di interesse e quindi la remunerazione dei titoli a reddito fisso, stimolando ulteriormente la mobilità dei capitali anche verso l’estero, alla ricerca di investimenti profittevoli.
Infine la globalizzazione non esisterebbe se nel mondo non ci fossero decine di paesi con tre miliardi di persone poverissime, disposte a lavorare per salari irrisori se confrontati con quelli occidentali.
Tutti questi fattori consentono ai capitali occidentali di creare nei Paesi emergenti[IT1] nuovi impianti per produrre a costi estremamente ridotti, non solo a causa dei bassi salari, ma per il modestissimo prelievo fiscale, per l’inesistenza o quasi di oneri sociali e di costi per la tutela ambientale[IT1][IT2][EN1][EN2][EN3].
I paesi poveri offrono queste condizioni per attirare gli investitori stranieri: si tratta per loro dell’unica possibilità di cui dispongono per avviare lo sviluppo e liberarsi dalla miseria.
Diventa così evidente che la domanda sulla quale molto si discute: “se la globalizzazione sia un fatto irreversibile oppure una scelta che si può cambiare”, risulta piuttosto oziosa: è ovvio che qualsiasi paese può chiudere le porte alla globalizzazione cancellando le convenienze per gli investitori stranieri, ma la conseguenza sarebbe il permanere nel sottosviluppo[IT1][I2][EN1][EN2][EN3][EN4][EN5].