Capitolo 1 (Francesca Marino)

OSSERVARE LA RELAZIONE

OSSERVARE IL BAMBINO

 

Qualsiasi indagine, soprattutto se riguarda i bambini comincia con l'osservazione; si osserva un bambino da solo, nella diade con un adulto significativo o nell'interazione con i suoi coetanei. L'osservazione arricchisce la nostra conoscenza dei bambini (infatti, grazie a questo metodo, possiamo rispondere alle domande che ci poniamo su di loro) ma ci arricchisce anche in quanto osservatori. Infatti l'osservatore permette a chi osserva di intraprendere una riflessione circa i suoi sentimenti, atteggiamenti, pensieri e credenze, rendendolo consapevole delle proprie tematiche interne.

L'osservazione come metodo d'indagine significa selezionare un fenomeno o un comportamento degno d'interesse e raccogliere informazioni su di esso nel modo più completo ed accurato possibile.

Sebbene l'osservazione sia soggetta ai rischi della soggettività e quindi ad errori e lacune, diventa "obiettiva" quando è condotta secondo procedure sistematiche, ripetibili e comunicabili.

Osservare non significa registrare fedelmente la realtà e non equivale né a guardare né ad interpretare. Osservazione si colloca, infatti, ad un livello intermedio fra l'osservazione del fenomeno e la sua interpretazione. Rispetto al guardare, l'osservatore ha un atteggiamento più critico, di ricerca. Si osserva perchè si cerca qualcosa e si vuole scoprire qualcosa che non si conosce ancora. In sintesi l'osservazione è un' attività complessa che richiede molto tempo, libertà intellettuale, distensione e consapevolezza di sé. Quando si studia il comportamento umano, infatti, è molto difficile stabilire dei confini netti tra sé e chi viene osservato. Ma è necessario non coinvolgersi troppo e sospendere il giudizio su quanto si osserva. L'esempio massimo di sovrapposizione fra chi osserva e chi è osservato è l'introspezione, in cui il soggetto stesso riferisce sulla propria esperienza. Ma il rischio di una parziale sovrapposizione fra i due termini dell'osservazione esiste sempre ed è controllabile attraverso le procedure che assicurano l' "obiettività dell'osservazione".

Guida all’osservazione_

1°fase: Strutturazione dell’attenzione

In questa fase l’adulto cerca di catturare l’attenzione del bambino e di mantenere l’interazione quanto più a lungo possibile; il tentativo è individuare quei comportamenti che segnalano l’attenzione del bambino, i comportamenti dell’adulto che mantengono o interrompono l’interazione, nonché le modalità dell’interazione stessa.

Il bambino nell’interazione faccia a faccia volge il suo sguardo verso l’adulto e, se anche questi sta guardando verso di lui, lo fissa per qualche tempo, diverge lo sguardo e poi torna a fissarlo. Quanto più l’adulto si adatta ai ritmi del bambino, tanto maggiori sono in totale i tempi di durata dell’interazione, mentre, quanto meno l’adulto si adatta al bambino tentando di catturarne lo sguardo anche quando egli rifiuta l’interazione, tanto minore sarà la durata dell’interazione stessa.

2 considerazioni:

1.     La funzione dell’io esterno svolta dalla madre. La madre si pone come supporto alle attività del bambino, la sua attenzione ed il suo sguardo rappresentano una cornice entro cui si svolgono i cicli di attenzione e non attenzione del bambino. Ed è proprio all’interno di essi che si strutturano i primi momenti di reciprocità

2.     Esistono stili più o meno appropriati alla evoluzione del rapporto A-B. Nello specifico due stili fondamentali: in un caso l’adulto struttura la situazione e presenta stimoli e problemi a cui il bambino è invitato a rispondere. Es. mostrare al bambino un oggetto nuovo, indipendentemente da quanto il piccolo sta facendo, cercando in tutti i modi di attirare l’attenzione. Nel secondo caso, l’adulto parte dall’esperienza del bambino, ad esempio dalla sua attività in corso e si inserisce in essa. Lo aiuta a strutturarla maggiormente ad estenderla. Si ritiene questo secondo stile più costruttivo e meno rischioso. Esso presuppone un’accettazione del bambino e di ogni suo comportamento ed è quindi la base di un rapporto di fiducia.

2°fase: Prime strutturazioni di reciprocità tra adulto e bambino

a)     Formazione di routines

Le routines iniziano a formarsi fin dai primi giorni di vita del bambino. Ci sono diversi studi che mostrano che i bambini, di qualsiasi genere e tipo ed età,

traggono giovamento dal seguire una routine organizzata durante la giornata. E infatti persino negli asili e nei nidi, si sta molto attenti a seguire delle routine precise. Uno dei modi in cui l’osservatore esterno può individuare tali routines è quello di notare i comportamenti del bambino che si manifestano come anticipazione di una sequenza di fatti a lui nota. Ad esempio, un bambino smette di piangere quando gli si mette il tovagliolo o gli si mostra il biberon, dimostrando di conoscere ciò che seguirà. O anche quando la madre inizia a spiegare un indumento ed il bambino predispone il braccio nella posizione giusta per infilare la manica.

b)    Modalità secondo cui l’adulto o il bambino variano l’organizzazione delle routines

È importante notare come nelle diverse situazioni (gioco, cambio, pasto, attività) il bambino o l’adulto varino le modalità di esecuzione di una routine precedentemente individuata. Bisogna rilevare chi è il protagonista dell’azione, notare l’eventuale inserzione di nuovi elementi e quali, i mutamenti di ritmi e di tempi, l’applicazione a nuovi contesti. Notare se questo varia il significato complessivo della routine oppure no.

3°fase: Interazione del bambino con l’adulto, gli altri bambini e l’oggetto

A.    Interazione del bambino con i diversi adulti con cui è in contatto

L’attaccamento alla madre è stato individuato da Bowlby attraverso una serie di comportamenti del bambino che tendono a mantenere o a ristabilire la vicinanza e il contatto e a suscitare nella madre comportamenti complementari di protezione e di mantenimento del contatto. Questo fenomeno ha altresì un preciso significato cognitivo: per poter formare un attaccamento alla madre, il bambino deve riconoscerla come oggetto permanente. Un attaccamento ben consolidato dà motivazione al dirigersi verso l’esterno e quindi all’autonomia.

Ci si è chiesto se siano possibili e opportuni per il bambino attaccamenti plurimi, in che modo questi si differenziano e si sovrappongono nelle modalità di interazione. Un altro problema è stabilire in che misura sia opportuno che l’educatore divenga una figura stabile di attaccamento o se sia meglio che non venga coinvolto in questo tipo di legame e instauri invece un rapporto educativo più distaccato e più centrato sulle attività.

B.     Interazione con gli altri bambini e ruolo dell’adulto

Non sono molti fino ad oggi gli studi sui rapporti tra coetanei, in particolare tra bambini al di sotto dei 3 anni in situazione collettiva. Ci si chiede infatti in che misura il rapporto con l’altro bambino possa integrare la relazione con l’adulto e mediare la conoscenza dell’ambiente.

Si osserva se il bambino mostra attenzione per gli altri e stabilisce un contatto, guardando l’oggetto che l’altro manipola, guardando l’altro in viso e cercando di catturare il suo sguardo, stabilendo un contatto fisico, esplorando il corpo dell’altro. Si osserva come reagiscano i bambini agli interventi dell’adulto, se le loro reazioni si rivolgono all’adulto o agli altri bambini, come l’adulto organizzi le attività del gruppo e con quali risultati, come intervenga nei casi di aggressività o di gioco turbolento.

C.     Interazione bambino-oggetto

Fasi in cui si sviluppa il rapporto bambino-oggetto

 

 

 

 - nuovo -

5/8
Edurete.org Roberto Trinchero