Infanzia e servizi nella ricerca educativa (Daniela Piovesan)

Uno degli aspetti più interessanti delle origini dei servizi pubblici per l’infanzia nel nostro paese è stata la stretta interazione tra ricerca accademica e servizi educativi che iniziavano la loro storia emancipandosi dai modelli sanitari e custodialistici dell’ ONMI. Poiché nessuno sapeva bene come accudire ed educare in gruppi i bambini molto piccoli, i modelli si cercavano in esperienze straniere, nella storia pedagogica delle scuole materne,  ma anche nelle conoscenze sull’interazione adulto-bambino e bambino- bambino che si andavano allora delineando nella ricerca pedagogica: la teoria dell’ attaccamento di Bowlby e Ainsworth, le ricerche sulle competenze precoci nell’interazione di Brazelton, lo studio sull’ interazione tra pari di Lezine Stambak. Allo stesso tempo, il nido era un laboratorio naturale prezioso per i ricercatori, che avevano l’occasione di studiare nella vita quotidiana  un gran numero di bambini piccoli, altrimenti molto difficilmente raggiungibili: soprattutto le ricerche sull’ interazione tra pari non erano nemmeno concepibili se non nel nido, unica realtà in cui era possibile osservare bambini della stessa età che potessero definirsi familiari l’un l’altro. Altra caratteristica di queste prime realtà era la stretta collaborazione tra esperti di diversa provenienza: pedagogisti, psicologi, neuro-psichiatri infantili.  Anche in questo caso essendo il bambino al nido una realtà totalmente nuova, vi era un interesse di tutti a riunire le conoscenze provenienti da tutte le aree disciplinari per cercare il modo migliore di affrontarla. La ricerca sui bambini piccoli, ormai legittimata in ambito accademico, si è specializzata sempre più, grazie anche alla rapida diffusione di strumenti osservativi sofisticati, e sempre più si svolge in laboratorio (anche se comunque si cerca di renderlo un ambiente il più possibile simile a quello quotidiano di vita). La ricerca ha portato così alla costruzione di un notevole bagaglio di conoscenze inerenti lo sviluppo del bambino, conoscenze che non sono statiche ma si rinnovano continuamente grazie al contribuito di ricerche nuove: per es. le ricerche condotte negli ultimi anni riguardano la comprensione precocissima delle espressioni emotive, la ricerca sull’interazione amicale, sulle competenze sociali precoci…

I nidi sono molto cambiati nel corso degli anni e si è ormai consolidata (e riconosciuta anche se non formalizzata) una pedagogia dei piccoli; inoltre si sono moltiplicati i servizi offerti ai bimbi e alle loro famiglie. Raramente però le esperienze innovative fatte al nido sono pensate in termini di vera e propria sperimentazione, oppure le osservazioni quotidianamente fatte dagli educatori diventano stimolo per la ricerca, o le educatrici hanno modo di sperimentare e conoscere i recenti sviluppi delle ricerche. Fondamentale è che gli interlocutori si sforzino per attuare un reciproco riavvicinamento. Per i ricercatori, perché confrontarsi con i problemi concreti incontrati dalle educatrici e dai bambini nella crescita nei contesti quotidiani di vita, è importantissimo pena l’insterilirsi della ricerca. Per il nido, perché la professionalità degli educatori non può crescere senza la possibilità di riflettere su di sé (possibilità che lo scambio con i ricercatori può e deve sollecitare); e soprattutto perché l’esperienza quotidiana con i bambini possa diventare stimolo ad una ricerca sempre più aderente alle esigenze di bambini e degli adulti che se ne prendono cura. Per favorire questa collaborazione occorre creare strumenti di osservazione che siano facilmente utilizzabili dalle educatrici: per essere davvero efficaci essi devono esser di semplice utilizzo, inoltre devono poter essere usati in modo autonomo senza richiedere una continua supervisione.

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Edurete.org Roberto Trinchero