Capitolo 3 - Percorsi di ricerca (Lorenza Arata)
Capitolo 3
LA PRATICA DEL TESTING: RAPPORTO TRA TEORIA PSICOLOGICA E RICERCA EDUCATIVA
Tale settore della pedagogia sperimentale è influenzato dalle ricerche di psicologia sperimentale applicata al contesto scolastico, realizzate da Binet. I tests di profitto sono quelli utilizzati nel caso della valutazione dell’apprendimento. In ambito scolastico vengono inoltre utilizzati i tests di intelligenza o i tests per la valutazione degli atteggiamenti e dei tratti della personalità. Gli strumenti utilizzati per la valutazione delle abilità del discente prendono nome di prove oggettive di profitto o prove strutturate di conoscenza. Per la scelta degli strumenti è importante la valutazione del tempo e del contesto in cui una prova viene somministrata. La logica è sostanzialmente quantitativa ed è volta a garantire la validità, la funzionalità e la attendibilità. La docimologia ha individuato quattro tipologie di prove:
-prove a stimolo aperto e risposta aperta (temi, interrogazioni)
-prove a stimolo aperto e risposta chiusa (verifiche-colloqui)
-prove a stimolo chiuso e risposta chiusa o prove oggettive (test, quesiti vero/falso, item o corrispondenze di confronto, completamenti, domande a scelta multipla)
-prove a stimolo chiuso e risposta aperta o prove semistrutturate (saggi brevi, riassunti, relazioni di ricerca, colloqui strutturati)
Per indagare anche i risvolti della personalità ci si avvale delle prove non strutturate:
-colloqui clinici, il ricordo libero, la riflessione parlata
-osservazioni, aut osservazioni, narrazioni
-diario e agenda di formazione, portfolio
Una delle ultime scoperte del settore è il “test su misura”, utilizzato per l’individualizzazione del testing; esso è reso possibile grazie allo sviluppo dell’informatica, dall’esistenza di banche di domande interattive dove il soggetto può, attraverso un test d’ingresso, accedere al proprio livello di attitudini e conoscenze.
In questa sede si deve dare importanza allo stretto legame che intercorre tra teorie psicologiche e ricerca in educazione.
RENDIMENTO SCOLASTICO E INDICATORI DELL’ISTRUZIONE: CHIAVI PER PROBLEMI DI POLITICA DELL’ISTRUZIONE
Il controllo del rendimento scolastico costituisce uno dei dilemmi centrali nella ricerca quantitativa. Esso appare un problema cruciale per la società contemporanea. L’attenzione allo studio del rendimento scolastico deriva dalla massiccia diversificazione delle popolazioni scolastiche e l’esigenza di acquisire informazioni sul profitto individuale e l’andamento collettivo scolastico, al fine di rispondere in maniera esaustiva alle richieste del mondo del lavoro. Sono state molte le ricerche che hanno cercato di evidenziare i fattori che condizionano il rendimento scolastico. Gli indicatori educativi misurano variabili molto diverse: il numero degli studenti nei diversi tipi di scuola, la dispersione scolastica, il rendimento degli allievi. Ovviamente la costruzione degli indicatori deve essere sottoposta all’elaborazione a livello internazionale da parte di alcuni organismi come il CERI, organismo dell’OCDE. Negli anni ’80 il progetto INES propose di misurare la produttività scolastica e la qualità dell’istruzione in un periodo di profondi cambiamenti tecnologici. Si ha così una nuova prospettiva con cui vengono costruiti gli indicatori e cioè quella sistemica. La scelta di tali indicatori non è solo operata su criteri scientifici ma anche socio-culturali e locali in modo da contestualizzare gli obiettivi relativi per un determinato settore.
Negli ultimi anni la costruzione degli indicatori si è orientata verso forme valutative della qualità del sistema educativo. Gli indicatori diventano così anche descrittori qualitativi. In tale nuova prospettiva bisogna dare importanza all’interesse per il concetto di valutazione di contesti educativi. Il concetto di evaluation di contesto è di matrice americana. La docimologia, ovvero la scienza che studia la valutazione dei processi formativi, si è, nel tempo, specificata in diversi tipi di valutazione. Il massimo esponente della valutazione del contesto è Bronfenbrenner, egli parte dal presupposto che i vari sistemi interconnessi influenzano lo sviluppo dell’allievo, è importante dunque una completa interpretazione di parecchie variabili del contesto che si vuole studiare. Abbiamo inoltre la valutazione di sistema basata sull’attenzione al concetto qualità dei sistemi scolastici, con particolare riferimento all’analisi delle diverse risorse impiegate. Infine è da ricordare lo sviluppo del monitoraggio dei sistemi scolastici attraverso procedimenti valutativi e di controllo che hanno finalità operative molto chiare, tendenti ad apportare soluzioni a problemi urgenti e contingenti.
LA VALUTAZIONE DEL CURRICULO
Lewy e un gruppo di ricercatori negli anni ’70 avevano costituito l’ International Curriculum Organization. La valutazione del curriculo come ambito di ricerca ha però conosciuto un grande sviluppo a partire dal 1950 con Tyler che formula il suo principio generale sul curriculo sulla base delle tassonomie cognitive di Bloom. La valutazione del curriculo ha ricevuto input positivi dalle tassonomie cognitive, per quanto riguarda le competenze minime. Fondamentali sono state le ricerche sulla lettura, scrittura e abilità matematica individuate come “chiavi del sapere”. Si da il via anche alle ricerche sul linguaggio verbale, sulla capacità di reperimento delle informazioni e sull’alfabetizzazione informatica. Innovative sono le ricerche sulle chiavi del “saper essere” che richiamano lo studio relativo agli apprendimenti essenziali dell’area affettiva. Di fatto è molto difficile determinare le competenze minime. Altro punto basilare, legato alle competenze minime e alla costruzione del curriculo, è l’ambito relativo all’analisi dei bisogni dei soggetti in formazione, che consente di elaborare proposte formative mirate e coerenti.
L’analisi dei bisogni, ossia lo scarto tra stato desiderato e stato osservato, permette il passaggio delle intenzioni agli obiettivi precisi di curriculo. Seguendo le indicazioni di Stufflebeam e Lewy, per analizzare i bisogni degli alunni sono state individuate tre modalità: esame degli scarti (con metodi quali analisi del compito, norme statistiche); esame dei desiderata (con metodi quali sondaggi d’opinione, analisi del compito, analisi dei valori dominanti nella società); esame interpretativo (con metodi quali l’individuazione dell’operatività dei fini e degli obiettivi definiti nei programmi).
LA VALUTAZIONE DELL’INSEGNAMENTO: PRODOTTI, PROCESSI, CONTESTI
Dal 1960 si sviluppa la necessità di descrivere e comprendere il processo d’insegnamento, esaminando le relazioni tra i comportamenti dell’insegnante e gli apprendimenti conseguiti dagli alunni. L’insegnamento viene comunemente valutato a partire da alcuni tipi di variabili:
-Le variabili di previsione: prendono in considerazione quelle caratteristiche dell’insegnamento che permetterebbero di prevederne l’efficacia pedagogica, per esempio le esperienze di vita dell’insegnante, le sue esperienze di formazione, le caratteristiche che gli sono proprie (intelligenza, matrice sociale, flessibilità, ecc.).
-Le variabili di processo: relative alla classe, quindi al comportamento dell’insegnante e di quello degli alunni in classe e ai cambiamenti osservabili degli alunni in seguito all’interazione. In un primo tempo l’attenzione era rivolta alle interazioni verbali alunno-insegnante; negli ultimi decenni si è prestata attenzione alle interazioni non verbali, De Landsheere con le sue ricerche su comunicazione non verbale e retroazioni ha permesso di mettere in luce le dinamiche dell’effetto pigmalione nelle ricerche sperimentali.
-Le variabili di prodotti: apprendimento della materia, atteggiamento verso la materia, sviluppo di altre abilità, effetti a lungo termine legati allo sviluppo immediato dell’alunno
-Le variabili contestuali: esperienze di vita dell’alunno, caratteristiche dello stesso, contesto scuola-comunità, contesto classe, ecc.
Nella ricerca contemporanea l’idea di realizzare una valutazione dell’insegnamento a regime istituzionalizzato ha portato alla creazione del Sistema Nazionale di Valutazione e alla trasformazione del CEDE in INSVI (Istituto Nazionale della Valutazione per il Sistema di Istruzione). In questo senso le ricerche si sono indirizzate verso la determinazione del sistema contrattuale il quale permette, a differenza delle ispezioni, una dinamicità maggiore nella valutazione, consentendo di monitorare e rendere attivo sul piano pratico il sistema delle responsabilità civili dell’insegnamento. Per rendere conto pubblicamente di avere eseguito con idoneità le funzioni di insegnamento bisogna tener conto delle: responsabilità dei prodotti (valutare gli apprendimenti degli alunni); responsabilità dei procedimenti (conoscenza dell’alunno, metodi e materiali utilizzati); responsabilità sperimentale (aggiornamenti dell’insegnante, introduzione degli apporti della ricerca nella pratica educativa).
RICERCA E SCUOLA: SPERIMENTAZIONE E CONTROLLO DELL’INNOVAZIONE
L’idea di sperimentazione è stata assunta dal senso comune come esigenza e pratica di miglioramento e cambiamento, un innovazione, un rompere uno status, un fare esperienza.
Calonghi, massimo esponente della pedagogia sperimentale italiana, è uno dei pochi ricercatori che si è impegnato per fare entrare nella scuola una giusta idea di sperimentazione e di ricerca sperimentale. Nelle sue opere egli afferma di voler fornire agli insegnanti gli strumenti concettuali e pratici per sperimentare nella scuola, per rendere il lavoro scolastico e la riflessione sullo stesso attenta e rigorosa. Calonghi individua alcuni strumenti capaci di illuminare scientificamente la pratica scolastica consueta:
-La formulazione degli obiettivi: ossia ripensare a fondo il fine dell’educazione e vedere che cosa va cambiato di conseguenza, rilevando così indicatori per l’osservazione e il controllo sperimentale.
-L’individuazione dei contenuti dell’insegnamento: che deve strutturarsi come percorso-scoperta ipotetico da verificarsi nel confronto coerente con gli obiettivi individuati; in poche parole è la descrizione e presentazione dei metodi utilizzati.
-La rilevazione delle situazioni: della pratica scolastica quotidiana e alla descrizione di quanto si è osservato.
-Schede, griglie osservative, cartelle: per la raccolta di informazioni.
-Materiale documentario: una cartella per ogni alunno, una cartella per ogni docente e una cartella di corso.
L’insegnante deve poter annotare e seguire in itinere il processo educativo e quello di insegnamento-apprendimento. Calonghi individua anche gli inconvenienti della pratica di ricerca e sperimentazione: difficoltà nel formulare obiettivi comuni; difficoltà nel descrivere le situazioni; difficoltà nel documentare gli interventi; difficoltà nel descrivere l’attuazione delle ipotesi. A tali difficoltà oppone alcune semplificazioni: la capacità di articolare il piano generale in piani parziali, raccogliere informazioni in modo pianificato, descrivere i diversi interventi e valutare e interpretare i risultati.
L’opera di Calonghi ha favorito l’innovazione della pratica scolastica in modo controllato, efficace ed efficiente. Dal punto di viata pedagogico Calonghi si fa interprete dell’esigenza di un controllo razionale dell’innovazione nella scuola. La sua proposta, che si basa sulla strutturazione del rapporto esistente tra antecedente, contesto e conseguenze, mira a tenere in considerazione un insieme complesso di variabili che mutano durante il processo. E’ importante basare la valutazione dell’innovazione su ricerche longitudinali che seguono un processo nel suo evolversi in maniera continuativa attraverso l’utilizzo di campionamenti temporali.
TECNOLOGIA DELL’ISTRUZIONE: ISTRUZIONE A DISTANZA E OPEN LEARNING
Il Titone propone di utilizzare il termine tecnologia educativa quando il senso abbraccia il processo educativo nella sua pienezza e l’espressione tecnologica didattica se si riferisce direttamente al puro processo di insegnamento. Le tecnologie dell’istruzione assumono oggi grande importanza sia in relazione alla riforma didattica nella scuola, sia in relazione all’istruzione a distanza. Nel primo caso la necessità di creare legami forti tra scuola e mondo del lavoro, ma anche tra scuola ed extrascuola, ha riproposto la centralità delle telecomunicazioni e degli strumenti tecnologici in ambito educativo.
L’istruzione a distanza, invece, nelle prime due generazioni (a stampa e con l’ausilio degli audiovisivi) avviene con l’isolamento del discente e l’unidirezionalità delle informazioni, la stessa cosa avviene nella seconda generazione di istruzione a distanza, con l’utilizzo di software didattici. Con lo sviluppo delle tecnologie di processo e di prodotto, con il miglioramento dell’hardware del computer si realizza un passaggio sostanziale nell’evoluzione dell’istruzione a distanza. L’attenzione si concentra così sempre di più sul concetto di interattività, di produzione e fruizione attiva delle informazioni da parte dei soggetti in apprendimento, facilitata da interfaccia amichevoli molto sofisticati. Lo sviluppo della telematica e la nascita di Internet permettono lo strutturarsi di un universo nuovo e impensabile anche per la ricerca educativa. L’istruzione a distanza diventa così, open distance learning. La comunicazione può essere in tempo reale e differito (posta elettronica, mailing list, o chat-line), l’interconnessione di computer permette la creazione di classi virtuali attraverso le quali i soggetti collaborano e cooperano nella creazione attiva di materiali di vario genere. La presenza di tutor di rete consente una valutazione costante del processo di apprendimento. I soggetti che fanno parte delle sperimentazioni divengono soggetti attivi, attori e osservatori privilegiati. In questo ambito inoltre, la simulazione sembra aprire universi inusitati, offrire la possibilità di ricerca impensabili fino a qualche anno fa, specialmente in campo umano.