Azioni di cura e pensieri di serra (Serena Maida)
Una buona ricerca educativa è quella che vede docenti e ricercatori accademici lavorare collaborativamente per individuare buone esperienze educative e su queste fare ricerca per migliorare la pratica educativa. Il compito del ricercatore è di fare ricerca trasformativa, cioè una ricerca che studi il processo educativo in atto al fine di fornire ai docenti e ai ricercatori coinvolti dati a partire dai quali ripensare la pratica, secondo il principio del miglioramento continuo della qualità dell’esperienza. Quando alla ricerca viene data questa interpretazione, diventa una ricerca per i bambini, cioè una ricerca utile nel presente, per precisi bambini che vivono l’esperienza in una determinata situazione.
L’autrice del capitolo è una ricercatrice a cui è stato posto il problema dell’educazione etica, precisamente l’educazione alla responsabilità.
Dominante è la tendenza a interpretare l’etica come adeguazione a un sistema di regole, ma esiste anche un altro modo di intendere l’etica che si declina secondo il principio della cura. Secondo questa prospettiva, l’etica si esprimerebbe soprattutto nella capacità di aver cura per l’altro, da cui discendono:
· L’etica come cura, secondo cui ciascun essere umano ha bisogno di cura in ogni fase della vita e in ogni ambiente di vita, quindi, dato che tutti abbiamo bisogno di cura, è essenziale imparare ad aver cura. Per cura s’intende quella pratica mirata a preservare, proteggere. La cura è un agire etico, perché implica la capacità di assumersi delle responsabilità per l’altro, di avere rispetto e di impegnarsi a cercare ciò che all’altro fa bene.
· L’educazione come cura ad aver cura, secondo cui la cura è essenziale a qualificare non solo l’etica, ma anche il processo educativo. Secondo gli antichi greci, il compito dell’educazione era promuovere nei giovani la cura di sé, cioè la cura dell’anima, da intendersi come cura della sostanza dell’essere umano e prendersi a cuore la saggezza, la verità e la virtù. In tempi recenti Nel Noddings ha sottolineato come i bambini già nei primi anni di scuola dovrebbero iniziare a far pratica di cura. La realtà però è differente, nella scuola di oggi l’educazione etica passa in secondo piano, in quanto il primo posto è tenuto dalla preoccupazione dell’istruzione.
La ricerca svolta con i bambini è durata un intero anno scolastico e qui di seguito sono riportate le fasi del lavoro di ricerca.
1. Premesse pedagogiche: s’impara ad aver cura praticando la cura e per questo motivo, l’autrice ha deciso di far assumere ai bambini una reale responsabilità, predisponendo la scuola per la cura di piante da fiore. Per potenziare le capacità educative di un contesto è indispensabile educare a pensare a quello che si fa, allestendo così un contesto che eserciti il pensare. A questo proposito l’autrice ha previsto l’utilizzo di un diario per attivare il pensare tra sé e sé e l’attivazione di spazi di discussione per apprendere a pensare in modo cooperativo.
2. L’esperienza per i bambini: l’esperienza è stata strutturata in due parti, una fase esplorativa, che ha coinvolto i bambini in un’analisi concettuale sui temi chiave dell’esperienza proposta; una fase operativa, durante la quale i bambini hanno pianificato una serie di attività per la cura delle piante. I bambini sono quindi stati coinvolti in tre tipi di attività: il pensare, il fare e il riflettere.
3. Domande di ricerca: la prima domanda è “Quali pensieri sviluppano i bambini? Si mostrano spaesati o forniscono risposte competenti di fronte a tali questioni?”. La seconda domanda è “Cosa può offrire un’esperienza di cura in termini di crescita del pensare e del sentire? Coinvolgere i bambini in un’esperienza di cura può facilitare l’emergenza di un’attenzione emozionalmente partecipe verso il mondo vivo delle piante?”. L’autrice tiene comunque presente che una ricerca che ascolta l’esperienza è quella che parte da una domanda, ma che poi si lascia interrogare dal contesto e quindi trova altre domande stando in relazione con i dati che offrono i bambini.
4. Fase esplorativa: è stato chiesto hai bambini quale significato attribuivano alla parola “cura”. Solo 15% dei bambini ha attribuito al termine cura un significato terapeutico e per questo motivo si è deciso di restituire ai bambini i significati che ciascuno di essi aveva elaborato, allo scopo di consentire a ciascuno di arricchire il significato del termine cura. Inoltre è emerso che le piante sono le meno citate come oggetti destinatari di azioni di cura, ma, se interrogati, i bambini hanno affermato che è possibile prendersi cura delle piante. Sottoposti a ulteriori domande, i bambini hanno esplicitato la loro consapevolezza riguardo alle azioni da compiere per occuparsi di qualcosa, la necessità di preoccuparsi delle cose, in certi casi hanno dato voce anche a un senso di partecipazione affettiva. L’analisi dei dati ha consentito di evidenziare i diversi tipi di concettualizzazione che i bambini avevano elaborato rispetto alla pratica della coltivazione: concetto operativo (cura come insieme di azioni da effettuare), concetto affettivo (cura come attività emozionalmente coinvolgente e come attività che consente di stabilire una relazione con le piante), concetto etico (cura come impegno responsabile). Si può ipotizzare che l’essere coinvolti nella cura concreta di una pianta avvicini il bambino a un mondo che spesso passa inosservato e che tale azione abbia effetti formativi significativi sul versante etico. Le risposte dei bambini alla domanda “Perché prendersi cura delle piante?” possono essere catalogate secondo il principio: estetico, ontologico, utilitaristico, etico, ricreativo, affettivo e di necessità. Successivamente è stato contattato un agronomo in modo che i bambini potessero confrontare il proprio pensiero con quello di un esperto e iniziare l’esperienza sul campo.
5. Fase operativa: ciascun bambino ha ricevuto un seme che ha piantato nel proprio vaso e da quel momento in poi si è preso cura della sua pianta, affiancando tale attività alla stesura del diario per incrementare la capacità di osservazione e per aiutarli a riflettere su quanto accade a un altro organismo in base alle azioni che mettiamo in atto noi. La cosa interessante è che la maggior parte dei diari è stata scritta nella forma di un dialogo con la piantina, indice di un sentimento di partecipazione con gli altri esseri viventi.
I dati rilevanti di tale ricerca sono: la capacità dei bambini di argomentare notevolmente e la loro ricchezza d’idee, l’essere impegnati in una pratica di cura genera un significativo cambiamento nell’atteggiamento dei bambini.