L'intervista in sociologia (Valentina Recchia)

Secondo i sociologi, l’intervista è una tecnica che permette l’acquisizione d’informazioni, notizie, modi di pensare e di interpretare atteggiamenti.

L’intervista, solitamente, chiama in causa “l’immaginazione sociologica”. Esige, quindi, riflessioni continue sugli obiettivi della ricerca stessa, sull’intervistatore, che deve continuamente interrogarsi su se stesso, e sugli interlocutori. Nell'eventualità in cui tutto funziona al meglio si ha la possibilità di costruire una storia, dissipando così il rischio di ricostruzioni poco credibili (vedi cap. 1).

Il ricorso a questo mezzo di ricerca è fondamentale, perchè consente l’esplorazione di un determinato universo e aiuta a comprendere il gioco di certi rapporti sociali, attraverso il contatto con il vissuto.

In una intervista conta tener conto dei problemi linguistici a cui si va incontro, perché, non sempre, a quella che si ritiene una domanda chiara fa seguito una chiara risposta; contano le differenze culturali e la volontà dell’intervistato.

È difficile fare buone interviste qualitative. Una cosa è ascoltare qualcuno che parla di come si conduce, un’altra è la sperimentazione in prima persona.

L’intervista qualitativa è faticosa, implica tempi lunghi, una preparazione specifica del ricercatore, una sua disponibilità e una buona capacità di ascolto.

Somministrare questionari non è un buon presupposto per saper condurre una buona intervista, bisogna fare colloqui esplorativi che devono aprire un ventaglio d’ipotesi, senza saltare da un argomento all’altro, in modo che l’intervistato non perda l’attenzione sull’argomento.

Una volta che l’intervista è stata ultimata, cominciano a presentarsi altri problemi: quelli della sua trascrizione, del proprio utilizzo e della sua “restituzione”.

 

Per quanto riguarda la trascrizione, cioè il passaggio dall’intervista orale a quella scritta, deve prevalere l’idea che l’intervista non deve essere penalizzata al momento della stesura.

Non esiste il metodo di trascrizione per eccellenza, ma ognuno può elaborare il proprio, purché lo espliciti e dà conto del perché della scelta fatta.

Vi sono posizioni diverse, a riguardo:

  • Alcuni studiosi ipotizzano la necessità di rendere il parlato senza interferenze (non si devono quindi eliminare ripetizioni e frequenti appesantimenti del testo).
  • Altri preferiscono rendere fruibile al meglio l’intervista, per iscritto, intervenendo con piccoli aggiustamenti e con l’uso d’interpunzione.

 

Per quanto riguarda, l’utilizzo dei materiali, vale a dire il procedimento successivo alla trascrizione, è privilegiato il tipo di approccio in cui si estrapolano i brani dell’intervista ritenuti dal ricercatore i più significativi, quelli più pertinenti, con riguardo al discorso interpretativo.

 

Per quanto riguarda il problema della “restituzione”, i sociologi romani, prediligono una ricerca condotta con interviste qualitative, dove si stringono rapporti, ci si conosce, si diventa dei punti di riferimento per coloro che sono stati gli interlocutori.

Si tratta di una relazione rilevante, che richiede tempo e disponibilità all’ascolto e su cui si basa il successo o l’insuccesso dell’intervista.

L’intervista sociologica, senza che perda forza e attendibilità, rifugge dalla spettacolarità, dall’invasione del privato, cercando di rispettare il volere dell’intervistato e rinunciando alla pubblicazione integrale del verbale d’intervista per evitare a chi ha parlato possibili ricadute negative.

 

Concludendo le interviste qualitative sono presenti in più discipline, costituiscono una sorta di ponte tra diversi orientamenti di studio, sono utilizzate per esplorare temi particolarmente “delicati” e aiutano a costruire validi rapporti e confronti con la storia orale, con l’antropologia culturale e con gli interlocutori stessi.

 

 

10/12
Edurete.org Roberto Trinchero