Le impressioni pre-intervista (Mariella Armando)
Il colloquio di selezione è una forma di comunicazione avente lo scopo primario di permettere una diagnosi (o valutazione) circa i requisiti del candidato e la sua idoneità a ricoprire una determinata mansione. Esso è un campo d’interazione in cui il ruolo dell’intervistatore è estremamente specializzato e le cui caratteristiche dipendono dallo scopo del colloquio, dal contesto, e dalle qualità personali dell’intervistatore e dell’intervistato.
Il colloquio va comunque sempre inteso come un serio tentativo di conoscere una persona per valutarla, ed anche come un momento di trasmissione dell’immagine dell’azienda (in tal senso è quindi un atto di pubbliche relazioni).
E’ opportuno iniziare e concludere il colloquio nel modo meno formale possibile, affinchè il candidato possa sentirsi a suo agio, libero da forti tensioni emotive e da timori che potrebbero bloccarlo o farlo chiudere in difesa. E’ buona regola iniziare il colloquio con argomenti familiari al candidato, ma evitando domande su questioni di natura strettamente personale.
Il candidato deve essere ascoltato con attenzione e senza interruzioni.
In generale, meno parla l’intervistatore, più l’intervista ha successo (ciò non significa imporre al candidato lunghi, stressanti silenzi). Comunque deve sempre essere risposta una grande attenzione nel mantenere il più elevato grado di interesse, collaborazione e motivazione nell’intervistato. A tal scopo sono validi di seguenti suggerimenti di ordine generale:
a. informare l’intervistato sugli scopi del colloquio;
b. garantire l’uso riservato delle informazioni raccolte;
c. mantenere un atteggiamento collaborativo e professionale, mai inquisitore ed autoritario, rispettoso dei punti di vista dell’intervistato;
d. offrire un supporto psicologico nei momenti di difficoltà e di ansia, trovando le modalità di volta in volta più opportune per superarle. Il modo di porre le domande può influenzare le risposte.
Le domande poste nel corso dell’intervista possono rientrare in tre ampie categorie:
a. domande aperte. Il loro scopo è quello di introdurre un certo argomento e di invitare il candidato a parlare. Generalmente non si può rispondere con “sì” o “no”. Iniziano con : perché, che cosa, come, mi parli; ad esempio: “Che cosa ne pensa dell’automazione del lavoro?”, “Perché vuole lavorare in questa azienda?”, “Mi parli delle sue precedenti occupazioni”;
b. domande chiuse. Si riferiscono a qualcosa di definito, si può rispondere con “sì”, “no”, o un’altra parola singola. Si usano per verificare specifici aspetti d’indagine. Iniziano generalmente con: dove, ha, è, come, quanto. Per esempio: “E’ figlio unico?”, “Dove ha conseguito il diploma?”, “Ha lavorato all’estero?”, “Dove si è laureato?”;
c. domande ipotetiche. Si chiede al candidato come si comporterebbe o reagirebbe in un’ipotetica situazione. Si usano per verificare un’ipotesi o per verificare specifiche competenze. Includono generalmente la parola “se”. Per esempio: “Come si comporterebbe se..?”, “Se la concorrenza abbassasse i prezzi del 10% lei come agirebbe?”, “Se gli infortuni in officina aumentassero sensibilmente, lei cosa farebbe?”.
Normalmente è consigliabile iniziare ad affrontare i vari argomenti del colloquio con domande aperte, per passare poi ad eventuali domande ipotetiche, e solo infine porre domande chiuse.
Un normale colloquio non dovrebbe essere di durata inferiore ai tre quarti d’ora e superiore alle due ore.
Prima che l’intervistatore incontri l’intervistato probabilmente ha già potuto formarsi delle prime impressioni sul candidato, basandosi su informazioni quali il curriculum vitae, la domanda di assunzione, le referenze, gli eventuali risultati di test. Tali impressioni antecedenti all’intervista sono tra i fattori principali che influenzano la conduzione dell’intervista stessa e le valutazioni che ne scaturiscono. Per aumentare la validità dell’intervista è necessario dunque conoscere qual è l’impatto delle impressioni pre-intervista sui giudizi finali, e quali sono gli elementi che mediano tale impatto. Per comprendere tale problematica possiamo prendere in esame il modello sul processo dell’intervista che viene suddivisa in tre fasi principali:
- fase di pre-intervista: l’intervistatore si forma delle impressioni sul candidato basandosi sugli elementi più o meno numerosi e precisi a lui noti;
- fase dell’intervista: interazione faccia a faccia tra intervistatore ed intervistato;
- fase di post-intervista: valutazione delle caratteristiche del candidato, presa decisionale su un’eventuale assunzione o ricerca di altre informazioni e trascrizione scritta del giudizio finale.
È possibile cercare di comprendere come la seconda fase del processo può contribuire ad una valutazione del candidato indipendentemente dalle impressioni formatesi nella prima fase.
Il colloquio di selezione si sviluppa secondo direzioni e modalità largamente determinate dalla specifica interazione che si stabilisce tra intervistatore ed intervistato, in modo tale che ogni intervista risulta un episodio comunicativo per molti versi unico ed irrepetibile; è necessario soprattutto stabilire la strategia di ricerca delle informazioni da adottare, in riferimento sia al contenuto che alla condotta del colloquio stesso.
Le principali attività preliminari allo svolgimento dell’intervista sono:
a. analisi ed approfondimento dei requisiti necessari per svolgere la mansione prevista, così come emergono da una job analysis;
b. determinazione dei fattori di valutazione, preferibilmente ponderati in base alla loro importanza relativa;
c. scelta della tecnica di intervista più adatta: individuale o di gruppo; strutturata o semi-strutturata;
d. messa a punto di una serie di domande finalizzate alla valutazione dei fattori prestabiliti;
e. visione del curriculum del candidato, o della sua domanda di assunzione, per evidenziare eventuali omissioni o incongruenze, da chiarire in fase di intervista;
f. predisposizione del setting fisico in cui condurre l’intervista, dei tempi e della documentazione.
La ricerca sulla percezione sociale dimostra che i giudizi sugli altri possono venire indubbiamente influenzati dalle impressioni iniziali e secondo alcuni le valutazioni post-intervista sulle caratteristiche del candidato sono positivamente correlate in misura alquanto elevata con le impressioni pre-intervista.
Per quanto riguarda le correlazioni tra requisiti oggettivi ed impressioni pre-intervista, quest’ultime e le impressioni post intervista, osservando gli studi precedentemente citati, potrebbero riferirsi al medesimo o ai medesimi costrutti psicologici e che sarebbero dunque simili non per le influenze esercitate dalle prime sulle seconde, ma perché si riferiscono ai medesimi aspetti. Tuttavia i pochi studi che hanno riportato le correlazioni tra requisiti oggettivi e valutazioni all’intervista forniscono scarso supporto a questa affermazione. Inoltre la correlazione tra requisiti sulla carta valutati oggettivamente e valutazioni dell’intervista è normalmente piuttosto bassa. A seguito delle diverse e varie valutazioni sperimentate da studiosi si è giunti ad affermare che le informazioni presentate inizialmente hanno un’influenza enorme sui risultati dell’intervista (Hakel, 1982).
Le prime informazioni su un candidato derivano generalmente dai requisiti presentati nel curriculum, che hanno realmente un’enorme influenza sulle impressioni e valutazioni che l’intervistatore effettua successivamente.. Quest’ultimo insieme ai punteggi dei test, referenze ed altre credenziali rappresenta una fonte importante di informazioni valide e controllabili a dispetto di dati disponibili a seguito dell’intervista.
Per quanto riguarda le correlazioni tra impressioni pre-intervista e valutazioni posto-intervista, diversi studi hanno evidenziato correlazioni significative tra valutazioni post- intervista sulle caratteristiche dei candidati ed impressioni pre-intervista ricavate dal curriculum, dai risultati dei test o dalle referenze. La prima evidenza sugli effetti delle impressioni pre-intervista è stata rilevata da Springbett (1958) che sviluppò uno studio su quanto la domanda di assunzione e l’aspetto esteriore risultassero positivi o negativi sull’influenza dell’apparenza ed accettazione successiva dopo l’intervista.
Quattro studi successivi hanno riportato dei dati che integrano quelli precedentemente esposti, confermandoli nella loro sostanza sebbene l’intensità dell’effetto della prima espressione sia risultato generalmente un po’ inferiore: le valutazioni pre.intervista delle caratteristiche dei candidati sono risultate positivamente correlate con le valutazioni post-intervista.
Oltre all’evidenza che le valutazioni post-intervista tendono a confermare le impressioni pre-intervista, c’è qualche dato che indica come anche le valutazioni post-intervista dei requisiti sulla carta e del comportamento dell’intervistato siano altamente correlate: ad esempio una possibile correlazione tra fattori caratteriologici e requisiti sulla carta.
Mediatori cognitivi e comportamentali delle prime impressioni
Sebbene il modo più ovvio per evitare gli effetti delle impressioni pre-intervista sia quello di utilizzare esaminatori differenti per valutare i requisiti sulla carta e per condurre l’intervista, la situazione più comune è quella in cui la stessa persona effettua i due compiti. I risultati delle ricerche dimostrano che l’intervistatore ha difficoltà a formarsi delle impressioni post intervista indipendentemente dalle impressioni pre-intervista. Per capire come le impressioni pre-intervista condizionano le successive valutazioni dell’intervistatore si può fare un esame dei processi comportamentali e cognitivi che mediano l’effetto delle impressioni pre- intervista:
· Categorizzazione cognitiva: l’intervistatore esaminando i dati in suo possesso sul candidato si forma delle prime impressioni su di lui. L’intervista faccia a faccia che segue culmina con la formazione di giudizi più globali sulle caratteristiche dell’intervistato che però riflettono almeno parzialmente le impressioni iniziali, che costituiscono almeno una base parziale per le decisioni finali che l’intervistatore prenderà. L’atto di esaminare i requisiti sulla carta può mettere in moto un processo attraverso il quale i candidati sono collocati in categorie (candidato ottimo, medio non idoneo). La concezione dell’intervistatore circa il candidato tipico di ogni categoria può guidare ed influenzare la conseguente raccolta e ricerca delle info sui candidati. Il risultato è che gli intervistatori si formano delle aspettative su come gli intervistati si presenteranno nel corso dell’intervista.
Macan e Dibpoye trovarono che per gli intervistatori ai quali venivano date delle informazioni pre-intervista sul candidato indicanti il possesso di elevati requisiti, si formavano forti aspettative che il candidato avrebbe dato delle buone risposte alle loro domande, avrebbe manifestato dunque le caratteristiche proprie del candidato ideale per il lavoro in questione e avrebbe in generale manifestato tratti coerenti con lo schema del candidato ideale.
Senza dubbio ci sono grosse differenze tra intervistatori negli schemi che influenzano le loro impressioni pre-intervista.
· Conferme comportamentali delle aspettative: le aspettative che gli intervistatori si formano nella fase di pre-intervista possono avverarsi poiché inducono il candidato a rispondere nei modi che confermano tali aspettative. In altre parole, intervistatori favorevolmente impressionati dalle credenziali di un candidato, fanno sì che questi si presenti bene nel corso dell’intervista, mentre quelli con impressioni sfavorevoli conducono il candidato ad apparire realmente meno qualificato. Così gli intervistatori scoprono nei candidati niente di più di quello che si aspettavano, e l’intervista fallisce nel suo scopo di contribuire ad aggiungere info utili sul candidato.
Il fattore cruciale nel mediare le impressioni pre-intervista e post-intervista è la condotta dell’intervista da parte dell’intervistatore stesso. Come si deduce da numerose ricerche di laboratorio intervistatori con atteggiamenti favorevoli verso un candidato tendono a manifestare maggiori segnali di approvazione, e minori segnali di disapprovazione nel loro comportamento verbale e non verbale.
Ci sono almeno due modi in cui una condotta “alterata”dell’intervista può portare a conferme comportamentali. Una prima possibilità è che il comportamento dell’intervistatore influenzi la motivazione del candidato a dare una buona presentazione di sé. Candidati che percepiscono un atteggiamento favorevole possono venire incoraggiati a presentare nel migliore dei modi possibili le loro qualità. Candidati che percepiscono atteggiamenti negativi possono, per contro, smettere di tentare di dare una buona impressione, o l’ansietà che può insorgere li danneggia nei loro tentativi. In secondo luogo le azioni dell’intervistatore possono anche condurre conferme comportamentali restringendo il range delle risposte del candidato.
· Mediatori cognitivi: un altro modo in cui le informazioni pre-intervista possono limitare la validità dell’intervista è attraverso l’alterazione della capacità di elaborazione delle info nell’intervistatore.
Le valutazioni post intervista possono allinearsi con le impressioni pre-intervista perché gli intervistatori dimenticano quelle informazioni che non sono congruenti con le loro aspettative, mentre ricordano principalmente le info coerenti con queste aspettative.
Deipboye et al. hanno evidenziato soggetti che ricordavano maggiormente le informazioni negative emerse da un’intervista in concomitanza di una domanda di lavoro sfavorevole. In alcuni casi l’effetto era particolarmente evidente. Macan e Dipboye hanno trovato che un’interpretazione distorta di ciò che viene ricordato è più importante di quello che si ricorda.
Interpretazioni distorte delle informazioni possono verificarsi anche per le attribuzioni causali che gli intervistatori fanno sul comportamento del candidato durante l’intervista: quando gli intervistatori avevano delle impressioni favorevoli pre- intervista, erano più inclini ad attribuire i successi passati dei candidati a cause interne.
Anche se la maggior parte delle ricerche condotte sembra confermare il modello discusso finora, non sempre però le interviste si riducono ad una profezia che si auto avvera. E’ possibile che l’intervistatore segua degli schemi alternativi di valutazione:
- l’intervistatore può rimanere poco condizionato dalle impressioni pre intervista quando ricerca ed elabora le info nel corso dell’intervista;
- l’intervistatore può adottare delle strategie di conferma, cioè che impressioni iniziali molto favorevoli conducano l’intervistatore a sottolineare i punti deboli del candidato, valorizzando le info positive raccolte;
- modello misto nel quale l’intervistatore presenta combinazioni di questi processi.
È necessario approfondire la ricerca per determinare le condizioni entro le quali ognuno di questi schemi alternativi ha maggiore probabilità di verificarsi. Dipboye e Macan in alcuni studi hanno sostenuto che i meccanismi di conferma capitano soprattutto quando:
- l’intervistatore è molto sicuro delle sue impressione pre-intervista del candidato e il candidato è insicuro sull’impressione che sta facendo all’intervistatore;
- quando l’intervistatore è vincolato alle sue impressioni pre-intervista per averle presentate o esplicitate ad altri;
- quando l’intervista è poco strutturata, nel senso che i requisiti della mansione e le procedure di valutazione dei candidati non sono fissate, o lo sono solo vagamente;
- quando l’intervistatore è poco addestrato alle tecniche più efficaci di intervista, e non è consapevole dei possibili effetti negativi delle sue impressioni pre-intervista.
Questi variabili suggeriscono anche dei possibili modi per aumentare la validità dell’intervista.
L’implicazione più chiara degli effetti delle prime impressioni è che la ricerca futura dovrà studiare l’intervistatore e l’intervistato nelle varie fasi del processo di selezione: misurare cioè le impressioni che si formano nella fase di pre-intervista, monitorare il comportamento del candidato e dell’intervistatore nella fase di intervista, controllare l’informazione trattenuta dell’intervistatore dopo l’intervista ed infine verificare le valutazioni espresse sulla base di questa informazione. Un approccio integrato e multifasico potrebbe permettere di migliorare le conoscenze sulle caratteristiche dell’intervista che consentono di effettuare delle valide predizioni sul candidato.