Le informazioni sfavorevoli (Francesca Valfrè)
Le informazioni sfavorevoli Le valutazioni e
decisioni prese dall’intervistatore nel corso dell’intervista sono influenzate
da vari fattori, tra i quali vi sono le informazioni negative che hanno un peso
importante. Sono state svolte
alcune ricerche inerenti alla loro rilevanza, tra le quali ricordiamo quella di
Springbett (1958), il quale sostiene che molto spesso una piccola quantità di
informazioni negative dà origine ad una valutazione negativa nei giudizi
conclusivi. Altre ricerche condotte
da Bernstei, Hakel e Harlan (1975), rilevano che i selezionatori più esperti sono
più severi rispetto a coloro con meno esperienza. Secondo le ipotesi
di Springbett (1958) e ridefinita da Rowe (1984), si può spiegare il motivo per
cui le informazioni sfavorevoli hanno maggior peso nelle decisioni: perché il
selezionatore ha il compito di assumere i candidati più idonei e di rifiutare
quelli meno competenti, basandosi su un profilo prefissato. L’intervistatore
può cadere in errore nel momento in cui decide di non assumere un candidato che
in realtà è idoneo, oppure, quando sceglie di assumerne uno che non lo è. Il
rischio che corre il selezionatore è essenzialmente quello di assumere un candidato
che non è idoneo, e ciò comporterà delle serie conseguenze per sè. Per tutelarsi
da ciò, il selezionatore sarà più scrupoloso, e tenderà a dare più rilievo alle
informazioni negative. Secondo l’approccio
costi-benefici, elaborato da Kanouse e Hanson,1972; Tversky e Kahneman, 1981 (
i quali concordano con la spiegazione data da Springbett e Rowe), i
selezionatori tendono ad essere più contrari ad accettare un candidato poco
qualificato piuttosto che a rifiutarne uno idoneo. Secondo alcuni
autori tra i quali Springbett (1958) l’intervistatore ricerca, spesso e
attivamente, le informazioni negative all’interno del curriculum e/o della
personalità dei candidati. Nel corso delle interviste,
gli intervistatori cercano di formulare delle ipotesi sui candidati, mettendoli
poi alla prova con domande opportune. Snyder e Swann (1978) e Snyder (1981)
hanno dimostrato che tutti utilizzano una strategia di ricerca delle
informazioni, volta a confermare o smentire le ipotesi prestabilite delle
personalità altrui. Sono stati svolti
diversi studi inerenti al comportamento attivo di ricerca dell’informazione nell’intervista,
i quali dimostrano che: - l’intervistatore
crea delle ipotesi sulle caratteristiche del candidato, e cerca di verificarle
attraverso opportune domande; - diverse
metodologie possono mettere in luce tale comportamento di ricerca attiva delle
informazioni; - contraddicono la
tesi di Springbett inerenti al fatto che l’intervistatore ricerchi principalmente
le informazioni negative, in quanto sostengono che gli intervistatori
prediligono porre domande tali da evidenziare, nel candidato, i suoi requisiti
positivi. Queste ultime ricerche
prese in considerazione rimandano alla considerazione per la quale gli
intervistatori tendono ad assumere una strategia di domande positive, al fine
di formarsi un’impressione sul soggetto. Essi infatti, per poter selezionare un
candidato in base ad un “modello” prefigurato, tendono a confrontare i profili
secondo tale modello, e nel corso dell’intervista adottano una strategia di
domande volte a confermare l’idea di partenza. Secondo Binning et al.(1988) le
impressioni iniziali influenzano lo svolgimento del colloquio, in quanto le
strategie di domande dipendono dalle risposte rese dal candidato. Vi sono
comunque vari fattori (ad esempio il contesto, il sesso degli attori,ecc.) che
incidono sulla scelta dell’applicazione di strategie di domande (positive e
negative). In conclusione, è
possibile definire gli ambiti in cui si prediligono le strategie di domande
positive e quelle negative. Difatti, vengono adottate le prime nelle interviste
con pochi candidati, nei colloqui allo scopo di reclutamento in cui l’obiettivo
è attirare i candidati, quindi vengono utilizzate poche domande negative. Per
quanto concerne le domande negative, è possibile adottarle nelle interviste di
screening, in cui l’obiettivo è quello di ridurre al minimo indispensabile il
numero notevole di candidati. Quest’ultima affermazione è stata confermata
dalle ricerche di Huber et al. (1987), nelle quali si disconferma la tesi di
Springbett (l’intervistatore ricerca attivamente le informazioni negative) in
quanto si dimostra che gli intervistatori prediligono porre delle domande
positive, per così confrontare meglio il modello con il profilo del candidato.
Gli intervistatori dunque, tendono ad essere scrupolosi per quanto concerne
l’utilizzo delle informazioni negative, per evitare falsi positivi.