Gli attori (Mariella Armando)
La letteratura sull’intervista, quale strumento utile per condurre uno studio su un certo tipo di argomento, è molto ricca di elementi e spunti che possono essere applicati anche al caso specifico dell’intervista di selezione. L’intervista, per definizione, è uno scambio verbale tra più persone nel quale uno o più esperti cercano di raccogliere informazioni su dati personali, comportamenti e atteggiamenti di uno o più soggetti intervistati su un particolare fenomeno da studiare fondando empiricamente le proprie riflessioni. L’intervista di selezione in particolare consiste in uno scambio di informazioni faccia a faccia tra un rappresentante dell’organizzazione ed un candidato, con la principale finalità organizzativa di valutare i possibili candidati per una certa mansione e di scegliere la persona o le persone più adatte a svolgerla nel modo ottimale. Attraverso l’intervista di selezione si dovrebbe essere capaci di prevedere il comportamento lavorativo futuro del candidato ed il suo grado di successo professionale (validità predittiva) e si dovrebbero ottenere delle valutazioni concordanti tra diversi intervistatori e costanti nel tempo(attendibilità dell’intervista).
Ogni intervista presenta qualcosa di unico poiché l’interazione che si realizza tra i due attori, l’intervistatore e l’intervistato, ha in ogni occasione qualche specifica caratteristica, e poiché i comportamenti umani possono essere innumerevoli, influenzando così gli esiti dell’intervista e valutazioni che ne derivano.
L’intervistato e l’intervistatore sono ovviamente i due elementi fondamentali in base ai quali si sviluppa l’intervista stessa e si rapportano tra loro in una situazione partecipata asimmetrica durante la raccolta- produzione dei dati. L’asimmetria deriva dal fatto che un soggetto ha come ruolo principale il porre domande e l’altro il fornire risposte: il potere tra intervistatore e intervistato dovrebbe essere distribuito equamente ma in realtà non è mai così.
Diversi studi hanno esaminato dettagliatamente le caratteristiche personali dei due attori.
La conduzione dell’intervista deve seguire infatti precisi criteri che assicurino la validità e l’attendibilità dei dati ottenuti. Un numero ragguardevole di studi ha esaminato la relazione tra le caratteristiche demografiche dell’intervistato e le valutazioni dell’intervistatore.
Per quanto riguarda la variabile sesso, per alcuni autori sussiste un’influenza, sia pure di non grossa entità mentre per altri non risulta significativamente correlata con gli esiti dell’intervista; per altri ancora sono presenti favoreggiamenti verso il sesso femminile in riferimento ad alcuni tratti di valutazione come simpatia o gradevolezza della persona. In sintesi pare che i risultati delle ricerche non consentano di trarre conclusioni certe in quanto la sensazione complessiva che si può ricavare sembra incidere sulle valutazioni in misura inferiore di quanto si creda in genere e la sua incidenza sembrerebbe essere tanto minore quanto più l’intervistatore possiede altre informazioni sull’intervistato. I motivi delle discordanze nei risultati conseguiti sono molteplici e riconducibili alle differenze presenti in riferimento alla popolazione studiata, alla metodologia di ricerca adottata, alla situazione studiata, al livello della mansione. Si può ritenere comunque che la variabile incida in modo più rilevante per alcune mansioni piuttosto che per altre, in funzione di requisiti specifici richiesti o stereotipi sessuali che possono eventualmente contraddistinguerla.
I risultati degli studi dedicati invece all’analisi della variabile razza portano a evidenziare una disparità nei confronti dei neri che vengono valutati meno positivamente dei bianchi in riferimento a dimensioni non verbali e al giudizio globale. È stato anche rilevato un meccanismo “effetto stessa razza” in base al quale sono valutati positivamente i candidati appartenenti alla medesima razza dell’intervistatore; tale effetto agisce in misura minore tanto più l’intervista è strutturata.
Per quanto concerne la variabile età, la sua incidenza è collegata a quella di altre variabili e gli effetti dipendono fortemente dal livello e dal tipo di mansione oppure da alcune caratteristiche personali di base, come il sesso dell’intervistatore, che vengono comunque apprezzate indipendentemente dall’attività per la quale è effettuata la selezione per cui candidati anziani o portatori di handicap mentali e fisici sono valutati meno favorevolmente rispetto a soggetti giovani o femminili. Per quanto riguarda in particolare” la mansione” gli aspetti relativi al background scolastico e professionale sono valutati sempre in riferimento alle esigenze dei diversi posti di lavoro e quindi assumono pesi diversi nelle diverse interviste di selezione; ad esempio si riscontrano valutazioni meno positive nei confronti di intervistati con marcati accenti dialettali o di lingue straniere , per lo più in una situazione di mercato di lavoro caratterizzata da mobilità internazionale.
Ciò nonostante il quadro complessivo risulta comunque ancora incerto.
Il tema del comportamento verbale ha ottenuto un’ attenzione degli studiosi relativamente inferiore a quella di altri aspetti, nonostante rappresenti il fattore con maggiore peso ai fini delle valutazioni che derivano dall’intervista stessa. È accertato comunque l’effetto significativo sulle valutazioni dell’intervista del contenuto verbale e della fluenza dell’intervistato così come l’uso appropriato delle pause e l’intelligibilità complessiva del discorso.
È necessario non scindere la comunicazione verbale da quella non verbale: nelle interazioni diadiche è possibile rilevare comportamenti ricorrenti quali l’imitazione, il rinforzo, l’equilibrio che non si basano unicamente sul comportamento verbale ma anche quello non verbale. Quest’ultimo si manifesta attraverso diverse forme di espressione,ciascuna con un proprio peso nella comunicazione: comportamento spaziale, comportamento motorio, espressione del volto, sguardo, aspetto esteriore, aspetti non linguistici. Esso svolge alcune funzioni fondamentali quali la trasmissione di atteggiamenti interpersonali e di quelle informazioni che riguardano questioni di relazione, l’espressione delle emozioni e dei sentimenti e gli atteggiamenti inconsapevoli che ciascuno ha di sé e della propria immagine corporale ed infine una funzione meta comunicativa, riguardante l’inflessione della voce, i gesti, la mimica facciale e così via.
L’applicazione della tecnica dell’intervista viene così accompagnata dall’applicazione contemporanea della tecnica dell’osservazione.
Il comportamento non verbale dell’intervistatore è stato indagato da più punti di vista.
Secondo Chirban egli può giungere ad una migliore comprensione sulla base di cinque fattori: autoconsapevolezza, autenticità, capacità di entrare in sintonia, attenzione alle proprie caratteristiche personali, capacità di stabilire una relazione. Un altro approccio è quello di studiare come il comportamento dell’intervistatore influenza il comportamento dell’intervistato. Secondo Keenan e Wedderburn (1975) effetti di segnali non verbali di approvazione e disapprovazione incidono positivamente o negativamente sul comportamento e quindi su valutazioni, interpretandoli inoltre come possibilità di successo (Ryenes e Miller, 1983). Le abilità d’interazione dell’intervistatore possono incidere in modo decisivo sulla soddisfazione dell’intervistato riguardo al processo di selezione e quindi sulle probabilità che accetti un’eventuale offerta d’impiego. Tale effetto si verifica quanto più, assieme alla abilità di comunicazione, sono presenti altri fattori quali completezza delle informazioni fornite, similarità di background scolastico con l’intervistato, medesima estrazione sociale. Più in generale il comportamento dell’intervistatore può venire interpretato come “tipico” dell’organizzazione di appartenenza e di conseguenza se l’intervistato apprezza i modi ed il comportamento dell’intervistatore può anche considerare l’organizzazione come posto desiderabile in cui lavorare, con riferimento alla finalità non solo di selezionare ma anche di reclutare, cioè rendere attraente l’organizzazione agli occhi del candidato.
Alcune specifiche ricerche hanno poi ottenuto risultati interessanti nel contesto di selezione. Imada e Hakel (1977) hanno studiato gli effetti del comportamento non verbale ottenendo valutazioni migliori verso i candidati più attivi e socievoli, sottolineando l’importanza determinante del contatto visivo dell’intervistato per le impressioni di competenza e forza del carattere, di motivazione e adattabilità (Anderson, 1991) per possibili giudizi di selezione. Altre ricerche hanno evidenziato l’importanza dell’aspetto esteriore e dell’abbigliamento del candidato in vista di giudizi finali. La ricerca sul comportamento non verbale indica che tale categoria influenza le valutazione dell’intervistatore ma può anche rappresentare una potenziale fonte di errori e distorsione per l’intervistatore, nel senso che ostacolano nella ricerca di fattori di valutazione realmente validi.
L’intervista può risultare uno strumento imperfetto a causa dell’incidenza degli errori umani durante l’acquisizione e l’elaborazione delle info; un livello accettabile di oggettività e validità psicometrica è ottenibile attraverso il controllo delle fonti di errore presenti nel processo di intervista, in particolare nell’intervistatore. Secondo questa prospettiva il ruolo ed il coportamento dell’intervistatore deve essere il più possibile non partecipante nella relazione con l’intervistato: egli deve limitarsi a raccogliere un campione di comportamenti del candidato da cui prevedere il comportamento lavorativo futuro.
La figura dell’intervistatore è caratterizzata dalla diversità di caratteristiche personali in base al grado di informazioni ottenute e quest’ultime di diverso tipo e in base all’elaborazione, integrazione e valutazione migliore circa le informazioni raccolte. Sono anche presenti considerazioni di carattere motivazionale, culturale, di personalità. Per la buona riuscita dell’intervista infatti è importante la capacità di gestire una relazione: le capacità umane e relazionali hanno importanza cruciale. In questo percorso giocano un ruolo importante le doti innate dell’intervistatore, la sua capacità di ascoltare, di ispirare fiducia all’intervistato, di colpire l’attenzione, di interessare e motivare l’intervistato al dialogo. È di fondamentale importanza lo stabilirsi di una relazione. Per acquisire una disposizione all’ascolto, quale principio basilare per la conduzione dell’intervista, l’intervistatore deve mettere in atto un processo che Rogers chiama “accettazione positiva incondizionata”, ossia un’accettazione avalutativa dell’intervistato nella sua unica e irripetibile originalità.
Molti studi hanno indagato quali sono le strategie utilizzate per giungere ai giudizi conclusivi a seguito dell’elaborazione delle informazioni e come questi possono risultare eventualmente errati. Non bisognerebbe cedere alla tentazione di classificare l’intervistato in una categoria predefinita, in quanto il processo di categorizzazione è tipico della conoscenza di senso comune e deve essere sospeso per tutta la durata dell’intervista. Come errori cognitivi principali che può commettere l’intervistatore nell’elaborare le informazioni raccolte possiamo classificare
Stereotipi: sull’intervistato ideale rispetto ai quali confronta e giudica il candidato;
- Primacy-recency: l’intervistatore è maggiormente influenzato dalle informazioni che emergono all’inizio dell’intervista;
- Contrasto: le valutazioni sono influenzate dai candidati precedenti;
- Uguaglianza: vengono valutati favorevolmente i candidati simili all’intervistatore;
- Info negative: viene dato maggior peso alle informazione negative rispetto a quelle positive;
- Alone: il giudizio su uno specifico aspetto influenza i giudizi su altri aspetti del candidato ed il giudizio complessivo.
L’intervistatore è dunque soggetto a compiere numerose distorsioni di giudizio che possono trarre origine dalla tendenza a semplificare la complessità del compito valutativo, utilizzando strategie che agevolano la valutazione ma nello stesso tempo introducono delle possibilità di errore. Il ricorso a tali strategie è favorito dalla situazione propria dell’intervista di selezione, in cui è richiesto all’intervistatore di pervenire in tempi rapidi alla formulazione di un giudizio a fronte però di informazioni sul candidato limitate, incomplete ed a volte incerte. Il vissuto di ciascun intervistato deve essere per l’intervistatore un’entità unica e specifica.
Il fare ricerca sociale è un lavoro che, qualsiasi approccio o strumento si utilizzi, richiede esperienza sul campo ma nell’intervista di selezione il fattore “esperienza” sembra non incidere significativamente sull’accuratezza delle valutazioni al punto che la conduzione quotidiana di interviste di selezione non pare comportare, secondo alcuni autori, un incremento considerevole nella validità e nella precisione dei giudizi. Un aspirante intervistatore deve comunque iniziare a formarsi partendo anzitutto da una riflessione su se stesso e sulla sua disponibilità. Una volta stabilita la sua capacità di assumere una disponibilità all’ascolto, la conduzione di un’intervista richiede da parte sua la conoscenza di tecniche apposite, le quali gli consentono di evitare le distorsioni e le influenze anche inconsapevoli che egli può esercitare sul soggetto intervistato, indirizzandone le risposte. A tale scopo è necessario tener presente alcuni criteri generali:
- mettere l’intervistato a proprio agio: ossia predisporre un luogo tranquillo, un ambiente cordiale e sereno di interazione senza trasmettere tensione ed astenendosi da pressioni o coercizioni. Il tono del parlato è molto importante e deve essere calibrato al fine di comunicare serenità.
- ascoltare l’intervistato con interesse caldo e genuino: ossia far sentire il proprio calore e disponibilità affettiva.
- aiutare l’intervistato a esprimere ciò che sente e pensa: ossia saper tacere il più possibile supportando il silenzio con elementi comunicativi non verbali positivi quali il sorriso per esempio. Si può stimolare il discorso attraverso meccanismi diversi quali la contraddizione, i rilanci, la complementazione, l’interpretazione e via dicendo.
- assumere un atteggiamento non valutativo: l’intervistato, qualunque siano la sua storia pregressa e le sue esperienze di vita, va accettato in quanto tale nella sua unicità e originalità. Alcune ricerche hanno centrato l’attenzione sulla relazione esistente tra le caratteristiche psicologiche dell’intervistato, come intelligenza, personalità, valori e via dicendo, ed i risultati dell’intervista di selezione. Sono stati riscontrati effetti significativi di alcune variabili come assertività, autostima, puntualità, abilità sociali.
- cercare di immedesimarsi nell’intervistato attraverso la tecnica dell’empatia: è utile raffigurarsi nelle situazioni descritte dall’intervistato per comprendere azioni e comportamenti ed avere così un quadro il più possibile completo.
- non “fare propri” i problemi dell’intervistato: è necessario avere la capacità di non accollarsi emotivamente i suoi problemi.
- capire che è l’intervistato che fa un favore all’intervistatore e non viceversa: è indispensabile curare la rilevanza delle domande con gli scopi dell’indagine, ossia chiedere soltanto ciò che realmente serve.
- non cercare di affermare se stesso e i propri punti di vista: è opportuno non rilevare all’intervistato i propri punti di vista, soprattutto per evitare effetti di trascinamento.
- non portare le proprie frustrazioni nell’intervista: l’intervistatore dovrebbe condurre interviste solo se in quel momento è in buone condizioni psicofisiche. Le sue capacità di valutazione sono influenzate dalla sfera della personalità ed in particolare ai tratti di equilibrio e stabilità emotiva.
- far sapere in anticipo all’intervistato come verranno utilizzate le informazioni da lui fornite: l’intervistato ha diritto ad una spiegazione chiara ed esauriente dei fini dell’intervista e di quelli più generali che ha la ricerca, di cui l’intervista rappresenta lo strumento di raccolta dei dati.
- distinguere le proprie sensazioni e riflessioni e le proprie parole da quelle dell’intervistato: l’intervistatore deve imparare ad ascoltare e ad ascoltarsi, cercare di sentire e decodificare i moti intrapsichici che la relazione di intervista gli provoca.
- assumere una curiosità non morbosa, non cercare di estorcere informazioni ad ogni costo: non si deve mai insistere per ottenere un’informazione se l’intervistato prova disagio nel parlare di quell’argomento, o più semplicemente non la vuole dare. Inoltre, l’intervistatore non deve cercare di far parlare l’intervistato su un argomento che non conosce bene.
- essere congruente, ossia dimostrare accordo tra i suoi sentimenti e le sue parole: bisogna dare l’impressione di essere aperto, sincero e leale. A tale scopo egli deve mantenere accordo tra ciò che dice e ciò che pensa.
- chiedersi quali sono le aspettative che egli ripone nell’intervista: è l’intervistatore che deve avere determinate aspettative riguardo l’intervista.
- capire come l’intervistato vive quello che sta dicendo: l’intervistatore deve chiedersi “cosa c’è dietro” alle parole dell’intervistato ed interrogarsi sulle opinioni e sugli atteggiamenti latenti dell’intervistato e sul loro rapporto con le manifestazioni esterne.
- indirizzare il discorso dell’intervistato verso le aree particolarmente interessanti o non ancora approfondite: si può utilizzare il meccanismo della ripresa parziale di quanto espresso dall’intervistato allo scopo di dirigere il discorso sugli aspetti che gli interessa approfondire.
- superare le situazioni in cui l’intervistato si blocca o non gradisce parlare di un certo argomento e trarne informazioni.
- stimolare e cogliere il comportamento non verbale e le dissonanze tra questo e quello non verbale: l’intervistatore può mettere in risalto gli elementi di dissonanza tra espressioni verbali e non verbali dell’intervistato per stimolare la discussione.
- far capire costantemente all’intervistato che lo si sta ascoltando: è importante confermare costantemente all’intervistato la propria attenzione, accompagnando il suo discorso con cenni di assenso del capo o con espressioni di interesse oppure chiedendo ulteriori chiarimenti Può essere utile riproporre i sentimenti che sono sembrati sottesi alle parole anche a scopo di chiarificazione.
L’intervistato viene considerato come un soggetto attivo; si ottiene un gioco di ruoli basato sui concetti di aspettativa e attribuzioni. La funzione dell’intervista è quella di influenzare e modificare il sistema reciproco elle aspettative per giungere ad una situazione negoziale(contratto psicologico) soddisfacente per entrambi i soggetti.
Per quanto riguarda infine la possibilità di organizzare dei corsi progettati specificatamente per “insegnare” al candidato come affrontare l’intervista di selezione, sono stati esaminati gli effetti che si possono avere sul comportamento dell’intervistato e sui risultati dell’intervista. Campion e Campion (1987) hanno esaminato l’influenza di un corso per l’intervista su un campione di soggetti con esperienza di lavoro ottenendo come risultato che i soggetti addestrati non hanno ottenuto “reali” valutazioni migliori, né hanno ricevuto più offerte di lavoro. Non si hanno dunque risultati chiari ed univoci. Ciò che sembra utile da realizzarsi è uno studio di comparazione sulle diverse tipologie di training possibili.
Uno specifico training invece riguardo il ruolo dell’addestramento all’intervista può eliminare alcuni dei più comuni errori di valutazione e consente di migliorare la capacità di porre domande, di ascoltare in modo attento e prolungato, di raccogliere le informazioni rilevanti. Il linguaggio da utilizzare, ad esempio, deve essere il più comprensibile possibile; il significato che l’intervistatore dà ai termini utilizzati deve essere lo stesso che dà a tali termini l’intervistato. Tutto ciò può comportare il rischio di una ingiustificata confidenza nelle proprie abilità di valutazione di generare la cosiddetta “illusione della validità”.
È necessario poi tenere presente che l’intervistato può opporre delle difese verso l’intervista, quali ad esempio:
- l’evasione, ossia tendere a non parlare o ad eludere le domande, esprimere posizioni generiche.
- la seduzione, ossia dire cose di sé che lo possono favorire o danneggiare ms finalizzate a fare dell’intervistatore un suo amico, un suo alleato.
- l’aggressione, ossia il mostrarsi annoiato o non collaborativo, rifiutandosi di comunicare, contestando le domande che gli vengono fatte.