Capitolo 3. Tipi di variabile, indicatori e indici (Roberta Napolitano)

 

Non tutte le variabili sono uguali fra loro. Ne esistono di vario tipo ed è importante distinguerle e riconoscerle in quanto a seconda del tipo di variabile con cui si ha a che fare cambiano le tecniche di elaborazione e di analisi dei dati che possono e che non possono essere utilizzate. Spetta quindi al ricercatore distinguere fra i diversi tipi di variabile ed impiegare per ciascuno solo le tecniche ad esso appropriate. Ci sono due tipologie proposte per distinguere fra loro diverse variabili: una è quella elaborata da Stevens che ha costituito per decenni il punto di riferimento per coloro che si sono occupati di metodologia della ricerca sociale. Questa tipologia presenta dei limiti e dei difetti di natura formale e epistemologica,la seconda è la tipologia proposta da Marradi. Stevens distingue tra quattro tipi di variabili che sono caratterizzate da un principio di cumulatività: le variabili del secondo tipo hanno tutte le caratteristiche proprie delle variabili del primo tipo, più alcune altre; le variabili del terzo tipo hanno tutte le caratteristiche proprie delle variabili del secondo tipo più alcune altre e , variabili del quarto tipo hanno tutte le caratteristiche proprie delle variabili del terzo tipo più alcune altre.  I tipi di variabili proposte da Stevens sono:

 1)le variabili nominali distinguono fra stati diversi di una determinata proprietà,senza la possibilità di fornire nessun altra informazione aggiuntiva. Si possono fare  affermazioni di uguaglianza e di diversità : A=A e A diverso da B esempio la nazionalità, la città di nascita. Le modalità di una variabile nominale sono sempre indicate da parole, da nomi. Quando andiamo a trascrivere i dati raccolti nella nostra matrice viene in genere assegnato un codice numerico . esempio modalità Juventus=1, modalità inter=2 ecc. Bisogna stare attenti al fatto che questi che andiamo a inserire in matrice non sono numeri veri e propri ma sono dei segni grafici usati in maniera simbolica. Con essi non è possibile effettuare nessun tipo di operazione matematica se non quella di uguaglianza e differenza.

 2) le variabili ordinali non solo distinguono fra stati diversi di una determinata proprietà, ma individuano anche un ordine tra questi stati. Con le modalità di una variabile ordinale sono possibili affermazioni di uguaglianza e di differenza ma anche di superiorità o inferiorità. A diverso da A e A = A ma anche A > B. Tra le modalità di una variabile ordinale vale anche la proprietà transitiva : se A è maggiore di B e B a sua volta è maggiore di C, A sarà anche maggiore di C: se A>B e B>C allora A>C. Al momento dell’inserimento nella matrice dati, viene di solito fatto corrispondere un numero attribuito in questo caso  rispettando l’ordine effettivamente esistente fra le modalità stesse. Si tratta di semplici simboli che dei numeri mantengono solo le proprietà di distinzione e in questo caso anche quello ordinali.

3) variabile a intervalli equivalenti: Non solo permettono di distinguere fra stati diversi di una determinata proprietà e di individuare fra questi un ordine gerarchico ma ci consentono di stabilire la distanza esistente fra due stati diversi della medesima proprietà. Possiamo fare affermazioni di uguaglianza o diversità,di inferiorità o superiorità ma anche di addizione e sottrazione. La caratteristica principale è quella di venire misurata secondo una scala che presenta un punto zero stabilito in maniera arbitraria. Quando andiamo a inserire sulla matrice i dati relativi ad una variabile a intervalli non dobbiamo effettuare alcuna trasformazione essendo questi espressi in forma numerica.

 4) variabile a  rapporti e a proporzioni: Permettono di distinguere fra stati diversi di una determinata proprietà, di individuare tra questi un ordine gerarchico, di stabilire la differenza esistente fra due stati diversi della stessa proprietà e ci consentono di stabilir ei rapporti e le proposizioni esistenti fra di essi. Possiamo fare affermazioni di uguaglianza e di diversità,di inferiorità o superiorità. Possiamo effettuare operazioni di addizione e sottrazione ma anche di divisione e moltiplicazione. Si contraddistinguono per la presenza di un punto zero assoluto, non convenzionale ma dato in natura corrispondente all’assenza della proprietà considerata. Anche queste variabili vengono inserite nella matrice dati.

 Noi non misuriamo le proprietà che danno origine alle variabili di tipo nominale o ordinale. Bisogna trasmettere ai ricercatori l’ idea di avere a che fare con i risultati di una misurazione che potrebbe indurli a trattare i propri dati mediante particolari procedimenti di tipo statistico anche quando questi non sono applicabili. La tipologia proposta da Marradi distingue fra diversi tipi di variabili. A partire dalle diverse caratteristiche delle proprietà oggetto di studio e dai modi attraverso cui queste stesse proprietà vengono operativizzate . La prima distinzione che possiamo effettuare è quella tra proprietà continue e proprietà discrete. Una proprietà è continua quando dati i due soggetti che presentano uno stato diverso della stessa proprietà, è sempre possibile trovarne un terzo che presenti uno stato intermedio ai due precedenti. Se gli stati  di una proprietà possono essere infiniti le modalità di una variabile saranno sempre un numero finito. Le proprietà discrete possono descrivere al loro interno fra: A)quella tra i cui stati non è possibile individuare alcun ordine come ad esempio comune di nascita da cui deriveranno variabile di tipo categoriale. B) quelle tra i cui stati è possibile individuare un ordine di tipo gerarchico come ad esempio titolo di studio da cui deriveranno variabile di tipo ordinale. C) quelle i cui stati  su proprietà vengono individuati mediante conteggio come ad esempio il numero di automobili possedute, da cui deriveranno variabili di tipo cardinale. Le variabili di tipo categoriale consentono tra le rispettive modalità unicamente affermazioni di uguaglianza e di diversità. Le variabili di tipo ordinale consentono affermazioni di eguaglianza e di diversità, e in aggiunta a queste di superiorità o inferiorità; le variabile di tipo cardinali le cui modalità assumono la forma di un numero dotati di tutte le proprietà del numero stesso consentono oltre alle affermazioni permesse dagli altri tipi di variabili anche l’effettuazione di qualsiasi operazione di tipo matematica. Un ulteriore distinzione viene fatta tra quelle per le quali esiste un unità di misura e quindi direttamente misurabile e quelle per le quali tale unità di misura non esiste. Le proprietà continue misurabili sono ad esempio la lunghezza e il peso i cui stati vengono determinati mediante un confronto tra l’unità di misura e l’oggetto il cui stato su proprietà deve essere determinato mediante una misurazione. Da tali proprietà derivano variabili di tipo cardinali. Per quanto riguarda le proprietà continue non misurabili a questa categoria possono essere ricondotti tutti gli atteggiamenti umani. Non abbiamo nessuna unità di misura che si posso confrontare con lo stato che tale proprietà assume in un particolare soggetto e che ci permetta di quantificarlo. Si è provato a superare questo limite con degli strumenti come le cosiddette scale di atteggiamento. Utilizzando alcune scale di atteggiamento si ottengono variabili di tipo ordinale. Se si utilizzano le scale auto ancoranti si ottengono variabili di tipo quasi- cardinali. Le variabili quasi- cardinali sono variabili espresse in forma numerica, le cui modalità non sono numeri veri e propri e non essendo variabili di tipo cardinale possono essere trattate come se lo fossero. I tipi di variabili si riducono a tre : 1) variabili categoriali che corrispondono a quelli che Stevens ha chiamato variabili nominali 2) variabili ordinali che corrispondono a quelle che Stevens ha chiamato variabili ordinali 3) variabili cardinali alle variabili a rapporti e proporzioni di Stevens. Nella tipologia di Marradi vengo meno le variabili ad intervallo. Gli ultimi due concetti importanti sono quelli di indicatore e di indice. L’indicatore è uno strumento capace di fornire informazioni circa lo stato non rilevabile direttamente delle proprietà che si vuole analizzare. Esso non da mai esclusivamente informazioni relative al concetto che interessa al ricercatore ma anche ad altre realtà. Quello che si instaura tra il concetto specifico(indicatore) e quello più generale viene chiamato rapporto d’identificazione. Il rapporto di indicatore si forma su una relazione parte/ tutto o causa/effetto. La relazione causa/effetto può essere interpretata in una duplice direzione: il primo caso è quello in cui l’effetto viene assunto come indicatore della causa secondo il principio per cui un fenomeno che non può essere direttamente osservato lascerà delle tracce che ne permetteranno l’identificazione e lo studio. Perché ci sia questo tipo di rapporto di indicazione è necessario assicurasi che l’effetto non sia la conseguenza di una pluralità di cause o che il ricercatore sia in grado di tenere sottocontrollo queste possibili cause. Il secondo caso è più complesso ed è quello in cui l’indicatore costituisce la causa e il concetto indicato il suo effetto. La situazione corretta è quella in cui l’indicatore e causa necessaria e sufficiente del effetto oggetto di studio, e una situazione che si verifica raramente. L’indice invece è il risultato dell’aggregazione di più indicatori relativi ad un determinato concetto e ci fornisce un informazione sintetica di carattere complessivo relativamente allo stato di proprietà generali che non è possibile rilevare. I principali passaggi che il ricercatore deve compiere per arrivare alla costruzione di indice. La prima operazione da effettuare è quella di individuare le diverse dimensioni in cui si articola il concetto che si intende rilevare. Una volta individuate queste dimensioni fondamentali che potranno a loro volta essere articolate in sotto dimensioni è necessario individuare per ciascuna di esse una o più indicatori. Una volta selezionata gli indicatori si arriva a un punto controverso ovvero l’attribuzione a ciascun indicatore del peso che andrà ad assumere nella costruzione dell’indice complessivo. Tale scelta andrà effettuare sia sulla base di considerazione di carattere teorico sia in relazione a quelle che sono le finalità dello studio in atto ma resterà una decisione soggettiva:altri ricercatori potranno adottare soluzioni diverse. Il ricercatore deve argomentare le sue scelte alla comunità scientifica. Il passaggio successivo a quella dell’attribuzione dei pesi è l’espressione in un formato omogeneo di tutti gli indicatori. Come ultima fase gli indicatori una volta resi omogenei possono essere aggregati. Tale operazione può avvenire in vari modi. Esempio: attraverso il calcolo di una media aritmetica per le variabili cardinali o attraverso la costruzioni di una tipologia se si ha a che fare con variabile categoriali e ordinali.

 

3/8
Edurete.org Roberto Trinchero