Capitolo 6. Il colloquio per l'orientamento professionale (Marco Giachino)
Intervenire in maniera adeguata nella scelta del lavoro si rivela, inoltre, un’attività fondamentale anche sotto l’aspetto della prevenzione del disagio sociale. È appurato, infatti, come esista una netta correlazione tra scelte professionali errate e insorgenza di situazioni di disagio sociale tra i soggetti.
Gli interventi di selezione si sono limitati spesso a seguire due approcci, per molti versi riduzionisti: da una parte quello psicologico, che tende a far coincidere l’orientamento con i caratteri personali; dall’altra uno di tipo sociologico che, con l’orientamento cerca di rispondere alle esigenze occupazionali del contesto sociale.
In realtà approcci esclusivamente psico-attitudinali o sociologici non sono sufficienti: un orientamento più coerente si struttura necessariamente come un percorso dinamico, in cui la persona interessata sviluppa le proprie potenzialità mentre si avvicina alle sue scelte lavorative.
Il proposito del colloquio per l’orientamento non è solamente l’inserimento del soggetto, ma, più in generale, quello di attivare la persona e le sue potenzialità. Si inquadra quindi come attività educativa, piuttosto che diagnostica.
Il professionista dell’orientamento, perciò, alla conoscenza del mondo del lavoro deve affiancare necessariamente anche le competenze del consulente. La sua dev’essere un’attività rivolta soprattutto all’educazione: innanzi tutto deve aiutare i soggetti a entrare in contatto con la realtà lavorativa. Ma deve anche saper trasmettere un’idea positiva del lavoro in quanto tale: molto spesso le persone che si rivolgono ad una consulenza vivono il lavoro come un prezzo da pagare; un’attività necessaria, ma che sarebbe preferibile evitare. In realtà esso risponde alla naturale esigenza umana di autorealizzazione.
In sintesi, il colloquio orientativo si propone di combinare due aspetti:
- orientare ad un lavoro che sviluppi le potenzialità intrinseche del soggetto
- sviluppare un corretto rapporto (realistico e verosimile) con la realtà lavorativa.
Ma è soprattutto la relazione che si instaura tra i due interlocutori a rendere possibile la crescita attiva della persona. Una relazione efficace deve tener conto anche della dimensione emotiva del soggetto. Una buona dose di empatia è fondamentale per cogliere le istanze della persona.
A conferma di ciò, i requisiti fondamentali per arrivare a formulare una proposta di lavoro sono due: un positivo rapporto di fiducia e la conoscenza del soggetto.
La conoscenza del soggetto, inoltre, è fondamentale, in quanto alla base della personalizzazione della proposta.
La strategia di colloquio si struttura secondo determinati punti:
- una prima fase di “contratto psicologico”; fase introduttiva che si propone di definire i ruoli dei due interlocutori e i confini dell’azione (scopi, modalità...)
- una seconda fase di raccolta di informazioni sulla persona interessata. Questo passaggio richiede necessariamente un buon rapporto di fiducia tra gli interlocutori. Tra tutte le conoscenze da indagare, si dimostrano particolarmente importanti quelle relative alle aspirazioni, desideri ecc. che fanno capo ad un’immagine di “sé realizzato” nel mondo del lavoro
- si passa poi alla costruzione di una pensabilità positiva per il progetto. Partendo da quanto emerso dall’interlocutore si formula un progetto realistico in modo analitico, indagando i singoli aspetti.
In conclusione il colloquio di orientamento si presenta come un processo di empowerment del soggetto, volto a realizzare le sue istanze personali, le sue potenzialità.
Il desiderio, ben guidato, consente di sviluppare appieno le proprie capacità e favorisce un rapporto positivo col mondo del lavoro.