Capitolo III-1 (Chiara Calisto)

Prescrittività vs descrittività: dalla contraddizione alla complementarietà

Buyse riflette sulla relazione tra la dimensione valoriale e la dimensione scientifica, inserendole nel discorso delle scienze sperimentali

Per Buyse, nelle scienze sperimentali, ci sono due dimensioni importanti: quella valoriale e quella scientifica. Quest’ultima deve essere presente anche nella pedagogia così da poter migliorare le pratiche educative.
Della dimensione valoriale fanno parte:

·         Pedagogia perennis: che fa riferimento ai valori perenni, non mutabili nel tempo. I valori perenni indirizzano i fini educativi.

·         Pedagogia temporalis: che fa riferimento alle metodologie utilizzate nella ricerca sperimentale, che cambiano nel tempo.

Inizialmente la pedagogia era composta da due dimensioni quella filosofica e quella pratica. Buyse ha voluto aggiungere la dimensione scientifica nella pedagogia che, secondo lui, serve per migliorare il piano concreto. Tutte queste tre dimensioni sono sorrette e legate insieme dal piano valoriale.

Nel XX secolo prese piede il pensiero positivista. Il positivismo si fondava sul principio di verificazione (cioè quel principio che mira a verificare sulla base dell’esperienza) e venne in seguito mutato nel principio di falsificazione di Popper (cioè quel principio che ritiene valido solo ciò che è possibile falsificare). Grazie al principio di falsificazione iniziava a instaurarsi l’idea della non esistenza di un criterio di verità assoluta.
Freyerebend riteneva che la scienza non fosse universale, ma dipendesse dal contesto storico e fisico nei quali si collocava. L’esperienza oggettiva infatti non era più completamente valida, in quanto bisognava tener conto anche di una dimensione soggettiva, cioè di chi compie l’osservazione (chi osserva interpreta ciò che vede).
Secondo Agazzi, per capire quale disciplina sia o meno scientifica, questa deve rispondere a dei criteri ben precisi, riguardanti il processo conoscitivo (cioè la qualità dell’indagine) e non riguardanti l’oggetto d’indagine. Alla luce di questo pensiero si aprono nuove domande. Laeng si domanda quale sia il processo e quindi il metodo corretto per la definizione di una disciplina scientifica, in quanto esso cambia in base all’oggetto d’indagine e non è universale.
Dal positivismo e quindi dall’oggettività scientifica si passa al riconoscimento della soggettività del ricercatore in relazione alla cultura, al tempo storico e al campo teoretico al quale si riferisce il ricercatore stesso.
Se si prende in considerazione il soggetto allora significa che bisogna prendere in considerazione la dimensione valoriale che il soggetto sceglie. Come diceva Morin è impossibile separare il campo scientifico da quello valoriale.
Nella ricerca pedagogica in primis è impossibile estromettere la dimensione valoriale perché è anche grazie ad essa che il ricercatore potrò spiegare i fenomeni studiati.
Nell’ambito pedagogico è possibile distinguere:

·         Descrittività

·         Prescrittività (che si riferisce alla dimensione axiologica, e alle ragioni di scelta)

Si arriva a comprendere che la dimensione valoriale e quella scientifica sono complementari, in particolar modo nella pedagogia sperimentale della quale ci parla Buyse.
Le discussioni sulla questione etica si stanno sempre più allargando in quanto la scienza sperimentale ha preso, come oggetto di manipolazione, l’uomo.
Per Buyse bisogna salvaguardare alcuni aspetti del positivismo, ma abbandonarne altri.
L’oggettività assoluta lascia il posto alla soggettività del ricercatore, mentre la neutralità della scienza lascia il posto alla dimensione valoriale.

 

14/17
Edurete.org Roberto Trinchero