Capitolo III-3 (Stefania De Ieso)

Teoria e prassi : una nuova circolarità .



Il rapporto tra teoria e prassi ha sempre costituito in educazione una problematica controversa . Dalla riflessione di vari autori fu sempre più evidente l’impossibilità di una netta separazione tra l’una e l’altra .
Autori come Damiano fecero notare che in realtà i risultati della ricerca scientifica non raggiungevano le scuole .
Il De Landsheere sottolineava la mancanza di comunicazione tra chi faceva ricerca e chi la metteva in pratica .
Santomauro parlava di “circolarità sinergica” per indicare l’esigenza di una visione integrata , con un continuo scambio tra teoria e prassi .
Per risolvere il problema vi era bisogno di un nuovo orientamento della concezione epistemologica dei rapporti tra l’una e l’altra .
Kohlberg descrive i due errori fondamentali della psychologist’s fallacy e pratictioner’s fallacy . Con la prima espressione indica l’errata concezione di un collegamento diretto , unidirezionale e deduttivo fra teoria psicologica e pratica pedagogica come se gli interessi dei ricercatori e degli insegnanti fossero gli stessi e i risultati della teoria andassero applicati senza mediazione . Kohlberg ritiene che le generalizzazioni cui giunge la ricerca non soddisfino le esigenze della realtà educativa concreta . Sarebbe auspicabile ottenere da parte dei ricercatori maggiore attenzione alle problematiche concrete e da parte degli educatori la capacità di un maggior distacco critico rispetto all’esperienza  vissuta perché l’incapacità di ciò spesso porterebbe ad attribuire validità educativa solo ai metodi che suscitano risultati immediati e tangibili sul piano concreto , negando il valore della ricerca .
 Secondo Casotti teoria e pratica sono due dimensioni della stessa realtà il cui oggetto attiene alla relazione educativa .
Ai giorni nostri interessanti spunti li troviamo nel pensiero di M.Pellery che propone di considerare la pedagogia una scienza pratico-progettuale  “direttamente riferita alla pratica non prescrittiva nel senso d’indicare in maniera precisa quali modalità di azione si devono assumere per poter raggiungere gli obiettivi desiderati” .
Riguardo a questa problematica nel pensiero di Buyse è possibile rilevare contributi significativi , infatti negli anni trenta insistette sulla necessità di rafforzare la collaborazione tra chi faceva ricerca e chi pratica .
Le questioni di ricerca dovevano rappresentare problematiche reali incontrate dagli insegnanti e operatori così da facilitare la collaborazione ; e il linguaggio impiegato doveva essere comprensibile agli uni e agli altri . Neppur oggigiorno la qualità della dinamica soddisfa operatori e studiosi , la molteplicità di persone impegnate nella progettazione e attuazione delle situazioni educative può ostacolare i processi comunicativi , in quanto prevalgono ai vari livelli priorità e linguaggi diversi .
Secondo A.S. Blaster le differenti prospettive tra insegnanti e ricercatori finiscono col produrre una diversità anche sul piano conoscitivo . La conoscenza degli insegnanti è idiografica e particolaristica , vi è la necessità di capire un evento agire su di esso per produrre miglioramenti sul piano della realtà concreta . Quella dei ricercatori è nomotetica nei fini e universalistica ed è giudicata valida quando è conforme ai criteri della scienza sperimentale .
Diventa importante sul piano della formazione dei futuri insegnanti/educatori dare spazio alle attività di sperimentazione sul campo e sul piano di formazione dei ricercatori dare spazio alla possibilità di conoscere da vicino la realtà scolastico-educativa , tutto ciò per porre le premesse di una collaborazione con chi opera in essa.
In questa direzione vanno le riflessioni di Van der Moren , secondo cui chi ha responsabilità progettuali dovrebbe elaborare teorie congruenti con la realtà e collaborare con gli operatori nella definizione dei piani empirici , e chi attua processi educativi dovrebbe aprirsi ai risultati delle indagini e alle elaborazioni teoriche .
Per giungere a ciò molti ricercatori hanno proposto un modello di ricerca partecipante , il quale prevede la collaborazione degli operatori nella fase progettuale e attuativa dell’indagine .
Molti studiosi propongono di superare i limiti dei metodi classici della ricerca e di sostituire il concetto di generalizzazione dei risultati con quello di analogazione . Le conclusioni della ricerca dovrebbero essere mediate e adattate dall’educatore in quanto l’obiettivo di essa non è tanto la comprensione quanto l’acquisizione di una capacità di azione .
In questo contesto si sviluppa la ricerca-azione che da Scurati viene definita il massimo sforzo epistemologico compiuto per integrare teoria e prassi nella ricerca pedagogica .
Questo approccio metodologico e epistemologico si basa sulla convinzione che quanti vivono in prima persona la situazione sono più adatti a definire i loro problemi e a proporre soluzioni .
I partecipanti all’indagine non sono più oggetti ma soggetti della ricerca , nasce una circolarità tra essa e l’azione .
L’esperienza della ricerca-azione può assumere un valore formativo e andrebbe  inserita nei curricoli di formazione degli educatori , poiché dà loro modo di conoscere e valutare in prospettiva critica le indagini condotte .
Negli anni Sessanta gli studiosi si sono dibattuti sulla alternativa fra metodi quantitativi impiegati dagli sperimentatori classici e quelli qualitativi utilizzati da coloro che accettavano la ricerca-azione . Apparve sostenibile l’idea secondo la quale due forme diverse di ricerca non debbano essere opposte l’una all’altra .
Dalla biografia di Buyse emerge la sua attenzione all’integrazione fra l’impegno nella sfera pratica e la rielaborazione scientifica . Si può dedurre che proprio dall’esperienza pratica egli abbia maturato le disposizioni critiche con cui ha affrontato l’attività di ricerca in ambito accademico .
La sua attività accademica si è sempre accompagnata all’impegno nel contesto educativo e scolastico . Egli fece notare come la ricerca sia efficace nella risoluzione delle problematiche incontrate dagli insegnanti .
Nel determinare l’efficacia del processo educativo è fondamentale la formazione degli insegnanti , reputata responsabile della difficoltosa relazione con i teorici dell’educazione e con i ricercatori .
Oggi è auspicata da parte degli insegnanti l’acquisizione di competenze e strumenti con i quali leggere e impiegare i risultati della ricerca .
Oggetto di alcuni progetti è stata proprio questa interazione fra teoria e prassi , in cui gli insegnanti hanno svolto un ruolo attivo come fattori di cambiamento .
A livello teorico l’idea della ricerca-azione ha permeato il dibattito ma sul piano operativo le attuazioni sono esigue .
In conclusione , l’impegno pratico oltre alle opere teoriche del Buyse indicano ancora oggi quanto sia necessario ridurre lo scarto tra riflessione pedagogica e pratica educativa per rendere più efficaci gli interventi formativi . Il non slegarsi dalla realtà concreta porta a risultati tangibili , a generare ipotesi nuove per giungere a innovativi progressi nel tentativo di rendere l’educazione un’azione sempre più efficace e costruttiva , quindi non come qualcosa calato dall’alto e impraticabile nei fatti ma come ciò che nasce dalla realtà educativa stessa e capace di far emergere le vere problematiche  giungendo così a delle soluzioni realmente attuabili e produttive .
 
 

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Edurete.org Roberto Trinchero