Capitolo III-2 (Chiara Calisto)

Temi, problemi e significato della pedagogia sperimentale

Nella pedagogia sperimentale bisogna affrontare due problemi:

·         La specificità dell’oggetto d’indagine. Secondo Damiano e Scurati ogni disciplina ha uno specifico oggetto di studio ed in base a questo si attuerà una classificazione.
Successivamente l’oggetto d’indagine viene sostituito dall’oggetto formale, che consiste in un modo di pensare la realtà.

·         L’attuazione dei protocolli sperimentali (che non sono sempre attuabili). Inizialmente, per la disciplina pedagogica, vennero utilizzati i metodi della psicologia, ma questi non erano adatti in quanto il contesto studiato era differente ed anche l’oggetto d’indagine differiva da quello pedagogico.

Buyse individuò una disciplina che si trova a metà tra la pedagogia e la psicologia e la chiamò psicopedagogia. Facendo questo Buyse stava cercando di individuare procedure adatte allo studio di essa, proprie del suo oggetto d’indagine e del suo oggetto formale.
De Ketele parla della pedagogia come una disciplina che possiede delle complessità. Queste complessità partano dagli obiettivi che la guidano:

1.       Finalità descrittiva (cioè consiste nel conoscere il contesto educativo e i soggetti che ne fanno parte. La descrizione è una delle operazioni concettuali tipiche della ricerca pedagogica)

2.       Finalità prescrittiva (cioè consiste nell’indirizzare i soggetti coinvolti verso scelte più giuste, migliori)

Come abbiamo visto, uno dei problemi della pedagogia sperimentale è quello riguardante i metodi d’indagine. Alcuni studiosi e ricercatori ritengono che la ricerca educativa possieda criteri a livello epistemologico che la portano a valorizzare maggiormente una ricerca di tipo qualitativo (cioè un tipo di ricerca che scava in profondità, per mettere in evidenza pensieri, atteggiamenti e relazioni tra individui).
Buyse propone il termine di “sperimentazione in pedagogia” (al posto di “pedagogia sperimentale”) per evidenziare che vi è una sola disciplina pedagogica e per studiarla bisognerà utilizzare anche metodologie di tipo sperimentale. Queste metodologie però non devono essere usate per studiare la dimensione morale, ma solo in ambito didattico. Infatti, gli strumenti scientifici, possono essere usati, sempre secondo Buyse, solo per la didattica e per migliorare quest’ultima. Nella prospettiva di Buyse è comunque importante non dimenticare la dimensione axiologica (cioè i valori di sfondo che legano tutte le dimensioni della pedagogia che sono quella filosofica, quella pratica e quella sperimentale) che è parte integrante della pedagogia.
Altri autori, come Casotti e Gattulle, sostengono invece che dalle metodologie sperimentali non va esclusa la dimensione morale. Secondo questi autori, anch’essa può essere indagata con le metodologie adatte.

Affrontando il discorso delle metodologie d’indagine adatte alla pedagogia sperimentale, molti autori ritengono che sia i metodi qualitativi, sia i metodi quantitativi sono utili alla ricerca educativa. Questi metodi dovranno essere scelti in base:

·         All’oggetto di ricerca

·         Al contesto di ricerca

·         All’obiettivo di ricerca

Si arriva, infine, a riconoscere che i metodi qualitativi e quello quantitativi sono entrambi utili alla ricerca educativa, e possono essere utilizzati in modo complementare nella ricerca pedagogica.
 Buyse ci ricorda, però, che per studiare la pedagogia è necessario che le metodologie adottate non eliminino la complessità della realtà educativa, andando così a semplificarla rendendo superficiale la ricerca.

Un altro punto molto importante per la ricerca nella pedagogia è non disgiungere la pratica dalla teoria, in quanto sono strettamente collegate, ed impossibili da scindere l’una dall’altra.

15/17
Edurete.org Roberto Trinchero