Capitolo I-2 (Erica Magliano)
2. Contributi e limiti della pedagogia allo studio sperimentale dei processi educativi
Tra il XIX e XX secolo l’Europa tende ad un miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo, raggiungibile grazie alla fiducia nel progresso scientifico e tecnologico presente in quei decenni.
In questo contesto si verificano miglioramenti e sviluppi anche in ambito pedagogico e educativo. Quest’ultimo si pone, come obiettivo primario, la ricerca di una definizione epistemologica, e per quanto riguarda la pedagogia si diffonde l’idea che essa debba avvicinarsi alle scienze positive. Tale pensiero è in parte dovuto all’influenza della psicologia scientifica nei confronti della pedagogia, poiché oltre alle ricerche sulla sensazione, percezione e immaginazione, gli psicologi assumono come oggetto di studio anche i problemi educativi. In altre parole, è proprio in questo processo che ritroviamo le basi per l’inizio della psicologia pedagogica.
In seguito alle critiche di ascientificità mosse nei confronti della pedagogia tradizionale la riflessione teorica incomincia ad essere integrata dall’osservazione dei fatti educativi, capace di conferire maggiore concretezza e scientificità alla disciplina. A tal proposito non possiamo che citare due autori di grande spicco: Hall e Crisman. Il primo, deciso ad apportare miglioramenti alla pratica formativa, si pone l’obbiettivo di sviluppare ricerche sulla psicologia del bambino al fine di formulare la definizione delle leggi dell’educazione. Il secondo darà vita ad un’unica scienza che racchiude i molteplici studi sull’infante: la pedologia.
Il movimento pedologico, volto al superamento delle considerazioni del tempo sulla pedagogia, ha rapido sviluppo in Europa occidentale. La sua veloce crescita coinvolge l’intero continente europeo che vede il diffondersi di riviste finalizzate a divulgare un nuovo modo di studiare la condizione infantile.
La pedologia, tramite l’adozione dei metodi delle scienze naturali, ambisce ad essere la scienza sperimentale del bambino.
Se Hall e Crisman costituiscono personalità importanti per l’avvio della pedologia, la figura di Iotejko ne permette sicuramente lo sviluppo. L’autrice esprime grande attenzione nei confronti del movimento tanto da occuparsi direttamente della promozione della ricerca pedologica e psicologica.
Iotejko afferma che “la pedologia è nata dallo sviluppo della psicologia scientifica in virtù dello studio sperimentale delle manifestazioni psichiche superiori”, e che per questa ragione, “agli psicologi va il merito di avere fondato la pedologia”.
La pedologia elabora una distinzione tra scienza pura, che ha la funzione di accumulare nuove conoscenze, e scienza applicata, che utilizza tali nozioni a fini sociali.
Per questa ragione la pedologia, in quanto scienza pura, necessita di una scienza applicata che possa completarla: la pedotecnica. Quest’ultima assume lo scopo di ricercare strumenti concreti che possano guidare l’evoluzione dell’essere umano.
Al termine della prima guerra mondiale, a causa della scarsità delle risorse materiali e umane, il movimento pedologico subisce una battuta d’arresto.
Ciononostante è possibile affermare che il declino della pedologia non sia stato determinato solamente dal contesto storico ma, come evidenziato da Depaepe, vada anche associato alla sua debolezza concettuale di fondo che si caratterizza per il credere ingenuo secondo cui il progresso scientifico possa risolvere tutti i problemi e per una fede sfrenata nell’oggettività del metodo positivo.
L’assenza di fondamenti metodologici causò la fine dell’ideale pedologico.
Buyse, rispetto a quanto appena evidenziato, intravede il rischio che una simile concezione possa apportare un indebolimento della pedagogia, che verrebbe, a suo avviso, privata della propria specificità.
L’autore distingue tre aree legate alla pedagogia: la morale, l’arte educativa e la pedagogia sperimentale.
Far corrispondere la pedologia con la pedagogia causa la riduzione di quest’ultima. Siccome, infatti, la pedagogia ha a che vedere con un contenuto che non è totalmente separabile dal carattere scientifico, è bene utilizzare la vecchia espressione “pedagogia” per indicare la scienza e l’arte dell’educazione, aggiungendo il termine “sperimentale” per evidenziare la sua componente scientifica.
Nonostante il suo fallimento il movimento pedologico sollecita il sorgere della necessità della ricerca scientifica in ambito educativo, e questa, a sua volta, incide sullo sviluppo della pedagogia nel XX secolo.
Avviandoci verso la conclusione è bene evidenziare come diversi autori sembrino concordare nel sostenere che la pedologia abbia rappresentato un punto di partenza necessario ma insufficiente per lo sviluppo della sperimentazione pedagogica.
In particolar modo Buyse ritiene che alcuni prodotti maturati nell’ambito della pedagogia non rispondano a criteri di rigore e, che per questo motivo, non possano essere considerati parte di una pedagogia sperimentale, ma piuttosto, di una “pedagogia expériencée”.
Similmente Depaepe, sebbene evidenzi l’importante ruolo che ha assunto il movimento pedologico rispetto all’applicazione dei metodi scientifici nel campo educativo, sostiene che la pedologia non sia stata in grado di sollecitare una vera e concreta crescita della sperimentazione in pedagogia.
Aldilà dei meriti e dei limiti ad essa connessi, la prospettiva pedologica, a causa dei suoi caratteri controversi, ha fatto sì che la pedagogia avesse una duplice natura, quella esperienziale e quella sperimentale.