Capitolo II-6 (Cristina Barbero)

6. La concezione della pedagogia sperimentale

Nel 1935 venne pubblicato il capolavoro di Buyse “L’expèrimentation en pèdagogie”. Quest’opera contiene un’analisi delle caratteristiche della pedagogia sperimentale dello studioso. Quest’ultimo, più precisamente, non parla di pedagogia sperimentale, bensì di “ sperimentazione in pedagogia” oppure di “pedagogia tecnica”, per circoscrivere il raggio di applicazione della sperimentazione in pedagogia. In questo scritto, Buyse tratta in una prima parte dei problemi inerenti la natura di questa nuova pedagogia e delle sue caratteristiche facendo riferimento a tre importanti orientamenti per l’elaborazione di tale teoria: la pedagogia tradizionale, la pedagogia nuova e quella sperimentale.   Lo studioso non nega l’importanza della pedagogia generale, ma ne contesta l’accettazione acritica senza una verifica empirica. Buyse fa, inoltre, una sorta di critica al movimento per l’educazione nuova, nel quale viene confusa la scienza sperimentale con una filosofia “scientifica”. Egli rimprovera, poi, alla metodologia usata nelle scuole del suo tempo di limitare la relazione alunno-maestro ad un monologo unidirezionale, privando l’alunno, così, di una partecipazione attiva. Della scuola nuova apprezza, invece, l’interesse per il singolo alunno, l’individualizzazione dell’intervento educativo e l’importanza della socializzazione.                                             Buyse, quindi, afferma l’importanza della pedagogia generale, che grazie al contributo della pedagogia sperimentale e della sua ricerca empirica, può avere più chiare alcune questioni educative lasciate in sospeso. Lo studioso, quindi, afferma la continuità tra pedagogia generale e pedagogia sperimentale.                                                                                             Buyse ribadisce, inoltre, l’importanza dell’educatore e, in particolare, della sua esperienza come tale, in quanto permette di arricchire le strategie da utilizzare, facendo così diventare tecnica ciò che prima era solo esperienza.  Egli, come già accennato, riduce la pedagogia sperimentale al campo della didattica, affermando che la sperimentazione in pedagogia deve risolvere problemi scolastici, cercando di perfezionare i metodi o i procedimenti d’insegnamento. Tale riduzione di campo è oggetto di critica ma il senso di ciò è principalmente dovuto al fatto che il Buyse è impegnato a definire questa nuova disciplina sperimentale in campo educativo  in una società cattolica che gli è ostile in ciò. Per questo motivo, egli riduce tale disciplina al campo pedagogico al fine di guadagnare consensi in questa, la quale fa fatica ad inserirsi all’interno della comunità. Casotti è colui che critica maggiormente questa riduzione di campo,ma tra la sua concezione e quella del Buyse vi è una stretta analogia: entrambi, infatti, hanno assunto una concezione filosofica di stampo neo-tomista, nella quale si sviluppa la loro definizione di pedagogia sperimentale. Grazie a questa dimensione la distinzione tra pedagogia generale, che si occupa delle mete educative, e pedagogia tecnica, che si occupa dell’elaborazione dei mezzi, acquisisce un senso logico. Anche secondo il Casotti, l’educatore non può raggiungere la meta stabilita in un’azione educativa senza l’utilizzo di mezzi adeguati; tali mezzi vengono offerti dagli studi della pedagogia sperimentale.            Secondo Buyse la pedagogia sperimentale, studia i problemi educativi in un’ottica scientifica, utilizzando raccolta dati, analisi degli strumenti, verifica delle ipotesi, deduzioni e conclusioni. Con l’espressione “pedagogia scientifica”, nominata spesso nella sua opera, lo studioso indica l’atteggiamento del ricercatore, mentre con il termine “pedagogia sperimentale” il metodo di ricerca utilizzato nella sperimentazione. La sua pedagogia fa, inoltre, riferimento alla concezione religiosa di L.Barbey, secondo il quale la pedagogia si deve avvalere di una dimensione sia cristiana che sperimentale, in quanto “se la pedagogia fosse esclusivamente religiosa o filosofica essa sarebbe rivolta al cielo ma la mancanza di contatto con la terra rischierebbe di renderla inutile”,e inoltre “se fosse esclusivamente sperimentale essa ripiegherebbe sulla dimensione terrestre ma ignorerebbe il fine a cui aspirare”. Il Buyse condivide con il Barbey la concezione del rapporto fini-mezzi, nonostante la sua teoria si concentri maggiormente sulla dimensione sperimentale piuttosto che su quella filosofica. In generale, Buyse integra nella sua concezione di educazione lo studio scientifico dei processi mentali, ovvero la psicopedagogia, con il controllo sperimentale dei metodi didattici, cioè la didattica, considerati entrambi fondamentali per lo sviluppo dell’educazione.      

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Edurete.org Roberto Trinchero