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[ Prof. Roberto Trinchero ]
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Conduzione dell’intervista

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In tutte le operazioni di rilevazione dati, qualsiasi sia la tecnica usata, il principio basilare è che i soggetti della ricerca hanno tutti i diritti e coloro che conducono la ricerca hanno tutti i doveri. Questo è particolarmente vero nell’intervista e nel colloquio, dato che il rapporto di interazione tra intervistatore e intervistato non consente l’anonimato e l’intervista può toccare argomenti delicati e informazioni personali. Il rispetto per la dignità e la privacy di chi fornisce preziose informazioni a scopo scientifico è quindi il primo dei doveri del ricercatore.

Il secondo dei doveri è quello di mettere a proprio agio l’intervistato e di non creare situazioni in cui egli possa sentirsi in imbarazzo. A tale scopo il linguaggio da utilizzare è quello più comprensibile per l’intervistato. Il significato che l’intervistatore dà ai termini utilizzati nell’intervista deve essere lo stesso che dà a tali termini l’intervistato, anche dove tale significato possa distorto o errato. Proprio per questo l’intervistatore deve avere una preparazione preliminare specifica sui temi della ricerca e sulla specifica cultura e sul modo di esprimersi degli intervistati, oltre che un’ottima preparazione teorico-pratica sui temi delle relazioni interpersonali e sulle dinamiche di gruppo (se l’intervista è di gruppo).

Mettere a proprio agio l’intervistao significa poi che l’intervistatore deve mettere in atto, soprattutto nell’intervista libera e nel colloquio, quella che Rogers chiama accettazione positiva incondizionata, ossia un’accettazione avalutativa dell’intervistato nella sua unica e irripetibile originalità.

L’intervista può essere audioregistrata (o videoregistrata, per avere traccia anche del comportamento non verbale) ma solo con l’esplicito consenso dei partecipanti.

I principali criteri che deve seguire l’intervistatore nella conduzione dell’intervista sono:

Mettere l’intervistato a proprio agioPredisporre un luogo tranquillo, un ambiente cordiale e sereno, senza interferenze esterne. Astenersi da pressioni o coercizioni di qualsiasi genere (es “dobbiamo finire entro le …”). Far durare l’intervista tra i 45-60 minuti. Effettuare un warming up prima dell’intervista in cui ci si presenta e si cerca di stabilire un clima cordiale. Usare un tono confidenziale piuttosto che asettico. Comunicare serenità attraverso un utilizzo accurato degli aspetti paralinguistici (ritmo e velocità del parlare, pause, esitazioni) e corporei (movimenti delle mani e del corpo, sguardo, postura, distanza dell’intervistato, abbigliamento).
Ascoltare l’intervistato con interesse “caldo” e “genuino”Far sentire il proprio calore e la disponibilità affettiva. Prima di intervistare lavorare su sé stessi, allenandosi ad “ascoltare”, per capire quali sono gli ostacoli all’ascolto.
Aiutare l’intervistato a esprimere ciò che sente e pensaSaper tacere il più possibile, supportare il silenzio con elementi comunicativi non verbali positivi, quali l’atteggiamento di ascolto interessato e non giudicante, cenni di assenso del capo e sorrisi. Riprendere termini dal discorso dell’intervistato (“comportamento a eco”), e parlare solo quel tanto che serve ad incoraggiare l’altro ad esprimersi. Consentire che l’intervistato parli della propria esperienza.
Assumere un atteggiamento non valutativoNon assumere atteggiamenti moralistici o legalistici. Accettare la persona in quanto tale nella sua unicità e originalità. Dimostrare rispetto per le idee, i punti di vista, le scelte e i sentimenti dell’intervistato. Non giudicare mai le sue scelte o i suoi comportamenti neanche con reazioni non verbali.
Cercare di immedesimarsi in lui attraverso la tecnica dell’empatiaRaffigurarsi nelle situazioni descritte dall’intervistato e chiedersi se in quelle situazioni ci si sarebbe comportati allo stesso modo. Se tale raffigurazione risulta difficile chiedere altri particolari.
Non assorbire i problemi dell’intervistatoAvere empatia con l’intervistato ma non sconfinare nella simpatia, ossia nella condivisione emotiva delle esperienze e dei problemi dell’intervistato.
Capire che è l’intervistato che fa un favore all’intervistatore e non viceversaCurare la rilevanza delle domande con gli scopi dell’indagine. Progettare la scaletta di domande per una durata compresa tra i 45 e i 60 minuti. Non far attendere inutilmente l’intervistato e non rimproverarlo per un suo eventuale ritardo. Essere sempre cordiali anche nei casi in cui l’intervistato è poco collaborativo o critica la ricerca e i vostri metodi. Nel secondo frangente è utile incoraggiarlo a parlare e ad esplicitare le sue critiche, dalle quali possono derivare preziose informazioni.
Non cercare di affermare sé stesso e i propri punti di vistaNon rivelare i propri punti di vista all’intervistato a meno che questo non sia utile per stabile un clima collaborativo. Non condurre l’intervista pensando al proprio successo personale ma a far emergere i punti di vista dell’intervistato.
Non portare le proprie frustrazioni nell’intervistaCondurre interviste solo se si è in buone condizioni psicofisiche. Accostarsi al ruolo di intervistatore con sincera passione ed entusiasmo conoscitivo e non solo in vista di un guadagno o della redazione di un rapporto di ricerca. Non intervistare quando si ha fretta o non si si può dedicare interamente alla cosa.
Far sapere in anticipo all’intervistato come verranno utilizzate le informazioni da lui forniteSpiegare in modo chiaro ed esauriente i fini dell’intervista e quelli più generali della ricerca. Dire come verranno trattati i dati e come verranno resi disponibili alla fine del lavoro. Se l’archiviazione dei dati verrà effettuata in modo nominativo è necessario il consenso scritto dell’interessato.
Non scindere la comunicazione verbale da quella non verbale. Essere attenti ai messaggi che giungono anche attraverso medium diversi dalla parolaUsare dove è possibile e previo consenso dell’intervistato registratore e videoregistratore. Dove ciò non è possibile annotare il massimo di informazioni, aiutandosi con check list e griglie di osservazione preparate in anticipo, da compilarsi durante l’intervista o immediatamente dopo.
Distinguere le sue sensazioni le sue riflessioni e le sue parole da quelle dell’intervistatoImparare ad ascoltare ed ascoltarsi, cercare di sentire e decodificare i moti intrapsichici che la relazione con l’intervistato gli provoca. Distinguere nelle annotazioni quelli che sono i pareri e gli atteggiamenti dell’intervistato dalle proprie inferenze ed interpretazioni su di esse (es. “il soggetto dice che … ma presumo che intenda dire …”).
Assumere una curiosità non morbosa, non cercare di estorcere informazioni ad ogni costoSoprattutto nell’intervista non direttiva lasciare massima libertà all’intervistato di affrontare o tralasciare alcuni aspetti e di raccontare ciò che vuole nell’ordine che vuole. Intervenire con “domande volano” (es. rilanci di quanto detto dall’intervistato, richieste di precisazioni o approfondimenti, passaggio ad un altro tema o sottotema) per ravvivare la discussione quando questa sembra spegnersi.
Essere congruente, ossia dimostrare accordo tra i suoi sentimenti e le sue parole.Mantenere accordo tra ciò che si dice e ciò che si pensa, tenendo presente che chi è congruente è sicuramente anche sincero, mentre chi è sincero non è detto che sia anche congruente. Se si è in disaccordo con l’intervistato cercare di tacere anziché mentire.
Non lasciarsi influenzare da un atteggiamento ostile o troppo aperto da parte dell’intervistato. Un atteggiamento ostile verso l’intervista o verso la ricerca non va affrontato cercando di dimostrare le proprie ragioni ma facendo parlare liberamente l’intervistato. Allo stesso modo un atteggiamento troppo aperto va affrontato come un possibile oggetto di indagine e non accettato vanitosamente e incondizionatamente.
Chiedersi quali sono le sue aspettative dall’intervista e quelle dell’intervistatoSia l’intervistato che l’intervistatore hanno determinate aspettative sull’intervista. Entrambi possono volersi mettere in mostra. L’intervistatore può intervistare solo per denaro o perché sinceramente interessato a capire qualcosa. L’intervistato può farsi intervistare perché ha qualcosa da dire o tanto per fare un piacere all’intervistatore.
Capire come l’intervistato vive quello che sta dicendoChiedersi “cosa c’è dietro” alle parole dell’intervistato, perché sono state pronunciate in quel momento, e perché sono accompagnate da quei comportamenti paralinguistici e non verbali. Interrogarsi sulle opinioni e sugli atteggiamenti latenti (ossia non visibili) dell’intervistato e sul loro rapporto con le manifestazioni esterne.
Indirizzare il discorso dell’intervistato verso le aree particolarmente interessanti o non ancora approfonditeUtilizzare il meccanismo della ripresa “parziale” di quanto espresso dall’intervistato: si riprende ciò che sembra più interessante o non ancora approfondito, lo si riassume all’intervistato allo scopo di stimolare ulteriore discussione.
Superare le situazioni in cui l’intervistato si blocca o non gradisce parlare di un certo argomento e trarne informazioniInterpretare il silenzio, capire se si tratta di un silenzio ostile o di riflessione. Superare il silenzio con domande volano, con espressioni neutre del tipo “Interessante, mi dice qualcosa di più?”, “Bene!”, “Ah, ecco!” oppure cambiando argomento se l’intervistato è reticente.
Stimolare e cogliere il comportamento non verbale e le dissonanze tra questo e quello verbaleMettere in risalto, attraverso il comportamento verbale e non verbale (es. espressioni di stupore), gli elementi di dissonanza tra espressioni verbali e non verbali dell’intervitato (es. volto triste quando parla di un evento che dovrebbe essere felice), per stimolare la discussione su questi temi.
Far capire costantemente all’intervistato che lo si sta ascoltandoRiprendere il discorso riassumendo ciò che l’intervistato ha detto (intervento “a specchio” o “a riflesso”). Riproporre i sentimenti che gli sono sembrati sottesi alle parole, anche a scopo di chiarificazione (riflesso dei sentimenti), introducendoli con frasi del tipo (“Mi sembra di aver capito che …”, “Spero di aver ben compreso che …”).

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