LA TRADIZIONE ORALE IN AFRICA: IL MONDO DEI GRIOTS
L'arte e la funzione del narrare, in Africa, sono essenzialmente compito del cantastorie (griot o griotte al femminile), ma anche degli anziani, dei capi tribù e delle donne, anch'esse depositarie del patrimonio favolistico.
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I griots
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un tempo costituivano una casta, erano i consiglieri del re e venivano consultati prima di ogni decisione importante.
Anche al giorno d'oggi essi continuano ad avere questo ruolo di detentori del patrimonio storico-letterario, tanto da essere in grado di ricordare e trasmettere nel dettaglio nomi, date ed eventi, riuscendo a risalire fino alle grandi dinastie africane del XIII secolo, a iniziare da Balla Fasseké Kouyaté, il primo griot della storia, consigliere del giovane principe Sundiata Keita, nonché depositario della memoria dell'antico impero mandingo del Mali.
Questi cantastorie spesso viaggiano da un villaggio all'altro ed in molti casi si tratta di anziani che, grazie alla propria esperienza e conoscenza delle tradizioni, godono anche di autorità, diventano maestri di vita ed insegnano attraverso i propri racconti.
Le favole, così come i miti e le leggende, vengono inoltre proposte al gruppo dei giovani raccolti nella foresta durante il periodo dell'iniziazione
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che segna il passaggio dall'infanzia all'età adulta, per trasmettere i valori e le conoscenze della comunità. A volte, in forma sintetica o condensate in un aforisma, sono ricordate nelle sedute dei tribunali indigeni come fonte di norme allo scopo di raggiungere una giusta sentenza.
Ora i griot non hanno più un ruolo politico, ma la funzione essenziale di essere i depositari di un sapere che si tramanda di generazione in generazione e che nella società moderna purtroppo va perdendosi, soppiantato dalla parola scritta e dalla cultura occidentale trasmessa dalle istituzioni scolastiche a volte fortemente "globalizzanti".
L'oralità, che costituisce una ricchezza per l'intrinseca capacità di trasmissione del sapere, ha anche in sé un forte limite: la tradizione orale africana corre infatti il rischio di andare perduta con l'estinzione degli anziani, con lo spopolamento dei villaggi, abbandonati dai giovani che sono i depositari delle antiche tradizioni dei griots. Tale è l'importanza del ruolo dei cantastorie che un insigne filosofo e letterato del Mali, Amadou Hampâté Bâ (1900-1991),
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ha lanciato questo monito:"Ogni griot che muore, per l'Africa, è una biblioteca che brucia".
Sembra comunque che per le nuove generazioni, che spesso si trasferiscono dalle campagne alle città in cerca di lavoro, quella del griot possa diventare una prestigiosa professione.
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LO SCOPO DELLA NARRAZIONE
Nell'Africa bantu
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lo scopo principale cui mira il narratore è di insegnare: la favola è una lezione per immagini, in quanto il ricorrere al racconto di vicende esemplari fa sì che il messaggio si imprima nella memoria, influenzando i comportamenti.
Oltre a ciò le favole africane, così come i miti, le leggende e le fiabe, in una mescolanza di generi che è frequente nella tradizione africana, hanno spesso un carattere eziologico, ossia mirano a spiegare l'origine del mondo, del proprio popolo, la causa della morte, della malattia, di fenomeni naturali.
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LO STILE DELLA NARRAZIONE
Le favole vengono narrate di solito di sera, spesso nelle notti di luna piena, attorno al fuoco che raccoglie grandi e piccoli. [S]
Accade frequentemente di sentire versioni diverse della stessa favola perché il narratore, restando fedele allo schema fondamentale del racconto, aggiunge particolari nuovi adattandoli alle circostanze locali.
A volte le favole iniziano con un aforisma che anticipa la conclusione morale del racconto e viene ripetuto come ritornello da imprimere nella memoria. Vi sono racconti in forma di indovinello la cui soluzione è chiesta agli uditori.
Questi partecipano ai successi ed alle disgrazie dei protagonisti delle vicende narrate con esclamazioni di gioia o di delusione ed il narratore per tener viva l'attenzione ricorre al dialogo invitando i presenti a dare un giudizio sul comportamento dei personaggi o a trovare la morale della favola.
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La forma del racconto ha, nella tradizione orale, un'importanza vitale. La voce ha l'importante funzione di creare una relazione con il pubblico. Aforismi, indovinelli, nenie, filastrocche... anticipano il racconto ed introducono chi ascolta in un clima di sacralità, in un vero e proprio rito propiziatorio.
Le favole narrate sono spesso ricche di onomatopee (gao! fa una coltellata vibrata in testa; fom! i calabroni che si infilano in una zucca...)
Altri elementi aiutano a raggiungere l'impatto comunicativo, come la danza, l'accompagnamento strumentale o il semplice battito di mani, che conferisce un ritmo particolare alla narrazione, creando suggestione e contribuendo a stimolare la creatività e la capacità di improvvisazione dell'artista.
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