LA PROGETTUALITA' EDUCATIVA:modelli progettuali
Una prima forma di classificazione dei modelli progettuali distingue tra due paradigmi di riferimento, quello “epistemologico”[I1] [E1] [F1] [S1] e quello “ontologico” [I1] [E1] [F1] [S1]. Secondo il paradigma “classico” la conoscenza è in grado di rispecchiare la realtà in modo fedele e presuppone l’esistenza di un punto di vista oggettivo che consente di indagare tutti gli aspetti del reale, giungendo a scoprire il significato proprio delle cose. Questo modello prevede un concetto di razionalità [I1] [E1] [F1] [S1] forte in grado di spiegare l’oggetto di indagine in modo inequivocabile. La concezione lineare della causalità [I1] [I2], che connota il paradigma classico, ha dato vita al concetto di PROGRAMMAZIONE [I1], intesa come progettazione dell’azione capace di garantire che mezzi e metodi conducano sicuramente al raggiungimento degli scopi stabiliti. Questo modello deve fare tuttavia i conti con il paradigma della complessità che, invece, riconosce la presenza, nel reale, del disordine e delle complicazioni e ammette l’esistenza di teorie non riconducibili a un unico punto di vista. Da qui ne deriva il concetto di “sistema” e la teoria che ne consegue, la “Teoria Generale dei Sistemi” [I1] [E1] [F1] [S1] che, proponendo un approccio olistico [I1], sottolineano la continua interazione degli elementi del sistema tra loro e l’insostenibilità dei modelli lineari unidirezionali. Occorre comunque avere sempre in mente che il fulcro dell’attenzione consiste nell’attenzione della soddisfazione dei bisogni del soggetto in formazione piuttosto che la riuscita dello schema d’azione. Il paradigma “ontologico” è però quello che si preferisce adottare all’interno dei modelli progettuali, poiché gli schemi di intervento si applicano a una realtà, quella sociale, che deve fare i conti con l’idea di un uomo sottostante al proprio operato. Sempre all’interno di questo paradigma, esistono quattro diversi modi di impostare la progettazione educativa:
1-PROGRAMMAZIONE LINEARE-SEQUENZIALE [I1]: si rifà alla pedagogia empirica, finalizzata all’apprendimento umano, i cui cardini sono sperimentazione e controllo metodologico. Qui conta solo l’immediato e ciò che può essere osservato. E’ frutto del tentativo di orientare in senso curricolare l’organizzazione scolastica e didattica. In questa modalità progettuale rientrano l’istruzione programmata [I1] [I1], le tassonomie e le teorie curricolari.
2-PROGETTAZIONE COMPLESSA E RETICOLARE: si può collocare all’interno delle teorie della complessità, poiché qui si enuncia che la realtà è complessa e che, in quanto tale, non può essere progettata in termini causali. In questa modalità rientrano teorie didattiche quali la “didattica per concetti” e il “lavoro di rete” nell’ambito extrascolastico.
3-POSTPROGRAMMAZIONE [I1]: modalità che approda al superamento definitivo di qualunque schema progettuale. Qui si richiede una vera e propria riorganizzazione concettuale. Essa si rifà alla pedagogia che sostiene la valorizzazione educativa dei sentimenti, tiene conto degli eventi inattesi, ed è anche una modalità progettuale che lascia spazio all’ immaginazione. Si fonda sulla centralità del soggetto e non dell’obiettivo. La complessità viene qui intesa come il senso delle infinite possibilità di esperienza dell’essere umano. La singolarità dei processi di apprendimento, fondata sul principio della pluralità delle intelligenze e della personalizzazione degli stili cognitivi è il contesto da cui si sviluppa la teoria della "post-programmazione". I concetti base della programmazione educativa e didattica,come linearità e prevedibilità, risultano inadeguati a comprendere eventi imprevedibili e sorprendenti.Invece questa nuova teoria vuole essere uno stile e non una tecnica per aiutare il soggetto ad offrirgli uno stato di qualità. Si configura come un invito ad ascoltare le soggettività implicate nel processo educativo per fare in modo che tutti i componenti apprendano. Concetto fondamentale è che se la programmazione è fondata sugli obiettivi e non sui soggetti si negano le differenze e l'unicità degli stessi.Recupero della soggettualità da parte di insegnanti e allievi.Rifiuto di obiettivi sequenzialmente e gerarchicamente preordinati. Avere obiettivi rigidi vuol dire trascurare le occasioni e le possibilità non inserite nella programmazione. Il limite principale è quello di costituirsi in reazione alla rigidità della programmazione curricolare. L'azione didattica deve saper animare l'agire quotidiano e realizzare un coinvolgimento personale per realizzare una conoscenza partecipata. Il sapere si configura come domanda rivolta a sè, agli altri, alle cose e implica l'ascolto dell'altro e il dialogo.
4-PROGETTAZIONE APERTA O COOPERATIVA: modalità progettuale che va incontro alle esigenze dei soggetti a cui si rivolge l’intervento. Si connota per una particolare disponibilità al confronto, al dialogo, al rispetto dei bisogni altrui. Momento fondamentale di tale prassi riguarda l’apertura alla comunicazione [I1] [I2] e all’incontro. Il percorso si costruisce in itinere ed è fortemente personalizzato. L'ambito in cui si definisce questo tipo di progettazione riguarda per es. situazioni di degrado ambientale [I1] [I2] e comportamenti marginali come un precoce abbandono scolastico [I1] [I2] [F1].Le azioni educative rientrano quindi nell'ambito delle iniziative di prevenzione del disagio giovanile nell'area metropolitana. In questa progettazione il perno è sull'intesa che si instaura fra educatore e soggetto in formazione, è essenziale che gli obiettivi di fondo siano negoziati con la persona interessata e da questa condivisi.E' importante fornire un ritorno continuo che dia al soggetto in formazione riscontro delle azioni svolte; questo feedback garantisce la partecipazione del soggetto che si sente maggiormente coinvolto nel percorso. Se così,il progetto è aperto e si adegua alle sollecitazioni dei ragazzi per rispondere in tempi reali ai loro bisogni. Nella "progettazione cooperativa" l'educatore va verso i ragazzi, è una modalità operativa che si inserisce nel contesto. Il rapporto educatore/destinatario dell'intervento non è predefinito e la relazione tra i due soggetti si svolge in un setting che si definisce costantemente e questa continua ridefinizione dà legittimità al rapporto.L'educatore concentra lo sviluppo del progetto nella relazione e si preoccupa di offrire contesti di esperienza, fornire significato alla quotidianità, recuperare la centralità della comunicazione, valorizzare le idee e i progetti dei singoli.
-LE TASSONOMIE [I1] [I2]: a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, si è sviluppato un forte interesse per la questione relativa agli obiettivi dell'istruzione. Difatti si fa strada la consapevolezza della scarsa attenzione prestata, fino a quel momento, all'analisi della situazione, alla scelta degli obiettivi, alla messa a punto dei metodi e dei percorsi di valutazione. Sono gli anni in cui oggetto di ricerca sono le caratteristiche umane dell'apprendimento (Bloom)[I1] [I2], le condizioni per il buon esito del percorso di insegnamento (Gagnè)[I1] [I2], le categorie del comportamento umano (Guilford)[I1], il "mastery learning" [I1] [I2]. Bloom in particolar modo, sottolinea i limiti della metodologia tradizionale e prospetta un'uguaglianza dei risultati a patto di calibrare l'insegnamento sulle differenze individuali. Si tengono in grande considerazione le caratteristiche psicologiche e umane dello studente e la TASSONOMIA degli obiettivi educativi per giungere, all'individualizzazione dell'insegnamento [I1] [I2]. Stabilire gli obiettivi è l'atto centrale del programmare, perchè così si determina lo stile di insegnamento e l'evoluzione degli apprendimenti. Le "tassonomie" hanno come tratti peculiari la gerarchia, la linearità, la programmabilità e la contabilità. Al loro interno gli obiettivi coincidono con unità minime di apprendimento che devono essere chiare, concrete, non ambigue e rilevabili oggettivamente. Tali caratteristiche, tutte di chiara impronta comportamentista [I1] [E1] [F1] [S1], presumono che l'apprendimento umano sia il risultato di un insieme di acquisizioni successive che,sovrapponendosi, formano una struttura complessa. Le tassonomie sono regolate dal vincolo e dalla necessità. Il loro schema sequenziale si adatta a fatica all'itinerario del soggetto in formazione, libero invece di poter esprimere la sua produttività cognitiva. Difatti, tra i limiti delle tassonomie dobbiamo anche citare l'isolamento degli elementi di apprendimento, la semplificazione del complesso, il disinteresse per il singolo allievo e la scarsa corrispondenza tra i percorsi proposti e gli apprendimenti reali. In generale, possiamo riassumere dicendo che i programmi gerarchico-tassonomici hanno un certo valore d'esempio, ma risultano essere poco attinenti alla pratica educativa autentica. Le tassonomie, per avere valore educativo ed essere utili alla "progettualità", non possono essere intese come schemi didattici da riprodurre. Esse fungono da strumenti logici di lavoro e possono quindi offrire un aiuto alla pianificazione educativa, oltre a fornire criteri ben definiti per procedere alla valutazione.
-TEORIA DEL CURRICOLO [I1] [I2] [I3]: la risposta ai limiti delle "tassonomie" viene affidata, dagli anni Settanta in poi, a questo tipo di teoria che introduce una flessibilità maggiore rispetto alle rigide tappe previste dalla precedente programmazione. Con il "curricolo" si passa dalla programmazione alla dimensione progettuale. Si articola un modello circolare di programmazione capace di rispondere più adeguatamente alla complessità e al dinamismo dell'atto formativo; l'elaborazione di un curricolo è un movimento aperto e senza fine, caratterizzato da una particolare attenzione al feed-back. Il punto focale delle teorie curricolari si sposta dalla scrupolosa definizione degli obiettivi all'analisi della situazione. La loro elaborazione tiene conto del fatto che gli alunni differiscono tra loro: ciascun alunno è un "singolo". Nell'elaborazione del curricolo, oltre a insegnante e alunni, bisogna pure considerare l'ambiente in tutti i suoi aspetti, la struttura e il clima scolastico [I1]. L'individualizzazione dell'insegnamento nella prospettiva curricolare si traduce in un'adeguata scelta e organizzazione dei contenuti e, quindi, dei metodi. L'elaborazione di un curricolo si configura, dunque, come un processo continuo e dinamico, che può servire al tempo stesso anche come occasione per il continuo aggiornamento degli insegnanti. Inoltre, la situazione di apprendimento [I1] [E1] [F1] [S1] è libera e sperimentale, e alunni e insegnanti lavorano e imparano insieme.Lo studioso Forquin,nel 1992,definisce la "teoria del curricolo" come una teoria sull'educazione considerata come impegno di trasmissione delle conoscenze e della cultura che vuole prendere in considerazione ciò che avviene all'interno delle classi e delle scuole.
-MODELLO STRUTTURALISTA [I1] [I2] [I3] [E1] [F1] [S1]: rientra nell' ambito della progettazione in ambienti complessi; fino al "curricolo" si è data molta importanza all'insegnamento, trascurando l'apprendimento, forse per il fatto che gli atti di insegnamento sono osservabili e possono essere valutati in base a criteri certi, mentre l'apprendimento può essere solo inferito dall'osservazione del comportamento. In J. Bruner [I1] [E1], appare evidente la preoccupazione di adeguare i processi di acquisizione delle conoscenze (e competenze) e i curricoli scolastici alle richieste, ai modelli e alle strutture della società contemporanea. Egli vede inoltre nella valutazione [I1] [I2] [E1] [F1] [S1], tappa fondamentale della programmazione, un importante strumento per orientare e migliorare il programma e i mezzi di insegnamento, al fine di favorire lo sviluppo dell'alunno. In quest'ottica si colloca il "modello strutturalista", che prevede un'organizzazione delle strutture d'apprendimento che consenta agli alunni di affrontare problemi e formulare congetture, proprio perchè il sapere è un costrutto in continuo mutamento. Un progetto didattico che prevede tale impostazione necessita dell'identificazione delle strutture concettuali fondamentali e la loro traduzione nelle forme del pensiero tipiche dell'età evolutiva in cui si trovano i soggetti dell'intervento. Questo modello ha il vantaggio di superare la visione sommativa-trasmissiva della conoscenza, sottolineandone le caratteristiche di processo attivo contrassegnato da trasformazioni continue. Anche in tale impostazione rimane latente il rischio di una formalizzazione dell'insegnamento, ossia il rischio di stabilire percorsi didattici lontani dal dinamismo dei contesti esistenziali-situazionali e irrigiditi in schemi sperimentati.
-DIDATTICA PER CONCETTI [I1] [I2]: al tentativo di programmazione flessibile proposto dal modello strutturalista, si affianca questo tipo di didattica, che prevede la messa a punto di mappe concettuali dei contenuti dell'insegnamento. Anche quest'approccio include uno stadio di programmazione generale in cui si definiscono i concetti chiave di ogni ambito di studio, e sempre qui assume particolare rilevanza il ruolo del docente nella progettazione didattica. La conoscenza consiste nella costruzione e nell'organizzazione di concetti [I1] [E1] [F1] e che la concettualizzazione consente di vivere e affermarsi nell'ambiente. L'elaborazione che ne deriva permette di ottenere che il soggetto apprenda, partendo proprio dalle conoscenze spontanee già possedute. E' importante che l'attività didattica sia congruente con le informazioni già padroneggiate dal soggetto. Tra i limiti di questa modalità bisogna però dire che l'apertura alle potenzialità apprenditive non sempre trova spazio adeguato perchè la forma della mappa viene ovviamente determinata in anticipo.
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