Meccanica: forze ed equilibrio, lavoro ed energia di Lucia Abbo (abbo@to.astro.it), Elisabetta Contratto (elisabettacontratto@yahoo.it), Paola Fiumarella (paf1973@icqmail.com), Fulvio Poglio (f.poglio@warnews.it)

Un po' di Storia: la nascita della Fisica Moderna

Galileo giocò un ruolo di grande importanza nell'aiutare la scienza ancora giovane a porre le sue basi su un fondamento sperimentale e osservativo liberandola allo stesso tempo da oziose speculazioni filosofiche.
Ben pochi progressi erano stati fatti nello studio del moto dai tempi di Aristotele che aveva introdotto un'idea apparentemente molto ragionevole, secondo la quale i corpi si muovono solamente perché sono spinti o tirati da qualche tipo di forza.

Questa affermazione era generalmente accettata, poiché si sapeva, per esperienza diretta, che gli oggetti sul terreno si muovono solamente se sono spinti o tirati ed è necessario uno sforzo fisico per mantenere un oggetto in movimento.

Il concetto aristotelico comportava, però, serie difficoltà nello studio del moto dei pianeti, che sembravano muoversi senza essere tirati o spinti.

La meccanica si trascinò incerta senza compiere altri progressi fino al momento in cui Galileo
cominciò a sottoporla a verifiche sperimentali ed a formulare una teoria matematica del movimento.

Dopo Keplero, Galileo fu il secondo grande scienziato che si rese conto dell'importanza della matematica nello sviluppo dei principi [IT] e delle leggi della natura; si assunse personalmente il compito di applicare la matematica alle indagini sui fenomeni fisici, giungendo alla conclusione che qualunque fenomeno coinvolgente quantità misurabili poteva essere formulato matematicamente e, anzi, andò oltre questa idea sostenendo che la formulazione matematica di un problema permetteva di dedurre risultati non osservabili direttamente nei fenomeni stessi.

Questa concezione è alla base della maggior parte delle scoperte scientifiche.

Per studiare il moto dei corpi in caduta libera, Galileo si rese conto di dover considerare la resistenza dell'aria, che ostacola la caduta. Non avendo a disposizione il vuoto in cui effettuare i suoi esperimenti, decise di lavorare con alcune piccole sfere di metallo di differenti masse; poiché la resistenza dell'aria al moto di un corpo dipende dall'area della superficie del corpo esposta al flusso di aria, una sfera subisce una resistenza minore rispetto ad un corpo di qualunque altra forma avente la stessa massa.

Stabilito ciò, Galileo dovette escogitare un metodo per seguire in dettaglio il moto di un corpo in caduta libera, cosa che è impossibile fare se la caduta avviene lungo la verticale, poiché in questo caso il fenomeno si svolge troppo rapidamente. Trovò il modo di superare questa difficoltà facendo rotolare le sue sfere lungo piani inclinati molto ben levigati.

Egli si propose di scoprire in che modo l'attrazione della gravità potesse modificare il moto di un corpo e se il movimento di tutti i corpi ne fosse influenzato nello stesso modo.

Lasciando cadere pietre di differenti pesi dalla stessa altezza, gli era sembrato che avessero tutte toccato il terreno nello stesso istante, ma non ritenne sufficientemente decisiva questa osservazione così poco accurata. Ideò allora il famoso esperimento del piano inclinato per effettuare misure più precise.

Una sfera che rotola lungo un piano inclinato è soggetta solamente ad una parte dell'attrazione di gravità, cioè a quella diretta parallelamente al piano inclinato. Aumentando l'inclinazione del piano, la forza di gravità lungo esso passa da un valore nullo (quando il piano è orizzontale) fino a raggiungere il massimo quando il piano è verticale.

Così, diminuendo l'angolo dell'inclinazione, Galileo poté far rotolare le sfere lungo il piano tanto lentamente quanto voleva, in modo da poter effettuare le misure desiderate e determinare con cura il tempo di caduta.
Egli compì una serie di importanti osservazioni che divennero la base della meccanica newtoniana (Newton [IT]; [ENG]; [ES]; [FR] enunciò le tre leggi della meccanica, con cui si aprono i "Principia"), formulata nelle tre leggi del moto, la prima delle quali, la legge di inerzia, fu una diretta conseguenza degli studi galileani sul moto.

Osservò che, mentre una sfera rotola lungo un piano inclinato, la sua velocità aumenta della stessa quantità in uguali intervalli di tempo, ma una volta che lascia il piano inclinato e si muove su una superficie levigata orizzontale, la sua velocità rimane costante.

Poté così smentire sperimentalmente la concezione aristotelica in base alla quale una forza deve
agire su un corpo per mantenerlo in movimento a una velocità costante. Inoltre poté associare l'accelerazione, legata alla variazione di velocità, con l'azione di una forza.

Da queste osservazioni delle sfere che rotolano ricavò un certo numero di deduzioni matematiche. Dapprima mostrò che la velocità di una sfera che rotola aumenta costantemente con il passare del tempo e che l'entità di questo aumento della velocità è lo stesso per tutte le sfere, indipendentemente dalle differenze di peso o di dimensione; vale a dire che tutte le sfere, partendo dalla vetta dello stesso piano inclinato, posseggono uguale velocità una volta giunte alla sua base.

Verificò anche, matematicamente, che la distanza che una sfera percorre rotolando lungo il piano è proporzionale al quadrato del tempo di rotolamento e che il quadrato della sua velocità in ogni punto del piano inclinato è proporzionale alla distanza lungo il piano di quel punto dalla vetta.

Da queste semplici relazioni matematiche concluse che se un corpo (indipendentemente dal peso) cadesse liberamente nel vuoto la sua velocità aumenterebbe di circa 10 metri al secondo in ogni secondo e constatò, inoltre, che il motivo per cui le sfere sulla superficie orizzontale alla fine si fermano è che questa superficie non è perfettamente liscia; con l'aumentare della sua levigatezza la sfera riesce a rotolare per un tratto sempre più lungo.

Concluse, dunque, che se la superficie fosse perfettamente liscia la sfera proseguirebbe all'infinito (idea che esprime il concetto di inerzia).

Fece anche un'altra importante osservazione: la velocità di una sfera al termine di tutti i piani inclinati è la stessa, indipendentemente dalla lunghezza dei piani, a patto che i vertici dei piani si trovino tutti alla stessa altezza rispetto al terreno. In altre parole, solamente l'altezza del piano da terra determina la velocità della sfera alla fine del piano.

Queste osservazioni e deduzioni, pur nella loro semplicità costituirono l'inizio della scienza della
Meccanica [FR].

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