Un po' di Storia: la nascita della Fisica Moderna
Galileo giocò un ruolo di grande importanza nell'aiutare la
scienza ancora giovane a porre le sue basi su un fondamento
sperimentale e osservativo liberandola allo stesso tempo da oziose
speculazioni filosofiche.
Ben pochi progressi erano stati fatti nello studio del moto dai tempi
di Aristotele che aveva introdotto un'idea apparentemente molto
ragionevole, secondo la quale i corpi si muovono solamente
perché sono spinti o tirati da qualche tipo di forza.
Questa affermazione era generalmente accettata, poiché si
sapeva, per esperienza diretta, che gli oggetti sul terreno si muovono
solamente se sono spinti o tirati ed è necessario uno sforzo
fisico per mantenere un oggetto in movimento.
Il concetto aristotelico comportava, però, serie
difficoltà nello studio del moto dei pianeti, che sembravano
muoversi senza essere tirati o spinti.
La meccanica si
trascinò incerta senza compiere altri progressi fino al
momento in cui Galileo
cominciò a sottoporla a verifiche sperimentali ed a
formulare una teoria matematica del movimento.
Dopo Keplero, Galileo fu il secondo grande scienziato che si rese conto
dell'importanza della matematica nello sviluppo dei principi [IT]
e delle leggi della natura; si assunse personalmente il compito di
applicare la matematica alle indagini sui fenomeni fisici, giungendo
alla conclusione che qualunque fenomeno coinvolgente
quantità
misurabili poteva essere formulato matematicamente e, anzi,
andò
oltre questa idea sostenendo che la formulazione matematica di un
problema permetteva di dedurre risultati non osservabili direttamente
nei fenomeni stessi.
Questa concezione è alla base della maggior parte delle
scoperte scientifiche.
Per studiare il moto dei corpi in caduta libera, Galileo si rese conto
di dover considerare la resistenza dell'aria, che ostacola la caduta.
Non avendo a disposizione il vuoto in cui effettuare i suoi
esperimenti, decise di lavorare con alcune piccole sfere di metallo di
differenti masse; poiché la resistenza dell'aria al moto di
un
corpo dipende dall'area della superficie del corpo esposta al flusso di
aria, una sfera subisce una resistenza minore rispetto ad un corpo di
qualunque altra forma avente la stessa massa.
Stabilito ciò, Galileo dovette escogitare un metodo per
seguire
in dettaglio il moto di un corpo in caduta libera, cosa che
è
impossibile fare se la caduta avviene lungo la verticale,
poiché
in questo caso il fenomeno si svolge troppo rapidamente.
Trovò
il modo di superare questa difficoltà facendo rotolare le
sue
sfere lungo piani inclinati molto ben levigati.
Egli si propose di scoprire in che modo l'attrazione della
gravità potesse modificare il moto di un corpo e se il
movimento
di tutti i corpi ne fosse influenzato nello stesso modo.
Lasciando cadere pietre di differenti pesi dalla stessa altezza, gli
era sembrato che avessero tutte toccato il terreno nello stesso
istante, ma non ritenne sufficientemente decisiva questa osservazione
così poco accurata. Ideò allora il famoso
esperimento del
piano inclinato per effettuare misure più precise.
Una sfera che rotola lungo un piano inclinato è soggetta
solamente ad una parte dell'attrazione di gravità,
cioè a
quella diretta parallelamente al piano inclinato. Aumentando
l'inclinazione del piano, la forza di gravità lungo esso
passa
da un valore nullo (quando il piano è orizzontale) fino a
raggiungere il massimo quando il piano è verticale.
Così, diminuendo l'angolo dell'inclinazione, Galileo
poté
far rotolare le sfere lungo il piano tanto lentamente quanto voleva, in
modo da poter effettuare le misure desiderate e determinare con cura il
tempo di caduta.
Egli compì una serie di importanti osservazioni che
divennero la base della meccanica newtoniana (Newton [IT]; [ENG]; [ES];
[FR]
enunciò le tre leggi della meccanica, con cui si
aprono i "Principia"),
formulata nelle tre leggi del moto, la prima delle quali, la legge di
inerzia, fu una diretta conseguenza degli studi galileani sul moto.
Osservò che, mentre una sfera rotola lungo un piano
inclinato,
la sua velocità aumenta della stessa quantità in
uguali
intervalli di tempo, ma una volta che lascia il piano inclinato e si
muove su una superficie levigata orizzontale, la sua
velocità
rimane costante.
Poté così smentire sperimentalmente la concezione
aristotelica in base alla quale una forza deve
agire su un corpo per mantenerlo in movimento a una velocità
costante. Inoltre poté associare l'accelerazione, legata
alla
variazione di velocità, con l'azione di una forza.
Da queste osservazioni delle sfere che rotolano ricavò un
certo
numero di deduzioni matematiche. Dapprima mostrò che la
velocità di una sfera che rotola aumenta costantemente con
il
passare del tempo e che l'entità di questo aumento della
velocità è lo stesso per tutte le sfere,
indipendentemente dalle differenze di peso o di dimensione; vale a dire
che tutte le sfere, partendo dalla vetta dello stesso piano inclinato,
posseggono uguale velocità una volta giunte alla sua base.
Verificò anche, matematicamente, che la distanza che una
sfera
percorre rotolando lungo il piano è proporzionale al
quadrato
del tempo di rotolamento e che il quadrato della sua
velocità in
ogni punto del piano inclinato è proporzionale alla distanza
lungo il piano di quel punto dalla vetta.
Da queste semplici relazioni matematiche concluse che se un corpo
(indipendentemente dal peso) cadesse liberamente nel vuoto la sua
velocità aumenterebbe di circa 10 metri al secondo in ogni
secondo e constatò, inoltre, che il motivo per cui le sfere
sulla superficie orizzontale alla fine si fermano è che
questa
superficie non è perfettamente liscia; con l'aumentare della
sua
levigatezza la sfera riesce a rotolare per un tratto sempre
più
lungo.
Concluse, dunque, che se la superficie fosse perfettamente liscia la
sfera proseguirebbe all'infinito (idea che esprime il concetto di
inerzia).
Fece anche un'altra importante osservazione: la velocità di
una
sfera al termine di tutti i piani inclinati è la stessa,
indipendentemente dalla lunghezza dei piani, a patto che i vertici dei
piani si trovino tutti alla stessa altezza rispetto al terreno. In
altre parole, solamente l'altezza del piano da terra determina la
velocità della sfera alla fine del piano.
Queste osservazioni e deduzioni, pur nella loro semplicità
costituirono l'inizio della scienza della
Meccanica [FR].
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