Jacques Brel
Quando si parla degli artisti che maggiormente hanno influenzato Fabrizio De Andrè [I1][E1][E2][E3] in particolare tra quelli di lingua francese, il nome che più spesso si sente, accanto all'indiscusso maestro Georges Brassens [I1] [I2] [I3] [E1] [F1] [ES1] [ES2], è quello del cantautore [I1] [I2] [E1] [F1] [F2] [ES1] belga Jacques Brel [I1] [I2] [E1] [F1]. Ad accomunare i due artisti c'è, senza alcun dubbio, l'attenzione per i testi, la cura per la canzone intesa come arte nobile, di pari dignità della poesia e della letteratura in genere, accanto alle quali deve collocarsi, senza con esse confondersi. Eppure, a me sembra che gli aspetti in comune tra questi due grandi cantautori si fermino sostanzialmente qui, in quanto la canzone, per Brel, è legata molto anche alla rappresentazione scenica, alla teatralizzazione. Per comprendere ciò che intendo dire è però indispensabile guardare qualche video di Brel a teatro. Un esempio significativo è Les vieux [F & E] [F & ES] [F] [I1], nella quale possiamo osservare quanto Brel partecipi al brano che sta interpretando, attraverso la gestualità e il movimento delle mani, le quali rendono perfettamente l'immagine del pendolo che segna lo scorrere delle ore; e le espressioni del volto, che invece lasciano trasparire tutto il dolore, la dolcezza, la solitudine che accompagna l'esistenza degli anziani protagonisti. Così avviene anche in Le valse à mille temps [F & E] [F & I], dove il movimento del corpo segue il ritmo della musica, creando (anche grazie al roteare della telecamera) la sensazione di un vortice sempre più veloce. Ne me quitte pas [F & E] [F & ES] [F & I] affida tutta la disperazione che traspira dal testo all'intensità interpretativa di Brel e alle espressioni del suo volto, su cui appaiono le sfumature più nascoste del dolore causato dalla paura di essere abbandonato dalla propria donna. Più classica (semplicemente voce e chitarra) Quand on n’a que l’amour [F & E] [F & I], sempre però con la stessa, grande, espressività da parte dell'artista. In Amsterdam [F & E] [F & ES] [F] [I] la feroce ironia del testo è sottolineata, ancora una volta, dall'intensità interpretativa del cantautore, che fa risaltare il movimento di braccia e mani, e dalle espressioni facciali. In Brel, insomma, c'è anche l'arte di recitare, di diventare totalmente interprete delle proprie canzoni, coinvolgendo il corpo. Per capire davvero l'arte di questo chansonnier [I1] [I2] [E1] [F1] [ES1] è dunque indispensabile "vederlo cantare" più che "ascoltarlo", per quanto anche il solo ascolto renda abbastanza bene la sua originalità. A Brel dovrà molto tutta una serie di cantautori italiani, tra cui possiamo ricordare Gipo Farassino [I1][I2] e Gino Paoli [I1], senza dimenticare l'attore Duilio Del Prete [I1], che ha tradotto in lingua italiana l'intero suo canzoniere [I2]. Su tutti, però, l'artista che ha un maggior debito con il grande belga è Giorgio Gaber [I1] [I2] [I3] [I4] : il teatro canzone, infatti, da lui inventato negli anni Settanta con Sandro Luporini, non è, in parte, che l'evoluzione di quel tipo di spettacolo che Brel proponeva nella Parigi di qualche decennio prima, mettendo in scena, attraverso le sue canzoni, le ipocrisie della società-bene, così come i dilemmi dell'amore, con ironia, rabbia, passione. A differenza di Brel, Gaber concepiva lo spettacolo come un alternarsi di monologhi recitati e brani cantati, da cui il termine teatro canzone con cui vengono definiti i recital dell'artista milanese. Così come i concept album [I1] [E1] erano un insieme di canzoni unite da un argomento che veniva sviluppato nel disco, il teatro canzone era caratterizzato da una tematica particolare che faceva da filo conduttore per l'intero spettacolo. E De Andrè [I1][E1][E2][E3] in tutto questo discorso, cosa c'entra? Mi pare, innanzitutto, che siano evidenti le differenze tra lui e Brel: nel modo di cantare, per esempio, De Andrè è molto più simile a Brassens [I1] [I2] [I3] [E1] [F1] [ES1] [ES2]: seduto, con la chitarra, o comunque con un accompagnamento musicale ridotto all'essenziale, canta, ma più distaccato, meno partecipe insomma di quanto faccia Brel. Un dato importante, paradossalmente, li rende simili: oltre alla cura per i testi c'è in ambedue una grande attenzione alla musica. Se in un primo tempo, infatti, De Andrè si affidava prevalentemente alla chitarra, con gli anni gli arrangiamenti dei suoi dischi diventano sempre più sofisticati, grazie anche al contributo di grandi compositori. In Brassens [I1] [I2] [I3] [E1] [F1] [ES1] [ES2], al contrario, il modo di fare canzoni rimane pressochè inalterato, sempre con quella triade perfetta di voce-chitarra-contrabbasso che in artisti come Brel e lo stesso De Andrè si complica con l'utilizzo di strumenti come il pianoforte o il violino. Per quanto riguarda le tematiche affrontate, sia in De Andrè che in Brel e in Brassens [I1] [I2] [I3] [E1] [F1] [ES1] [ES2] c'è una sottile ironia nei riguardi della società e una attenzione particolare verso gli emarginati, più in generale coloro che si trovano in una situazione di precarietà, di disagio e sofferenza. Significative in tal senso le canzoni Les bourgeios [F] [F & E] [F & I] o Les bigotes [F & E] [F] o ancora Jef [F & E] [F & ES] [F1] [I], dedicata al tema dell'amicizia. Tra le canzoni di Brel che mi piace ricordare c'è anche Fernand [F & E] [F], in cui si affronta la tematica della morte (cara a De Andrè e a Brassens[I1] [I2] [I3] [E1] [F1] [ES1] [ES2], ma anche a Leonard Cohen [I1][I2][I3] [I4] [E & I][E1][E2][E3]) e la La chanson des vieux amants [F] [F & EN & I], reinterpretata in anni recenti da Franco Battiato [I1] [I2]. Da sottolineare, infine, che tutti e tre gli artisti hanno in Francois Villon [E1][E2] [F1][F2][F3]
un maestro comune nell'arte di irridere alla falsa morale e ai costumi sociali.
3/10
|