Le canzoni di Fabrizio De Andrè di Stefano Galazzo

Non al denaro, non all'amore nè al cielo

Edgar Lee Masters [E1][E2] [I1][I2], poeta americano tra i più conosciuti e apprezzati del Novecento, divenne famoso soprattutto per un libro, l'Antologia di Spoon River [E1][I1][I2]. In Italia, la raccolta fu diffusa grazie a due scrittori e cultori della letteratura anglo-americana: Cesare Pavese [I1] [I2] [I3] [I4] [I5] [E1] [E2] e Fernanda Pivano [I1] [I2], che ebbero il merito, durante l'epoca fascista [E1] di "sprovincializzare" la letteratura italiana, vittima delle restrizioni imposte dal regime. Grazie a loro, e a scrittori come Beppe Fenoglio [E1] (che molto fu influenzato dalla letteratura di lingua inglese, soprattutto americana [E1] ),e Elio Vittorini [E1], l'Italia conobbe Walt Whitman [I1] [I2] [E1], Ernest Hemingway [E1], Francis Scott Fitzgerald [E1], Sherwood Anderson [E1], William Faulkner [E1], John Steinbeck [E1],e altri ancora. Fernanda Pivano, inoltre, avrebbe contribuito a diffondere nel nostro Paese le opere di molti scrittori e poeti della cosiddetta Beat Generation [E1] [E2] in particolare, Allen Ginsberg [E1] e Jack Kerouac [E1]), nonché le canzoni dello stesso Bob Dylan [E & I] [I1] [I2] [I3] [E1] [E2], che per prima tradusse in italiano, considerandole vere e proprie poesie. Di Cesare Pavese resta fondamentale una traduzione del Moby Dick di Herman Melville [E1].

Per il fascismo, le opere degli scrittori americani erano la manifestazione di una società barbara, priva di valori, incapace di conseguenza di produrre opere significative, che rivelassero una qualche forma di cultura e di grandezza. Donatella Izzo, in un suo illuminante saggio intitolato La Spoon River di Fabrizio De Andrè [I1], mette bene in evidenza le ragioni per cui l'Antologia di Spoon River rappresentò una novità assoluta nel panorama culturale italiano degli anni Quaranta grazie alla sua capacità di raccontare la provincia americana così come essa era, con una lingua viva, vicina a quella realmente parlata dalla gente. Il libro di Masters non impone significati morali attraverso le storie raccontate (come avveniva in buona parte della letteratura dell'epoca nel nostro Paese), ma semplicemente narra la realtà senza sovrapposizioni di carattere ideologico. La letteratura americana, di cui l'Antologia di Spoon River era un significativo esempio, appariva dunque, agli intellettuali e agli scrittori dell'epoca, più genuina e vera, adatta a raccontare il mondo con oggettività e verità. In tal senso, fu fondamentale per la nascita e lo sviluppo di quel movimento culturale denominato Neorealismo [I1] [E1] in cui l'Italia si distinse, soprattutto in campo cinematografico [I1].

Ma l'Antologia di Spoon River non è stato soltanto un esempio di letteratura altra, più moderna e vitale, rispetto alla nostra, che cercava nuova linfa e una maggiore libertà espressiva. Il successo di questo libro può essere cercato in tante ragioni diverse. In primo luogo, esso è l'erede di una tradizione che risale addirittura all'antichità classica degli epigrammi dell'Antologia palatina, passa attraverso il Medioevo di Francois Villon e giunge al Novecento. La morte è raccontata con toni a volte ironici, altre tragici e amari. Essa è intesa come il momento della verità, l'istante supremo in cui un uomo rivela pienamente se stesso, senza paure o vergogne. La sincerità con cui i protagonisti dell'opera di Edgar Lee Masters parlano di sè è resa possibile proprio da quel muro sottile che li separa dai vivi, così come, prima di loro, era accaduto per i pendus villoniani, che domandavano pietà con la coscienza dei peccati commessi e la speranza di ricevere, tramite le preghiere di intercessione dei vivi, il perdono divino. I morti che dormono nella collina di Spoon River non hanno colpe da espiare in senso cristiano; ricordano semplicemente la propria esistenza terrena senza nascondere i vizi, le paure, gli errori, i lati più oscuri e difficilmente confessabili che l'hanno caratterizzata. Le loro sono tante piccole storie, tanti piccoli romanzi racchiusi nei versi essenziali e asciutti di liriche che spesso sembrano prosa, più che poesia.

Fabrizio De Andrè scrisse il concept album "Non al denaro, non all'amore nè al cielo" nel 1971, a testimonianza del fatto che la raccolta di Edgar Lee Masters godeva ancora di un certo interesse nel panorama culturale italiano, dopo qualche decennio dalla sua traduzione da parte di Fernanda Pivano. Naturalmente, diverso era il quadro storico nel quale il cantautore genovese, con l'aiuto di Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani [I&E] compose il suo disco. Sempre Donatella Izzo [I1], nel suo saggio, evidenzia alcuni aspetti dell'opera di De Andrè che da un lato mostrano la grande attualità del libro di Masters, e dall'altro testimoniano la capacità del cantautore genovese di leggere, attraverso un testo appartenente ad un'altra cultura, il proprio tempo e i segni dei cambiamenti che stavano avvenendo nel suo Paese. Il primo aspetto da evidenziare è la scelta di De Andrè di scrivere un album con un filo conduttore, una tematica, insomma, che accomuni le canzoni costruendo un concept album, come già era stato da lui sperimentato nei precedenti dischi. Le tematiche sono quelle dell'invidia, nella prima parte, e della scienza, nella seconda.

   10/10   

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Edurete.org Roberto Trinchero