Natura, Scienza e Religio nel De Rerum Natura di Lucrezio di Irene Anna Rubino (braciu@yahoo.it), Francesca Gnan (fran.gnan@tiscali.it), Maria Sciancalepore (mariamiriam@katamail.com), Monica Sotira (monica.soti@yahoo.it)

LUCREZIO - Biografia

Le notizie biografiche in nostro possesso su Lucrezio sono molto scarse: la fonte principale [Lat1] di informazione è rappresentata da San Girolamo [Lat2], scrittore e filologo cristiano vissuto tra il IV e il V secolo. Nella traduzione di un’opera dello storico Eusebio [Ita1], Girolamo aggiunse notizie su scrittori latini, tratte da Svetonio [Fr1]:  proprio in uno di questi ampliamenti dedicati al mondo culturale latino annotò “Nasce il poeta Lucrezio, che in seguito impazzì a causa i un filtro d’amore; negli intervalli che gli lasciava la follia scrisse alcuni libri, dei quali in seguito fu revisore Cicerone. Lucrezio si uccise nel quarantaquattresimo anno di età”. Il testo di Girolamo colloca la notizia della nascita del poeta nel 96 a. C. o, secondo alcuni manoscritti, nel 94 a. C.; combinando questa notizia con un’altra fornita dal grammatico Elio Donato [Lat3], che colloca la morte di Lucrezio nell’anno in cui Virgilio [En1] prese la toga virile, si giunge a stabilire le data di nascita di Lucrezio nel 98 a.C. e la sua morte nel 55 a.C.

A parte le informazioni sulla cronologia, le altre notizie che ricaviamo da Girolamo sono due: la follia del poeta e l’interesse di Cicerone per il testo lucreziano. Incominciando da quest’ultima informazione,si può dire che sappiamo per certo che Cicerone conobbe l’opera di Lucrezio: in una lettera scritta al fratello Quinto nel febbraio dell’anno 54, Cicerone [En2] afferma che l’opera di Lucrezio è frutto di grande talento ma anche di arte consumata.  La notizia di Girolamo ha un fondamento accettabile nella conoscenza che senza dubbio Cicerone ebbe dell’opera lucreziana. Per quanto riguarda l’informazione che Cicerone abbia emendato il testo del De rerum natura, essa risulta rafforzata dalla recente scoperta nella biblioteca di Filodemo ad Ercolano di un esemplare dell’opera: poiché sappiamo che Cicerone conosceva bene la famiglia dei proprietari della villa ercolanese dove si trovava la biblioteca epicurea, ne segue che l’ambiente ciceroniano in genere aveva dimestichezza con il testo di Lucrezio. Morto Lucrezio Cicerone, che conosceva e apprezzava l’opera del poeta filosofo epicureo, pur non condividendo per nulla la sua dottrina, ne prepara un’edizione, nel senso antico, cioè rivede il manoscritto e ne organizza la diffusione: essa dovette essere immediata, perché la conoscenza di Lucrezio è ben attestata fin dai poeti contemporanei.

Non sappiamo dove si debba collocare il luogo di nascita di Lucrezio; è verosimile che conoscesse gli epicurei della Campania, ma da questo non si può inferire che egli sia nato in questa regione. Oltre ai filologi che collocano a Napoli o in Campania [De1] la nascita del poeta, altri lo pensano romano, altri dell’Italia del nord, ma nessuna di queste tesi si fonda su dati sicuri. Una tesi fortunata, già alla fine dell’Ottocento, si fondava sulle espressioni molto ossequiose rivolte al destinatario del poema. Questo personaggio, Gaio Memmio, è probabilmente lo stesso politico che fu patronus di Cinna e Catullo [En3]. Questa identificazione è probabile: dedicando il poema ad un noto amico di poeti, Lucrezio forse pensava di poter ottenere una risonanza maggiore per la sua opera. Proprio basandosi sulle espressioni rivolte a Memmio, alcuni studiosi hanno dedotto che Lucrezio fosse in condizione socialmente inferiore e che volesse ingraziarsi il potente protettore; si tratta anche in questo caso di deduzioni non fondate. La notizia sulla follia del poeta è invece con gran probabilità una notizia falsa, nata verosimilmente dalla propaganda cristiana del IV secolo  che certo non poteva amare questo poeta che predicava una dottrina così lontana da quella cristiana. Probabilmente, come spesso capitava nelle falsificazioni antiche, si trasse la notizia combinando i dati interni all’opera: poiché Lucrezio sostiene che l’amore può portare alla follia, e poiché descrive in modo molto preciso forme varie di sofferenza mentale, si è attribuito al poeta stesso ciò che il poeta soltanto descriveva, malattia mentale e suicidio. Tale procedimento, non raro nel mondo antico, consistente nel trarre informazioni dall’opera dell’autore, viene definito autoschediastico.

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Edurete.org Roberto Trinchero